Forse "cartelloni" anziché "manifesti" sarebbe stata una traduzione più accurata; non solo da un punto di vista meramente letterale, ma anche perché manifesto ha una ben chiara connotazione.
TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI, di Martin McDonagh
Dopo aver finito il film sono andato alla disperata ricerca di un romanzo su cui si fosse basato McDonagh per questo lavoro. E niente, non l'ho trovato: una sceneggiatura originale. Merce rara di questi tempi, soprattutto considerando il tipo di storia.
Una cazzutissima e arrabbiatissima madre, pronta a caricare a testa bassa chiunque (interpretata dalla McDormand), a un anno dalla violenta e irrisolta morte della figlia, si accorge quasi per caso che fuori dalla città in cui vive, Ebbing, ci sono tre cartelloni pubblicitari in disuso. Decide di affittarli, e ci fa affiggere sopra tre frasi chiarissime: "Stuprata mentre stava morendo", "E ancora nessun arresto", "Come mai, sceriffo?". Il bersaglio dell'accusa, interpretato da Woody Harrelson, è un membro amatissimo e irreprensibile della comunità, che tra l'altro ha scoperto recentemente di avere un tumore terminale: in sua difesa si ergerà l'intera cittadina, e in particolare un giovane, violento e ignorante poliziotto, interpretato da Rockwell, che vede nello sceriffo un mentore, quasi un padre.
La pellicola parte come una classica storiella hollywoodiana, quella con temi tanto cari ai dem dell'industria cinematografica: la madre sola e contro tutti, il poliziotto stronzo e (un filino?) razzista, la comunità di bigotti e ipocriti, e via dicendo. E tuttavia, lo svolgimento
rovescia questi luoghi comuni, per costruire qualcosa di più profondo e legato alle contraddizioni dell'America contemporanea: il film porta indubbiamente a prendere all'inizio le distanze da Jason/Sam Rockwell, ma dopo averlo conosciuto
sul serio, come odiarlo, e non considerarlo, piuttosto, un prodotto del suo ambiente? Ancora, quanto [buon]senso c'è
davvero nelle azioni di Mildred/McDormand? La quale se ne sbatte di tutto e di tutti, e neanche di fronte all'evidenza - la figlia venne violentata di notte e in aperta campagna, lontano da qualunque testimone - e alla complicata situazione di salute di Harrelson, fa un passo indietro? In mezzo ai due poli, il personaggio dello sceriffo Bill, che non va capito né svelato, ma semplicemente
compatito, nella sua umanissima umanità. Difficile condannare, difficile parteggiare per qualcuno.
Il tutto accompagnato da una colonna sonora ispirata, e tre protagonisti in stato di grazia. Si rubano la scena a vicenda, letteralmente.
Bello rivedere anche il bravissimo Peters/Lester di
The Wire, seppure in un ruolo minore (benché la scena in cui viene introdotto gli permetta comunque di esibire una più che sufficiente prova attoriale).
Commovente (impossibile che non scappi una lacrimuccia di fronte a
quella scena), cattivo, stiloso.
Oh, e vorrei proprio sapere dove sta la
black comedy che hanno visto i recensori di mezzo mondo.
Fargo si poteva, volendo, considerare una commedia nera (film che più di una volta torna alla mente, e non solo per la presenza della magnetica McDormand). Ma questo?
PS:
ovviamente uno dei papabili Oscar al miglior film (e che ha già trionfato ampiamente ai Globes, a Venezia, a Toronto) non lo trasmette in Italia quasi nessun cinema. E così me lo sono visto per
altre vie direttamente in lingua.