Avevo molte remore a proseguire questa testata, dopo il primo numero “d’obbligo” acquistato alla scorsa Lucca. D’altro canto prosegue spiritualmente quel
Disney Anni d’Oro che avevo comprato per i primi 6 numeri prima di capire che non era la mia tazza di tè: orientamento teso alla contestualizzazione del periodo e selezione delle storie non sempre ottimale, com’è anche logico se si vuole dare una panoramica completa e onesta.
Poi però è uscito il seguito di
Topolino Story, che mi ha bruscamente riportato alla memoria quanto mi è sempre spiaciuto non aver fatto la prima collezione, dieci anni fa. E allora, considerando che è *troppo sbatti* recuperarsi quella collana, ho voluto ripiegare su questo nuovo prodotto che, stringi stringi, ha lo stesso obiettivo di base.
Gli articoli di “costume e società” sono abbastanza ben fatti:
Scarcella scrive dei pezzi che sono molto veloci, strutturati in box e classifiche, con pochi articoli brevi ma centrati. Poco interessante, per me, la pagina con i vip nati nell’anno celebrato, ma è una presenza indolore.
Mi pare un buon modo per fare il “com’eravamo” senza esagerare e senza rubare troppe pagine ai fumetti.
Fumetti che sono introdotti da una paginetta, firmata
Becattini, che parla degli autori, della genesi della storia e che la contestualizza nell’epoca. Anche in questo caso la brevità paga, considerando che per alcune storie pubblicate una pagina è anche troppa, per il poco che c’è da dire
e per altre più meritevoli si rischierebbe di dire cose stranote.
Il volume sul
1961 offre un piatto ricco con
Zio Paperone e il ratto di Brigitta: se la storia è ultra-ristampata e ha avuto la sua collocazione “definitiva” nell’omnia di
Romano Scarpa, è anche vero che mettere un “sequel” dell’
Ultimo Balabù (presente nel primo numero) può contribuire a fidelizzare il lettore, e considerando che l’avventura segna l’esordio di Filo Sganga il suo inserimento ci sta tutto. E poi è sempre un piacere rileggerla!
Paperino… Anno 2001 è una follia del periodo, quasi martiniana. I disegni di
Luciano Gatto sono efficaci perché con il loro stile classico riescono comunque a caratterizzare anche le emozioni più negative sui becchi dei protagonisti. Non avrei rappresentato il Paperino del futuro perfettamente identico a Paperone, ma vabbè. Resta il fatto che la storia è un po’ “sballata”, occorre contestualizzarla, si fa leggere ma non è nulla di che.
Sulle brevi straniere poco da dire: personalmente non sono un cultore delle storie rare, intese come poco o mai ristampate, ma mi fa piacere che abbiano trovato un contenitore per mettercele. L’operazione di recupero è da lodare, chiaramente, peccato che queste storie nella maggior parte dei casi non siano nulla di che. La storia sul secondo canale o peggio quella del generatore d’uragani sono avventurette di poco conto, se va bene piacevoli. Anche la breve disegnata da
Barks non è il massimo, con un Archimede stranamente nervosissimo nei confronti di un serafico Paperino.
Bello invece avere il “Classico a fumetti” di quell’anno, cioè
La Carica dei 101: non sono mai stato un grande fan di queste riduzioni, nemmeno quando nella mia infanzia questa tradizione era ben presente proprio sui
Topolino di dicembre, ma forse proprio per effetto nostalgia qui mi ha fatto piacere leggere le gesta di Pongo e Peggy, pur ovviamente note. Merito anche dei bellissimi e fedeli disegni di
Al Hubbard.