Un mese, quattro Topolini, con un'altra, l'ennesima, storia a puntate, stavolta a tema Mondiale.
Anche qui, la storia - la trama - è risaputa, e il "folto cast", come nel cinema, non mi sembra aiutare a colorire o dare carattere o spessore alla vicenda, che rimane sempre la solita avventura a canovaccio risaputo, scontato.
Reginella, non mi ha mai appassionato (e non appassiona granché nessun giovane lettore, che invece dei suoi paperi antropomorfi si ritrova un personaggio non si sa bene perché meritevole di questa centralità). E la storia con lei è, come al solito, noiosa e senza veri scatti e originalità. Temo che la si tiri fuori, Reginella, più per soddisfare le aspettative degli specialisti del fumetto che non per divertire e intrattenere giovani lettori.
(Inoltre, ai nuovi giovani lettori sono oscuri i motivi dei rapporti tra Paperino e lei ecc. Sempre che ci siano ancora, dei nuovi giovani lettori di Topolino).
Il problema, ancora una volta, è di fondo: da sempre i paperi vivono o avventure di città (scene di vita quotidiana da cui far deflagrare il comico e il surreale della vita di ogni giorno e la strampalata e esilarante follia dell'umanità) o avventure nel mondo, ma è chiaramente la prima linea quella che fa emergere la comicità e il carattere autentico dei personaggi, i quali, è bene ribadirlo, nascono molto più aguzzi e spigolosi - straordinariamente spigolosi - di come invece ultimamente sono rappresentati (tutti buoni, tutti carini, tutti gentili, tutti ugualmente piatti e senza nerbo).
Ma le storie di vita quotidiana hanno bisogno di sceneggiature forti e di disegni espressivi (alla Gorlero dei Mercoledì di Pippo, per citare un ripescaggio) e mi pare che questi due elementi manchino, da parecchio.
Inoltre, le storie di vita quotidiana avrebbero bisogno di quel Paperino, quel Gastone, quel Paperone ecc. che furono, al tempo delle origini americane e dei grandi primi italiani (attaccabrighe, furbastro e accidioso il primo, petroso e materialista il secondo, avaro, misterioso e granitico il terzo, per dire), e lo stesso vale per il mondo di Topolinia, e per i comprimari. Ma qui, mi pare, si naviga a vista, preferendo queste storie dove tutti sono buoni, tipizzati, caricaturali nei loro difetti che però mai incidono nelle storie e che sono diventati più epiteti formulari che non ragione di conflitto. Mah..
Come si può pensare che un bambino compri per due settimane di seguito Topolino con una storia che è insostenibilmente a puntate (se è fortunato e lo compra questa settimana e non la prossima, col rischio di rimanere a metà, pensate che lo comprerà mercoledì prossimo per "sapere come andrà a finire" la storia di Mondor? Suvvia..), una in cui compare un personaggio (Reginella) che forse piace ad alcuni appassionati, ma che non è appassionante (solita avventurella scontata) e per di più è per soli iniziati, e altre storielle che - salvo quella di Pippo, che pure si sgonfia presto - lasciano il tempo che trovano, non si sa.
A tutto ciò, si aggiunga la folle decisione di togliere il Ciak in ultima pagina per far spazio a queste inutili interviste al ragazzino di turno (i bambini vogliono leggere le storie di Topolino, non vogliono leggere di altri bambini che blaterano su Topolino ma che non sono Topolino) e l'ennesimo, e francamente ormai estenuante, ritorno di una celebrità del momento in copertina, come se la presenza di Bebe Vio garantisse vendite maggiori o, ancor più, come se Topolino dovesse assumersi il compito di sensibilizzare alla disabilità più di quanto già non facciano scuola, istituzioni, politiche e giornali. Un po' va bene, il troppo stroppia, e io dico: fuori le campagne di sensibilizzazione dai giornalini, che devono raccontare storie belle e gustose, da cui poi, come accade con la narrativa, emergono i significati, senza ideologie e missioni civilizzatrici di sorta. I bambini, le cose, le capiscono senza che nessuno le inculchi loro.
(Tanto per dire: Dumbo è un grande inno alla diversità, ma è anzitutto una straordinaria storia; Shark Tale, al contrario, ha una storia povera costruita intorno al tentativo di far passare il messaggio che "diverso è uguale" e che lo squalo vegetariano - leggasi: omosessuale - ha ogni diritto ad essere, come gli altri squali. Ma i bambini, ripeto, non sono stupidi, e sanno perfettamente riconoscere il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, le storie belle e quelle polverose e ideologiche, gli adulti che raccontano e quelli che invece inoculano).
Che poi, in realtà, prima ancora di sensibilizzare, il problema è che Topolino è ossessionato dalla rincorsa agli idoli del momento - umani e materiali - con questo profluvio di celebrità e di gadget ipertecnologici, come se, appunto, ancora una volta giova ripeterlo, la letteratura del Primo Novecento avesse trattato solo di radio e telegrafi, altrimenti "non si coglieva lo spirito del tempo e nessuno avrebbe più letto i libri".