Un numero che merita di essere analizzato attentamente per via di alcune chicche o punte di interesse.
Topolino in giallo - Hanno rubato il tramonto è un giallo piuttosto fresco che si merita a tutti gli effetti l'attenzione che gli viene data in copertina. Ci sono un paio di dettagli disseminati che sicuramente non sfuggiranno a coloro che sono particolarmente attenti all'impostazione delle vignette, ma in ogni caso rimane una lettura decisamente piacevole, che parte con alcune premesse per poi svilupparne altre del tutto nuove. Due appunti, tuttavia, bisogna farli: in primis, i due vigilanti che accompagnano Topolino sono due figure decisamente piatte che rubano praticamente la scena a Pippo, soprattutto nel secondo tempo dove diventa una comparsa muta e frequente; in secundis, i disegni di Lucci non si adattano alla storia, sono troppo statici, bidimensionali e con espressioni alle volte poco azzeccate: avrei preferito un Pastrovicchio o, volendo andare su uno stile più classicheggiante, un Perina sarebbe stato molto azzeccato.
Provo contrastanti emozioni a ritrovarmi davanti una storia di Sio, soprattutto alla luce della disastrosa prova dello scorso anno che non ha saputo rendere giustizia a tutti i personaggi che vi avevano preso parte (anzi, i due giganti del fumetto Disney, Paperino e Topolino, erano stati caratterizzati come due babbei catatonici). Anche in questo caso l'autore insiste su alcuni suoi sciocchi tormentoni che ancora ancora potrebbero starci bene su Sgrinfia, un po' meno su Gambadilegno, però, dall'altra parte, ho notato che ne ha fatto un uso meno spropositato rispetto a quanto fatto in passato, quindi mi auguro che continui a contenersi, poiché in tal caso potrebbe essere una lettura più digeribile: Manetta ci ha già fatto la figura del fesso (tuttavia, se riesco a non farci caso, posso ancora accettarlo, visto che ci sono due scuole di pensiero sul personaggio e quindi Sio non è il solo a dargli quella caratterizzazione), spero che ad una potenziale comparsa di Topolino l'autore mostri un minimo di giudizio e non gli faccia nuovamente parlare di pulsanti "blu come poltrone" o robe astruse. Bravo Baccinelli, il suo Gambadilegno in alcune vignette è tratteggiato con un ghigno e degli occhi da vero malvagio: peccato solo che questa sia una storia di Sio, e che quindi perda molto fascino nel complesso.
Zio Paperone e la cena dei cento vede Panaro elaborare una sceneggiatura che si inserisce con classe nel filone delle sfide tra Paperone e Rockerduck, complici i dialoghi brillanti e i personaggi ben inseriti senza forzature o spiegazioni esagerate. Il finale, tuttavia, mi ha lasciato l'amaro in bocca perché Paperone ha raggirato Rockerduck senza che quest'ultimo si fosse comportato scorrettamente nei suoi riguardi: a conti fatti, è vero che Paperone è rientrato nella somma spesa, però effettivamente ha sborsato trentamila dollari per la cena e non i cento previsti dalla scommessa, ovvero: dei centomila ottenuti dice di spenderne trentamila e poi di rientrare nelle spese coi settantamila rimanenti, tuttavia sono i soldi della taglia che Paperone si è guadagnato, pertanto erano suoi ed è come se li avesse spesi. Per rendere meglio l'idea, è come se io all'asta avessi pagato un quadro a mille euro e poi l'avessi rivenduto a tremila euro: i duemila paiono "sanare" i mille che avevo speso prospettandosi come lauto guadagno, tuttavia questo non annulla la mia azione precedente, quei mille in partenza li avevo comunque spesi, che poi mi ritornino indietro col ricavato è una cosa a posteriori e non data in partenza. Se così non fosse, non esisterebbe una vera concezione di guadagno, giacché si potrebbe pensare che tutti gli sforzi futuri annullino la somma di acquisti fatti nel passato.
Personalmente mi è sembrata una forzatura, compresa la storia dei Bassotti ricercati da parecchio tempo, saltata fuori all'ultimo come "colpo di scena", per far vincere immeritatamente Paperone ai danni del povero Rockerduck, che appunto, al di là di fare leva sul suo orgoglio e sulla sua megalomania, non lo ha ostacolato come è solito a fare: mi sembra, con tutto rispetto, una morale falsata per far passare a tutti i costi Rockerduck dalla parte del torto. Poi magari sto facendo questo discorso solo perché è tra i miei preferiti in assoluto e sono stato sempre pronto a lodare (Il deposito sotto A.S.S.E.D.I.O.) o a bocciare (La "stampa-sogni") tentativi di caratterizzarlo o di farlo risaltare in un determinato modo, però non sopporto vederlo perdere quando in realtà è stato raggirato, perché sono del parere che la scommessa iniziale non possa essere pensata come un raggiro dello stesso Rockerduck, tenuto conto che è poi stato Paperone a fare tutto quanto e a mettersi nel sacco da solo.
In ogni caso, sono contento di aver trovato una delle poche scene, di martiniana memoria, in cui Paperone si punisce per la sua sconsideratezza, con tanto di scarpata meccanizzata sul portacoda.
I disegni di Franzò mi sono piaciuti particolarmente, solo non apprezzo la pesantezza dei riquadri, si vede troppo la differenza con gli altri disegnatori del numero e dà un'idea di eccessiva pesantezza del tratto, quando in realtà nel caratterizzare i personaggi è molto gradevole.
Bella la storia di Paperoga con gli ottimi disegni di Pastrovicchio: è bello vedere un po' di umanità nei confronti di un personaggio bollato spesso come calamità ambulante. Ogni tanto si può apprezzare un po' di buon calore famigliare, soprattutto nelle occasioni che capitano una volta all'anno.
La storia conclusiva si trascina per ventiquattro tavole senza raccontare molto, però è gradevole e si lascia leggere: in queste circostanze ci può stare la sconfitta di Rockerduck a cui Archimede sembra alludere nell'ultima tavola, non è forzata e non è tantomeno una ripicca nei confronti del suo personaggio. Una bella prova anche per Vian e il suo tratto curato.
Papersera.net
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