Tre papere irresistibili è una storia piuttosto sottotono che lascia dubitare sugli ormai papabili ruoli dei personaggi femminili sulle pagine del Topolino, una tendenza che mi è parso di scorgere nei numeri più recenti, dalla rivisitazione in chiave Disney di Piccole donne alla storia promotrice delle carte da gioco che ha visto protagonisti Paperino e Paperina.
Infatti, al di là dei problemi che secondo me la sceneggiatura ha per via di alcune scelte narrative, le papere protagoniste della vicenda mi sono parse deboli nei ruoli frizzanti che avrebbero potuto interpretare viste le circostanze, in primo luogo Paperina, giustamente gelosa, però arrendevole, disposta a fidarsi di una sciocca leggenda anziché far ingelosire a sua volta Paperino ricorrendo a Gastone oppure imbastendo una serie di comici litigi col fidanzato - situazioni che tranquillamente accadevano nelle storie di Barks, mi viene in mente ad esempio Paperino e i buoni propositi, dove Paperina perdeva la calma prendendo a borsate il fidanzato dopo avergli fatto notare quanto sia irascibile - in secondo luogo Nonna Papera, il cui atteggiamento contrasta troppo con quell'aura pragmatica che l'ha da sempre contraddistinta, nondimeno la gelosia quasi adolescenziale verso Ciccio: è verissimo, Nonna Papera si è ormai stabilizzata come la figura saggia della famiglia dei paperi, però, senza andare per forza a scomodare certi comportamenti severi e acidi che teneva anni addietro, bisognerebbe tenere presente del suo spirito lavorativo, concreto, nonché del fatto che le uniche "astrazioni" a cui fa affidamento, al di fuori degli affetti familiari, sono soprattutto i ricordi - e questo Vito Stabile lo aveva mostrato assai bene in Zio Paperone e il valzer polivalente - di conseguenza, il farle credere ad una leggenda di punto in bianco per quello che accade non le ha reso giustizia come personaggio.
Poi c'è Paperetta Yé Yé, che ho sempre ritenuto fuori luogo non perché mi stia antipatica, bensì perché la ritenga una figura pienamente storicizzata, ovverosia uno di quei personaggi che nascono in un determinato contesto e che al di fuori di quello perdono parecchio, al punto che potrebbero essere rimpiazzati con qualcuno che risulti più credibile in quei panni; è pur vero, e me ne rendo conto, che all'universo femminile di Paperopoli, tolte Ely Emy ed Evy, manchi effettivamente una figura adolescenziale, tuttavia non credo che Paperetta possa ricoprire quel ruolo, salvo essere reinventata, e a quel punto diventerebbe tutt'altro personaggio. Penso di poter chiarire questo punto con un esempio che spero risulti efficace: durante il periodo della Guerra Fredda la DC Comics creò nel 1965 come avversario di Wonder Woman un grosso uovo coi baffi e con le fattezze cinesi di nome Egg Fu, un personaggio che avrebbe ben poco senso oggi, e infatti è stato rielaborato in tempi più recenti come un esperimento senziente lasciato libero sulla Terra, tuttavia è chiaro che si ottiene in tal caso una figura decisamente diversa per un personaggio dalle caratteristiche ben precise. Allo stesso modo si potrebbe prendere in considerazione KGBeast, altro personaggio creato in quel torbido periodo, che è poi diventato un generico mercenario perché privo di quelle motivazioni che davano senso alle sue azioni - non a caso venne ammazzato in Batman: Face the Face assieme ad altri nemici di serie C quali Magpie e Orca (con il Ventriloquo la faccenda è stata più sottile), e non è raro che venga annoverato tra i più sottovalutati avversari dell'Uomo Pipistrello. Insomma, in soldoni: a me Paperetta Yé Yé oggi non riesce a comunicare niente a parte l'essere lo stereotipo di un'adolescenziale, e per me è un'eredità sin troppo scarna per un personaggio di Scarpa, basti pensare a Brigitta o a Filo Sganga, ma anche Gedeone o Sgrizzo Papero quando sono stati recuperati da Artibani.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, invece, da una parte ho avuto l'impressione che lo svolgimento intermedio sia stato ridotto all'osso, un po' come in Topolino e la profezia dei Saurotechi si aveva l'impressione che qualche tavola in più avrebbe giovato, dall'altra ho trovato un colpo di scena veramente forzato: Paperino, infatti, afferma che Paperina non abbia mai staccato la conversazione, tuttavia, nella quinta vignetta di pagina 11 la papera manifesta l'intenzione di chiamarlo, senza che però l'azione avvenga effettivamente; e anche volendo passare sopra questo, è improbabile che Paperino si sia sorbito tutta la spiegazione di Paperetta Yé Yé, la storia della fonte, la telefonata della Nonna e così via per volere a tutti i costi imbastire lo scherzetto; e volendo ulteriormente lasciar perdere quest'altro fatto, è ancora più improbabile che Paperino sia riuscito a contattare proprio l'amica di Paperetta e che questa sia stata al gioco tutta sorridente, e lo stesso si può dire per Ciccio. Per quanto una storia debba in primo luogo intrattenere e dilettare - e questa ne aveva certamente le prerogative - se si avverte un qualcosa che fa storcere il naso, pur volendo evitare di farci caso, si ha sempre l'impressione che qualcosa non funzioni, un po' come quando si contempla un bel disegno e all'improvviso si percepisce una bruttura, nel complesso l'esperienza del bello risulta comunque deformata da un certo elemento.
Concludo, pertanto, mantenendo le ormai assodate perplessità sull'uso recentemente fatto dei personaggi femminili, non sapendo se effettivamente questo si possa imputare ad un'abbassamento dell'approccio a certe tematiche: tuttavia, secondo me, pigiamini party e robe varie non riescono ad esprimere le potenzialità di personaggi che hanno dalla loro parte una storia decennale, nonché delle peculiarità marcate, forti, che non riesco più ad avvertire. Non è il fatto che Nonna Papera non possa avere le sue crisi, è, piuttosto, il modo che si è scelto: è quello il punto. Poi, ogni personaggio è versatile a modo suo, di conseguenza non è detto che il medesimo approccio possa funzionare per tutti quanti, ed è questa la ragione per cui Paperone lo si può vedere bene sia nei panni dello zio bastardo senza alcun riguardo per il nipote, sia in quelli dello zio premuroso che in fondo lo ha a cuore, poi dipende appunto da come lo si mette in scena.