L'editoriale torna a tutta pagina e il sommario su doppia facciata: cambiamenti grafici e di impaginazione positivi, a parer mio (a parte il colore giallo acceso come sfondo), anche per dedicare un paio di righe di riassunto alle storie principali del numero, oltre che dare importanza anche alle rubriche.
A tal proposito, plaudo alla varietà e alla cura con cui i tre articoli dell'albo sono realizzati: uno sulla musica live, uno sul cinema e uno su un esperimento scolastico di integrazione e di digitalizzazione. Al di là dei gusti musicali, o dell'opinione che si può avere su Frank Matano, trovo interessante parlare di questi argomenti anche quanto toccano aspetti più leggeri e innocui, specie se a far da contrappeso c'è l'approfondimento sulla scuola da un punto di vista "futuro".
Per quanto riguarda le storie, invece, c'è meno da stare allegri.
La breve su Nonna Papera e Ciccio scorre in modo pigro se non sconclusionato: non succede niente di interessante, e non si fa niente per nasconderlo. A peggiorare le cose ci sono i disegni di
Chierchini che, con tutto il rispetto per il suo passato, non ce la fa visibilmente più. Alcune vignette sono inguardabili, i due personaggi principali hanno spesso espressioni o pose folli, le macchine sgangherate sono tremende e a peggiorare il tutto c'è un'inchiostrazione pesante e sballata.
Non va meglio nella breve con Pluto che finisce nella macchina del tempo. Soggettino fin troppo ameno, privo di mordente e dalle premesse assurde (il cane si sporca? chiediamo una spazzola al mio amico scienziato mentre è al lavoro al museo!), con uno svolgimento ancora più zoppicante.
Pippo e il malinteso criminoso ha il pregio di avere alcuni dialoghi piuttosto buoni e spiritosi... alcuni, non tutti. Per il resto la trama scorre in maniera prevedibile dall'inizio alla fine, tirata anche un po' troppo per le lunghe per quello che vuole raccontare. Null'altro da segnalare.
Paperino e i Bassotti ospitali mi ha sorpreso, lo ammetto. Dalle premesse mi aspettavo una robaccia mentre tutto sommato mi pare una storia che, se l'avessi fruita all'età giusta, avrebbe avuto le carte in regola per farsi ricordare col sorriso sulle labbra anni dopo. Letta adesso saltano all'occhio certe forzature grosse come case:
Paperino che frigge nell'olio il cellulare dello zio per sbaglio? Paperone che reagisce in maniera spropositata per questa cosa arrivando addirittura a diseredarlo e a sfrattarlo?!? Paperone che abbraccia, ringrazia e perdona Paperino dopo che ha intrappolato i Bassotti, senza considerare che proprio il nipote li ha portati nel Deposito?!? Lo spingardino che esce letteralmente dal nulla nell'ultima tavola?????????????????
Ma, al netto di tutto questo, l'idea di base viene costruita con i giusti tempi, tanto da diventare accettabile e giustificata nonostante in partenza sia un'idea che non promette nulla di buono. E già questo non è poco. Il corpo centrale con il rapporto tra Paperino e i Bassotti è infatti ben gestito e crea un paio di momenti azzeccati, lo riconosco.
I disegni di
Nicola Tosolini sono apprezzabili: lo stile plastico dell'autore funziona, non male nelle ambientazioni e inoltre regala un bel Donald e anche uno Scrooge ben fatto, e soprattutto dei Bassotti che, pur non grassi come alle origini, recuperano nelle espressioni un cipiglio adeguato e una corporatura comunque sformata.
Il cuore dell'albo, a costo di essere scontati, è la conclusione di
Orgoglio e Pregiudizio di
Teresa Radice e
Stefano Turconi. L'ultimo "volume" - che non capisco perché sia diviso a sua volta in prima e seconda parte - presenta grossomodo gli stessi pregi e gli stessi difetti dei primi due: ad un'eccessiva verbosità descrittiva (stratagemma che sospetto sia usato per comprimere nelle tavole a disposizione più di quanto potrebbe raccontare mostrandolo effettivamente) si contrappone un bell'uso del cast papero, che anche con commistioni ardite (Miss Paperett e Ciccio sposati?) funziona piuttosto bene. Rimane la spiccata aderenza con l'opera originale - alla fine credo che la differenza più grande sia la "dote" di Lydia, necessaria
perché la paperetta che la interpreta è troppo giovane, nella parodia, per sposarsi come accade invece al personaggio del romanzo -
e non era facile rimanere così fedeli.
Una cosa però mi spiace: che il finale
sia dedicato alla gag con Gastone Winckham, che trovo smorzi molto il climax costruito così bene da Teresa nel far sbocciare definitivamente l'amore tra i Ducksy e Lizzy.
Dettagli, comunque.
Nulla da ridire sui disegni di Stefano, invece: i molti paperi in gioco non spaventano l'artista, che raffigura tutti i personaggi con perizia e con il suo tocco personale. Ovviamente la cura maggiore è rivolta ai protagonisti, e il suo Ducksy impettito è magistrale, tanto quanto la sua Elizabeth sospettosa, confusa e infine innamorata. Di valore sono anche gli sfondi, sia al chiuso che all'aperto, che beneficiano di quei tocchi estetici che il disegnatore citava nell'intervista sul numero di Natale e che risultano evidenti ("i tratteggi che ricordano le incisioni di allora o alberi dalle forme 'tonde' come nei vecchi quadri di paesaggio"). Insomma, mi sembrava davvero di muovermi anch'io nella campagna inglese dell'Ottocento, e questo non solo per una presunta verosimiglianza dei luoghi, ma anche per la capacità di ricreare l'atmosfera passando per gli stili artistici dell'epoca.
La trasposizione
disneyana del romanzo di
Jane Austen è nel complesso riuscita, secondo me: non priva di pecche, congenite o meno, si attesta come un lavoro raffinato e di alto profilo, caratteristiche che raramente si rintraccia ormai si rintracciano su
Topolino trattate in questi toni.