Il problema di Tito Faraci è che da alcuni anni difficilmente riesce a fare storie con i personaggi Disney mentre scrive spesso storie sui personaggi Disney.
È il caso di Le disavventure di un papero tenace: l'avventura c'è, ma è basica, estremamente elementare, utile sostanzialmente solo a veicolare una riflessione sul carattere di Paperino. In realtà, rispetto ad altre prove di questo tipo dello sceneggiatore lombardo, in questo caso il risultato è anche piuttosto riuscito: un paio di gag particolarmente apprezzate e un buon Paperino in scena consentono alla storia di scorrere abbastanza bene, ma resta un impianto poco adatto ad essere "munto" troppo a lungo, e anche i disegni di Giorgio Cavazzano non bastano a far fare il salto di qualità alla storia, visto che in diverse occasioni il tratto del maestro non spicca e non appare particolarmente ispirato.
Un'avventura in senso classico è invece quella di Casty, che tiene fede a questo approccio anche nella seconda parte di Il mistero di Acquadombra. Lo sviluppo è forse un filo meno intrigante del primo tempo, ma l'intreccio fila, la tensione non manca, Topolino è perfettamente in parte e soprattutto abbiamo un Eta Beta meraviglioso, che ormai si può vedere fedele alla sua essenza (stralunato, serafico, quasi etereo, straniante e proprio per questo simpaticissimo) solo nelle storie castyane.
Una satira sottesa ma feroce, mai gratuita ma sempre inserita all'interno della trama, assolutamente integrata nella contemporaneità: due elementi importanti in questa storia, che si configura per me come una delle migliori dell'autore degli ultimi anni.
Anche a livello grafico, infine, trovo che il segno di Casty sia particolarmente plastico, sempre nell'ambito della sua line classica ma con un piglio ancora più dinamico, probabilmente grazie all'inchiostrazione che rende più guizzante un segno già sintetico di suo.
Le altre tre storie del numero, ahimè, non offrono spunti degni di nota o di dissertazione: Nonna Papera e la minaccia di Pasticcino 03 è una bambinata senza arte né parte, moscia e decisamente disinteressante, mentre perlomeno Macchia Nera e il ratto dei furfanti ci prova ad essere qualcosa di più... non riuscendoci, però, perché si risolve in qualcosa di piatto e prevedibile.
Topolinio Canova e la scintilla poetica è la sorpresa deludente: doveva essere un'altra storia di punta del numero (la variant cover era dedicata a lei, in fondo) e Blasco Pisapia ha sfornato ottime prove in questi anni, ma stavolta qualcosa è andato storto: raccontino didascalico e poco ispirato, che procede con il pilota automatico e privo di verve, annoiando durante la lettura. Non basta la presenza di un personaggio degli anni Trenta come Eli Squick a rendere interessante una trama, purtroppo. Anche lo stile grafico dell'autore, solitamente piacevolmente retrò ed elegante con i Paperi, con l'universo topolinesco appare ingessato e abbozzato, quasi un'involuzione del segno.