Azione, inquietudine, mistero, umorismo, epicità. Tutto ciò viene sapientemente amalgamato dando vita ad un fumetto straordinario.
Dopo mesi in la sua minaccia si era profilata all’orizzonte ed era stata frequentemente citata (ma vista da lontano), esordisce uno dei più grandi nemici di Topolino, qui incarnato da un personaggio piuttosto sinistro. La sua entrata in scena mi ha procurato un delizioso spavento e successivamente mantiene un minaccioso sguardo da invasato che fa pensare che ha aderito a quell’organizzazione non per convenienza, costrizione o altro, ma per reale condivisione ideologica.
Topolino, sprezzante, chiede: “Dove ci porti, Adolph?” e dopo deve barcamenarsi per governare il natante, muovendo le leve con i denti, da una parte evitando i colpi dell’esercito e dall’altro mantenendo la calma nonostante una Minni agitatissima, divertente ma che comunque si rende utile, sebbene a modo suo.
La trama si caratterizza come semplice ma fantasiosa, mentre nel finale si denota per l’ilarità dell’essere finiti, manovrando quasi a caso, proprio nell’ufficio di Basettoni.
Dal punto di vista linguistico, in cui l’autore debuttante lascia già il segno delle coloriture espressive che si avranno a venire, si ricordano battute come. “Ach, Himmel! Vot a beautiful mornink!”
Si tratta della prima storia del futuro maestro dell’inspiegabile ed è già superiore a quasi tutte a quelle che l’hanno preceduta. Non credo nessuno, in qualsivoglia ambito, abbia mai raggiunto all’esordio un risultato di così alta qualità.
La vicenda conquista diversa primati: prima di Walsh, prima con i nazisti, miglior breve di sempre, quella che vede nascere il sodalizio per eccellenza (e prima dell’età dell’oro, di già che ci siamo); tuttavia ciò che la rende grandiosa è, al di là di tutto, la sua intrinseca e autentica bellezza.