Se proprio vogliamo trovare una spiegazione "plausibile" forse perchè dopo il periodo iniziale Paperopoli (Calisota), se ci rifacciamo alle storie di Barks, non fa parte degli Stati Uniti, è una Città stato come la nostra San Marino o Città del Vaticano. Con una propria bandiera, e le ambasciate nei vari paesi esteri. Quindi non dipende dal governo di Washington. Non sono sicuro che Don Rosa abbia anche lui questa visione Barksiana (alcune sue scelte infatti non coincidono con le indicazioni di Barks) di Paperopoli, probabilmente lui la considera parte degli Stati Uniti nell'immaginario stato del Calisota. Evidentemente Gervasio ha preso spunto da alcuni elementi di Don Rosa altri di Barks ed altri di Martina ec... creando però una propria visione evolutiva di quel mondo immaginario. Il fatto che in alcuni casi si rifà ad "elementi DonRosiani " non significa che abbia aderito pedissequamente a tutte le indicazioni o le scelte di Don Rosa o di Barks.
Per chi è interessato ad approfondire la storia di Paperopoli ed i suoi luoghi caratteristici, mappa ed evoluzione del Deposito di Paperone ec...
http://www.salimbeti.com/paperinik/city.htm
Grazie per la pronta risposta, sapevo che sarebbe arrivata in tempi rapidi.
Peraltro conosco molto bene il tuo sito, che ho tenuto spesso come riferimento nel mio passato più nerd, quando da ragazzino cercavo di gestire un qualche, personalissimo,
headcanon sui paperi; l'ho trovato sempre molto interessante per la visione sincretistica che proponi.
Veniamo a noi.
Parlando appunto di sincretismo, ma del "Gervasioverso" e in particolare dei riferimenti precisi ripresi
in primis da Don Rosa e Martina e poi anche da Barks, a questo punto credo si debba trovare una soluzione un po' più chiara e - lo vogliamo dire? - canonica per quanto riguarda Fantomius. E il punto sta nella formulazione di un universo coerente, soprattutto in virtù degli autori presi come fonte per quelle informazioni che contribuiscono a rendere "plausibile" il tutto.
Giustamente (e un po' me l'aspettavo sempre per via della pregressa - e approfondita - conoscenza del tuo sito) mi parli della concezione barksiana della "geopolitica del Calisota" con il riferimento all'ambasciata paperopolese nel Tesoro di Marco Polo. Come presupposto va però detto che, tra tutti, Barks fu decisamente l'autore più sciolto da qualsiasi vincolo... proprio perché demiurgo di quell'universo narrativo. A volte nelle sue storie si trova tutto e il contrario di tutto, compresa - apparentemente - una Paperopoli "città stato" o eterotopica nel più vasto contesto nordamericano, per cui non farei lo stesso gioco di Don Rosa prendendo qua e là elementi per costruire un canone fin troppo arbitrario e potenzialmente contraddittorio.
A questo punto devo fare una ulteriore considerazione, vestendo i panni dello storico - è il mestiere che mi dà di che vivere e so di essere un rompiscatole da questo punto di vista (*): per quanto Zio Paperone e il tesoro di Marco Polo sia una storia tra le più atipiche nella produzione barksiana ("they weren't my best stories", come ebbe a dire in un'intervista del 1999 riguardo la sua produzione di metà anni Sessanta), sarebbe stato comunque molto complesso riprodurre o anche solo citare espressamente la guerra del Vietnam in un fumetto Disney. Perché di questo si parla in quell'avventura dei paperi, né più né meno. Bisognava trovare un
escamotage credibile: al di là delle motivazioni più profonde che portarono Barks a scrivere quella storia, Paperopoli diventa in quel contesto il referente simbolico per gli USA, così come l'Unsteadystan lo diventa per il paese del Sudest asiatico martoriato dal conflitto (pubblicità per pubblicità, ne ho accennato qui qualche mese fa:
https://www.papersera.net/wp/2020/08/28/carl-barks-una-cavalcata-nella-storia-seconda-parte/).
Già solo attenendoci a questo caso esemplare, se vogliamo individuare qualche appiglio "plausibile" per stabilire dei cardini nella concezione dell'universo disneyano, Paperopoli dipenderebbe eccome da Washington pure se nella sua realtà narrativa la capitale federale si chiamasse - Dio non voglia - "Washingpaper". (**)
Ora, considerando l'epoca in cui sono collocate le avventure di Fantomius (che non è un generico "passato", visto che Gervasio fornisce date precise) e tenendo presente che anche nel liberissimo Barks l'ambientazione domestica delle storie dei paperi fu sempre statunitense fino al midollo, a me risulta molto difficile continuare a tenere in considerazione una situazione
à la San Marino negli Stati Uniti della prima metà del Novecento, perfino nella versione disneyana del paese a stelle e strisce, se e quando si cominciano a inserire forse un po' troppi elementi riconducibili a una realtà effettivamente esistita/esistente. Certo, storicamente ci sono stati dei casi limite delicatissimi come la corrotta Chicago stretta nella morsa criminale di Al Capone, un esempio ormai letterario e paradigmatico, ma non paragonabili a una "città stato" o "micronazione" come da tua interpretazione - e anche lì, comunque, il governo di Washington intervenne con forza proprio negli anni della presidenza di Herbert Hoover: il parallelismo con la Paperopoli controllata da Famedoro sarebbe stato ancor più forte rispettando, anche solo
en passant, il contesto storico e geografico sospeso tra fantasia ed elemento realistico.
Per chiudere, la creatività e la fantasia sono la chiave di volta per scrivere e leggere questi fumetti, è chiarissimo e va rivendicato sempre. Altrettanto chiaro è il fatto per cui un autore debba e possa spaziare senza particolari limiti e qui, del resto, non si vuole assolutamente inchiodare a sua volta Marco Gervasio a ciò che ha ripreso dall'opera di Don Rosa e che tiene comunque ben presente (il ritorno di Paperone in città nel '30, per dirne una), né pretendere una visione altrettanto dogmatica e in qualche modo limitante della materia paperopolese. Però se qualcosa non torna in virtù proprio di quei riferimenti chiave che si è programmaticamente deciso di utilizzare stipulando un patto non scritto con i fruitori di queste storie, beh, io lettore non acritico mi pongo delle domande: questi "elementi fissi" servono soltanto a stuzzicare l'interesse del nerd di turno attento alle
continuity strettissime e vincolanti? Oppure a contribuire in maniera coerente alla lunga, complessa e stratificata storia del fumetto Disney prendendosi, però, delle responsabilità maggiori? Io credo che si tratti più della seconda ipotesi e - con questo - faccio anche i miei auguri all'autore, sperando di poter leggere trame sempre più intriganti ma meno, a parer mio, problematiche da un punto di vista concettuale.
(*) In passato Gervasio ed io abbiamo avuto una
querelle tra gentiluomini sui castelli calisotiani.
)
(**) Discorso diverso se cominciassimo a parlare di tutte quelle pionieristiche storie italiane degli anni Cinquanta in cui topi e paperi vivono palesemente in una Pseudoamerica in provincia di Milano, o delle situazioni in cui la valuta corrente nel Calisota rispecchia quella del paese di produzione o diffusione delle storie stesse, specie in Nord Europa, e così via.
Io però ho un'altra domanda: com'è possibile che in Paperino e il torneo monetario Paperone non avesse mai sentito nominare Cuordipietra, se questo era stato addirittura sindaco di Paperopoli? Va bene che all'epoca era altrove ma... non ha mai letto un giornale? Quando è arrivato, solo pochi mesi dopo, il ricordo era ancora fresco. Non gli è mai capitato di sentirne parlare? Va bene che ha vissuto per molto tempo in solitudine, ma che addirittura non gliene fosse arrivata notizia...
Ecco. Questo è l'altro - enorme - "elephant in the room", insieme allo spaesamento nel vedere un boero nei panni del sindaco di una città americana.
A meno che la spiegazione non si regga su una cosa tipo "nel 1956 Paperone era rimbambito" (che di per sé non sarebbe una motivazione del tutto azzardata, lo abbiamo visto più che smemorato nella Stella del Polo, per dire).