Non è questione di moralismo e non sono un bacchettone.
Eppure la tua lettura moraleggiante, a tratti distorta, lascia intendere il contrario.
E' una questione di senso logico e di sapere fin dove spingersi con un personaggio: prova piuttosto a giustificarmi uno dei due esempi che ho fatto, dicendomi cosa dovrebbe far ridere e/o il razionale dietro quei comportamenti, ma insultare e basta non mi fa cambiare idea su questo autore che ha sbagliato testata/mondo.
Voglio dire...Zio Paperone (che è il mio personaggio preferito) è stato reinterpretato in tanti modi diversi (Don Rosa, Scarpa, Cimino, ...) e ognuno di questi ha un suo perché, ma solo Martina l'ha trasformato in un mostro: in quella storia in cui va dal torturatore raggiunge l'apice, ma in generale nelle storie di Paperinik è solo un affarista senza scrupoli e non ha nulla del personaggio iniziale: togli Paperone, metti al suo posto Famedoro e nessuno noterà la differenza, anzi avrà più senso.
Forse dimentichi che Paperone è essenzialmente teatrale, e che l'ormai imperante immagine del vecchio volpone dal cuore tenero non è altro che una proiezione sbiadita della sua complessa personalità: Paperone è esagerato in quasi tutto quello che fa, dai mancamenti che si fa venire, dalle sfuriate sui nipoti con tanto di inseguimento con clava - così si conclude la prima storia del Topolino 3304, è troppo forte anche quella come scena? - per non parlare del suo rapporto morboso con il denaro tra bagni, lavaggi e bacetti. Nell'atmosfera a volte grottesca della Commedia d'Arte di Paperopoli imbastita da Martina, Paperone è conforme a quelli che sono i suoi tratti peculiari, e l'esagerazione è tale da stimolare il senso critico del lettore, che nel diletto provocato dall'assurdità della situazione ne prende automaticamente le distanze, ed è pienamente conforme all'idea del
divulgare divertendo promossa dallo stesso autore: non è un caso che a far da sfondo ai perenni diverbi tra zio e nipote ci siano insulti tanto coloriti quanto forbiti e geniali, e quante parole ho in generale imparato leggendo le sue storie - pensa che conservo un vocabolario di parole tratte dai fumetti Disney, molte delle quali usate dallo stesso Martina - e quante risate mi facevo, e non sono mai diventato un sadico ritardato né penso che lo siano diventati i dodicenni dell'epoca.
Non so quanti anni tu abbia - sicuramente più di me - tuttavia penso che i tuoi giudizi siano filtrati da una paura infondata non dissimile da quella di un genitore apprensivo nei confronti dei propri figli, e la tua critica - che volendo potrebbe anche essere corretta se scevra da esagerazioni - risulta sia bigotta sia decontestualizzata: nondimeno mi è capitato di sentire da tanti genitori sui più disparati argomenti, tuttavia si sfiorerebbe un problema complicato e su cui avrei troppo da dire, e soprattutto da contestare. Ti consiglio di avere più spirito critico la prossima volta, prendere due storie sulle centinaia scritte da Guido Martina per accanirti sull'autore non ti mette in buona luce né aiuta a farti prendere sul serio quando magari potresti aver detto delle cose anche interessanti.
Questo perchè, si suppone, un bambino, e chiunque altro, è capace di distinguere tra realtà e fantasia. Il nostro invece pare convinto del contrario
Secondo me a non esserne capaci sono coloro che hanno quest'idea (errata) in testa.