Come ogni anno è giunto il momento della "lettura programmata" de Le Cronache. C'è un che di particolare in questo periodo che - quando eravamo più piccoli - vivevamo in una sorta di limbo emotivo: il vero "capodanno", che separa le vacanze dalla scuola, e ognuno poteva viverlo come meglio credeva. Per quelli come me che non rientravano propriamente nella categoria degli studenti modello era una tragedia ma - in realtà - per tre o quattro giorni l'entusiasmo per la nuova esperienza scolastica, suggerito dal profumo della carta dei libri di testo nuovi, era ben vivo.
La narrazione de "Le Cronache della Frontiera" ha inizio coincidente con l'avventura in Accademia di Topolino, Pippo, Orazio e Pietro e raccontano come questi ragazzi sono divenuti adulti nel contesto globale del mondo che li circonda. Diventano "grandi" perché hanno saputo costruire mattone dopo mattone le basi per affrontare in ogni momento le difficoltà che incontreranno: non solo perché eccelsi studenti sui banchi di scuola ma perché uniti da un profondo legame affettivo che ha fornito loro il carburante necessario a non lasciare mai la presa.
La storia è accurata ed essenziale, originale e inquietante: la morte esiste, cosa non così frequente nel fumetto Disney. Lo stesso Topolino si può ipotizzare orfano e Iron-16 viene ucciso in... diretta vignettistica: trattasi di robot, è vero, ma fortemente umanizzato (parla, pensa, interagisce). Il Nemico è un'entità invisibile e nascosta che il lettore può solo "immaginare". Non compare mai: sono i suoi servi e le sue creature ad essere protagoniste dell'azione. Rimane un mistero persino nello scontro finale.
L'intera saga ruota intorno ad un numero straordinario di personaggi, ognuno di essi molto ben caratterizzato e portatore di un mattoncino alla storia: la caricaturale Clarabella, lo spietato Iron-16, lo sgherro di Trudy, il Commissario, il contrabbandiere. Interagiscono e integrano a meraviglia con i protagonisti, siano essi "buoni" o "cattivi". Creano linearità - è incredibile come la storia nonostante la sua lunghezza e complessità abbia una continuità logica e narrativa senza pecche, a parte un dettaglio estremamente insignificante - e consentono un ampio respiro allargando i confini di un mondo - quello Disney - che solitamente è molto ristretto.
L'unica reale pecca non è attribuibile a Giorgio Pezzin. Giorgio Pezzin è stato eccelso nello sceneggiare e scrivere questa saga, ferocemente indebolita dalla scelta dei disegnatori (ad eccezione di Gula e Turconi, bravissimi, i quali hanno dimostrato rispetto per l'opera e la sceneggiatura su cui hanno meritatamente lavorato).
Non andavano valorizzati giovani disegnatori, andava valorizzato il capolavoro di Pezzin, vilipeso dalla sciagurata scelta redazionale di usare "Le Cronache" come laboratorio. Come se l'allenatore della squadra finalista di Champions League facesse giocare il portiere della Primavera per "valorizzarlo".
Al netto dell'ira furibonda scatenatami da tutto questo, "Le Cronache della Frontiera" continuano a rappresentare una delle mie letture preferite: una saga che è anche motivazionale - fosse uscita qualche anno prima avrei probabilmente potuto far sì che quei tre giorni di entusiasmo settembrino per la scuola fossero un po' di più - e profonda, avvincente e convincente. Un capolavoro. Non concordo con chi dice che sarebbe stata perfetta nelle mani di De Vita: De Vita a suo tempo fu chiamato a illustrare opere di Pezzin e si arrogò il diritto di modificarle. Un diritto acquisito dal niente.
Il genio e la letteratura di Giorgio Pezzin, di cui "Le Cronache della Frontiera" sono uno dei più alti esempi, avrebbero meritato molto di meglio. ll genio e la letteratura di Giorgio Pezzin inducono comunque un solo desiderio: tornare a leggere la sua magia dalla prima pagina perché, davvero, non stanca mai...