Il finale è una lezione commovente e profonda (nonchè parecchio pippesca, peraltro) sulla felicità. Ciò rende la vicenda molto bella, ma non la innalza al livello dell'ottimo; questo a causa di tutto il resto. Infatti, tutto quanto succede nelle prime 31 tavole non è nè emozionante, nè divertente: si legge senza che questo lasci il segno e probabilmente, se non fosse per le ultime vignette, si dimenticherebbe. Tuttavia non si può dire che tutta lo svolgimento sia inutile: serve per preparare il finale (il quale, da solo, privato del percorso che ha condotto in quel punto, non avrebbe senso).
Però, secondo me, le storie veramente grandiose sono belle da leggere e disseminate di punti notevoli in tutte le loro parti.
Io la vedo diversamente caro Maximilian
la perla di saggezza finale non la "generalizzerei" definendola "pippesca", perché si tratta di una personale versione di felicità, che non riferirei a Pippo solo perché ci sembra strana e inusuale (è questo il tuo ragionamento? Altrimenti correggimi). In fondo, ognuno di noi ha il proprio "strano" modo di essere felice, un modo che agli occhi degli altri apparirà quantomeno incomprensibile a un primo sguardo, perché è il prodotto del nostro personale vissuto, e questo è il messaggio che la storia vuol far passare: così come Paperone sembra un picchiatello con il suo divertimento preferito, lo sembra anche Topolino in certe storie di Walsh in cui è felice di aver perso del denaro con Eta Beta ma aver guadagnato la tranquillità, o Archimede che è felice in compagnia di un omino elettrico e senza concedersi un attimo di pausa, o Pippo che abita in una casa diroccata e non cambia mai stile di vita perché è troppo sensibile e "puro" per farlo.
Comunque, forse hai avuto l'impressione che gran parte della storia non fosse emozionante o divertente per il semplice fatto che è l'archetipo di un miliardo di avventure simili; Paperone che si dispera, Paperino sarcastico, setting paperopolese, Paperone rievoca il passato, Bassotti subdoli e meschini, un guaio dietro l'altro, astuzia finale. Ma, appunto, è l'archetipo: qui Barks dà il meglio di sé, per quanto non si tratti di un'avventura esotica a caccia di qualche tesoro (ma doveva impegnarsi perché si stava scommettendo sul personaggio e sulle potenzialità di un albo a lui dedicato) e non va trascurata nessuna delle espressioni, delle gag tutt'altro che vuote o fini a se stesse, delle parole dette; tutto fa parte di un mirabile affresco che inaugura l'epopea di Paperon de' Paperoni, e i mini-flashback del personaggio sono persino più evocativi di una storia tutta ambientata nel passato di Paperone, perché "funzionano" perfettamente calati in una storia ottimamente congegnata. Okay, forse non si tratta di un'avventura particolarmente "emozionante" (anche se ero abbastanza preso, arrivato al momento del giochetto delle termiti), ma questo perché il suo scopo primario è quello di consegnarci un personaggio a tutto tondo, soffermandosi su di esso in modo magnetico e facendo restare la voglia di conoscere altre avventure su di lui: e, benché non se ne siano svelate fino in fondo le potenzialità (il suo cuore d'oro, come si farà ne
La stella del Polo o le possibili avventure fiabesche e improbabili a causa della sua attività di magnate, come sarà in
ZP pesca lo skirillione), il lettore può già immaginare tutto questo, fantasticare su una testata con avventure sempre nuove dedicate a questo strano personaggio, e questa testata puntualmente arriverà.