Un'ultima considerazione, dopo le ottime che precedono, la vorrei dedicare al titolo, decisamente evocativo dei concetti che il Maestro voleva veicolare con questa storia: l'uso del sostantivo "pentola" rimanda ad un immaginario di accoglienti tradizioni familiari culinarie, di certo in netto contrasto con l'attuale tendenza alla industrializzazione spinta dei cibi che sempre più propone risi, zuppe, brodi ed altre varietà di cibi precotti e rapidi da preparare, assecondando le trasformazioni sociali che sempre meno tempo concedono al sano spadellare domestico; vero è che oggi è di gran moda il cucinare, ma la prospettiva delle ricette proposte dagli chef pluristellati, veri nuovi divi del presente, non può coincidere con la dimensione delle tradizioni domestiche dei piatti della nonna.
Il tutto risulta ancora più enfatizzato dall'uso dell'aggettivo "genuina", concetto ormai quasi anacronistico in un mondo dove sempre più porzioni di aria, acqua e terra risultano alterate nelle loro caratteristiche naturali, se non proprio inquinate o contaminate; è davvero difficile, oggigiorno, trovare qualcosa di veramente genuino, fatti salvi forse i fortunati che dispongono di un pezzo di terra adibito ad orto o con alberi da frutta; non è dunque un caso il fiorire di agriturismi e coltivazioni biologiche che vanno incontro a questa esigenza di genuinità che per molti è quasi un miraggio. E allora ci si tuffa nella lettura di storie come questa, che quantomeno nell'immaginario restituiscono una dimensione perduta di naturalità e semplicità.