Destino (Destino) 2003
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STORIA DI UN'IDEA[/size]
Nel 1999, mentre gli Studi della Walt Disney Feature Animation stavano lavorando a
Fantasia 2000, rispuntò fuori dagli Archivi Disney un vecchio progetto, ormai dimenticato, risalente a più di cinquant'anni prima. Si trattava degli storyboard di un cortometraggio animato che avrebbe visto la collaborazione del celeberrimo pittore surrealista Salvador Dalì. Dalì, che era solito recarsi molto spesso in America per i più svariati motivi, era noto agli ambienti hollywoodiani fin dagli anni '30 e già a metà degli anni '40 Alfred Hitchcock lo contattò per fargli dirigere e alcune scene a carattere onirico per il suo film
Io ti Salverò. Fu proprio in quel periodo che conobbe Walt Disney che, prontamente, lo invitò agli Studios dove ebbe ben presto inizio una stretta collaborazione artistica. Messosi a lavoro con il talentuoso John Hench, nel giro di qualche mese Dalì abbozzò la storia e i disegni preparatori per il cortometraggio
Destino che, però, non vide mai la luce. Le ragioni della mancata realizzazione non sono mai state chiarite del tutto, c'è chi parla di uno screzio tra Dalì e lo stesso Disney, chi, invece, ed è questa l'ipotesi più probabile, di mancanza di fondi dello Studio, uscito economicamente disastrato dal periodo bellico. Il ritrovamento di questo materiale d'archivio interessò molto il nipote di Walt, Roy Disney, che riprese in mano il progetto, affidandolo alla succursale parigina degli Studios. Fu un lavoro assai arduo, complicato dal fatto che il materiale di Hench e Dalì era stato archiviato alla rinfusa e, quindi, si faticò a trovare un filo logico che potesse collegare quella gran quantità di semplici bozzetti. Il risultato finale, però, ripagò ampiamente gli sforzi, guadagnandosi addirittura una nomination all'Oscar e il possibile inserimento in un ipotetico lungometraggio,
Fantasia 2006, che, nelle idee di Roy, avrebbe dovuto portare avanti quel filone inaugurato da
Fantasia e ripreso da
Fantasia 2000, inserendo al suo interno uno sparuto gruppo di cortometraggi che, nel frattempo, erano stati messi in lavorazione. Alla fine, però, non se ne fece più niente e
Destino, assieme ad altri lavori come
Uno per Uno e
Lorenzo, non venne più distribuito nei cinema. Per qualche tempo si vociferò di un intero volume dei Treasures appositamente dedicatogli, ma si dovette aspettare il 2010 e l'uscita della versione BD di
Fantasia 2000 per poterlo visionare tra i contenuti speciali. E la cosa fu un vero evento qui in Italia, accresciuto da una mostra su Dalì a Roma, dove, tra le altre cose, si poteva visionare lo stesso
Destino, e da una storia dedicatagli su Topolino,
Topolino e il Surreale Viaggio nel Destino, ad opera di Roberto Gagnor e Giorgio Cavazzano.
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INCONTRO TRA DUE MONDI[/size]
Fin qui la storia. Ma il corto in sè per sè com'è? Be',
Destino rappresenta una vera e propria anomalia produttiva all'interno della filmografia disneyana. Non solo per la sue travagliate vicende creative, ma anche, e soprattutto, per la sua natura di connubio tra arte ed animazione.
Destino rappresenta, forse, un passo in avanti di quello che era il percorso creativo inaugurato da quel progetto colossale che era
Fantasia e che, nelle intenzioni di Walt Disney, doveva elevare l'animazione al rango di vera e propria arte. Dopo l'incontro tra musica e disegni animati, si passava a quello con la pittura, non quella definita classica, ma quella delle avanguardie artistiche del Novecento che maggiormente potevano unirsi all'animazione disneyana. Il progetto assumeva, poi, carattere autoriale, visti i nomi, e già la stampa dell'epoca ne aveva intuito l'importanza, pressando Dalì e Disney per ottenere quante più informazioni possibili. Un altro elemento da non sottovalutare è, poi, lo stile dell'opera, molto più vicino ai gusti intellettuali europei che a quelli, forse meno raffinati, d'oltreoceano. D'altronde, non era certo la prima volta che Disney si avvicinava all'arte europea, dato che già per Biancaneve e Pinocchio si era avvalso dei talenti di illustratori e pittori del calibro di Albert Hurter e Gustaf Tenngren. L'idea che dà il progetto Destino, quindi, è quella di una grande occasione mancata che avrebbe permesso all'animazione disneyana di superare i propri limiti e proporre qualcosa di assolutamente nuovo.
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I KNOW NOW THAT YOU ARE MY DESTINO[/size]
L'aspetto che ha maggiormente sorpreso Roy Disney e il suo team alla fine della lavorazione era che il cortometraggio raccontasse una storia ben precisa e a prima vista, infatti, il materiale ritrovato poteva sembrare semplicemente una rielaborazione di opere daliniane, senza alcuna vicenda in mezzo. Naturalmente nulla è esplicito in quella che sarebbe dovuta essere una vera e propria opera d'arte animata che avrebbe dovuto rendere appieno il complesso stile di Dalì, fatto di incubi orrendi, ma anche di splendidi paesaggi onirici. Alcuni elementi, però, sono ben chiari e appaiono come gli unici punti di riferimento in questo caleidoscopio grafico: la storia d'amore fra i due protagonisti e loro caratterizzazioni. Crono, l'uomo, è un essere prigioniero del tempo che, però, ad un certo punto si ribella e riesce a liberarsi della propria simbolica prigione materiale. Dalhia, la donna, è una ballerina e il motore di tutta l'azione. Alla ricerca di sè stessa, si avventura in distese desertiche desolate e, è proprio il caso di dirlo, surreali. E' lei ad evolvere, a cambiare e questo suo mutamento viene simboleggiato dai frequenti cambi d'abito a cui è soggetta, fino a giungere alla sua incarnazione finale. In soldoni, una semplice storia d'amore che vede i due incontrarsi ma non riuscire mai a ricongiungersi, se non nel finale, in cui la loro unione assume, però, un carattere metaforico. Molto probabilmente, si tratta dell'elemento più disneyano, proprio in virtù della sua stessa semplicità, caratteristica narrativa della stragrande maggioranza delle opere dello Studio. Una semplicità complicata, però, proprio dal tocco di Dalì che inserisce una moltitudine di tematiche legate alle sue stesse opere che di semplice hanno ben poco.
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TRA RISPARMIO E SCELTE STILISTICHE[/size]
Ulteriori difficoltà si presentarono al team creativo allorchè si procedette alla fase dell'animazione. Il classico stile Disney non sarebbe stato adatto ad una produzione del genere. C'era bisogno di una resa grafica molto particolare, capace di catturare l'essenza dell'arte di Dalì e fonderla con elementi disneyani. In questo caso, i bozzetti di Hench e Dalì non potevano essere di aiuto proprio perchè semplici schizzi preparatori e, d'altronde, bisognava trovare il modo di riuscire ad individuare un punto di contatto tra l'animazione classica degli anni '40 e quella moderna degli anni 2000. Per superare queste difficoltà, venne scelto come regista l'animatore francese Dominique Monfery che, in virtù del proprio talento non solo nell'animazione, ma anche nel character design e nel disegno in generale, avrebbe potuto supervisionare il progetto in ogni sua fase. Monfery ridisegnò gli storyboard e decise di applicare precise scelte stilistiche nella lavorazione: per prima cosa, sarebbero dovute scomparire le linee di contorno di sfondi e personaggi; la resa pittorica, difatti, è determinata dai semplici colori e questa scelta permise di ottenere un risultato incredibilmente fedele ai dipinti di Dalì; la mancanza di linee, d'altronde, affidando la resa grafica solo ai colori e ai conseguenti giochi di chiaroscuro, donò alle forme una loro volumetricità, al punto che non si avverte alcuno stacco tra le sequenze e gli elementi realizzati a mano e quelli creati al computer. Raggiunto il risultato di dare corpo alle forme, rimanevano, però altri problemi, tra cui la caratterizzazione grafica dei protagonisti. Se per Crono non vi furono molti problemi, per Dahlia le cose erano diverse: nelle sue opere, Dalì non ritraeva donne esteticamente perfette, ma dall'aspetto ordinario. Per rendere al meglio lo spirito daliniano, quindi, la protagonista avrebbe dovuto essere bella, sì, ma non eccessivamente. Difatti, Dahlia è un perfetto compromesso tra queste due posizioni, esteticamente ideale, ma niente affatto irreale o fuori del comune nella sua bellezza. E', inoltre, l'unico personaggio ad avere in sè elementi più vicini allo stile disneyano, che vengono fuori prepotentemente in alcune sequenze, come quella della scalata della spirale, e che riguardano essenzialmente la sua recitazione ed espressività. Non tutte le problematiche grafiche vengono, però, risolte volontariamente, ed ecco che la scelta di animare alcune sequenze in slow-motion sfruttando ampiamente la tecnica della dissolvenza, inizialmente compiuta per motivi economici, si è rivelata un asso nella manica per gli animatori che, dopo aver visionato le prime scene girate in questa maniera, decisero di sfruttarla per buona parte del filmato per rendere maggiormente il senso dell'onirico, centrale in Dalì. La resa finale ha, quindi, del stupefacente, riuscendo a coniugare gli aspetti più disparati dei più diversi stili e tecniche d'animazione, offrendo un risultato a metà strada tra il gusto classico dell'animazione, che dona all'opera quel sapore d'altri tempi, e le moderne tendenze grafiche, che gli donano un aspetto attuale e tirato a nuovo. Un connubio perfettamente riuscito, dunque.
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PICCOLI E GRANDI TOCCHI DI STILE[/size]
Buona parte della particolarissima atmosfera di
Destino si deve, però, a due precisi elementi: gli scenari tratti dall'intera iconografia daliniana e la scelta della colonna sonora. Per quanto riguarda il primo, è da elogiare la grande capacità degli artisti Disney di riproporre le opere di Dalì, non solo inserendole nel corto, ma rendendole parte integrante della storia. E' incredibile come i dipinti siano, alle volte, silenziosi spettatori della vicenda dei due innamorati, altre antagonisti o addirittura aiutanti dei protagonisti. In tutti e tre i casi, però, ciò che maggiormente emerge è la volumetricità di questi elementi che appaiono come solidi, materiali, e la cui presenza può essere, alle volte, pesantemente incombente. E nei momenti più cruciali, l'atmosfera è resa non solo dai personaggi o dalle opere di Dalì, ma anche dalla colonna sonora, scelta in maniera quantomai azzeccata.
Destino è una vecchia canzone messicana, scritta da Armando Dominguez, dal sapore retrò, rassicurante alle volte, quanto straniante in altre. L'incisione qui usata, risalente addirittura al 1945, è stata oggetto di lunghe dispute nel team di Roy, tra chi voleva reinciderla e chi, invece, voleva usare proprio quella versione per ragioni artistiche. Ha avuto la meglio questa posizione e, per sottolineare questo aspetto vintage, è stato aggiunto, in apertura del brano, il suono di una puntina da giradischi. E l'effetto è a dir poco eccezionale.
Destino rappresenta sicuramente il simbolo di un'occasione mancata per gli Studi Disney di portare il proprio lavoro ad un livello superiore, quello della pura arte, a cui già
Fantasia tendeva. Tuttavia, forse, i tempi non erano ancora abbastanza maturi per un progetto del genere. In fondo, lo stesso Classico Disney aveva fatto fiasco solo qualche anno prima e lo stile di Dalì non coincideva perfettamente con quelli del grande pubblico. E forse, siamo sempre nel campo delle ipotesi, ciò che Disney avrebbe guadagno nell'arte l'avrebbe perso nella comunicazione. Ma la storia non si fa con i sè e, alla fin della fiera, ciò che ci rimane è questo piccolo, originale ed unico gioiello animato.