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Topics - Maximilian

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Commenti sulle storie / Topolino e la guerra di Troia
« il: Mercoledì 14 Set 2022, 22:27:30 »
https://inducks.org/story.php?c=I+TL+1561-AP

Pezzin ha dato vita a una vicenda perfettamente equilibrata tra avventura e umorismo.

Essa inizia come una missione di recupero di Zapotec, partito in un viaggio nel tempo e misteriosamente non più tornato. L’ambientazione scelta è senza dubbio interessante, anche poiché si perde nelle nebbie del tempo.
Topolino è affascinato dall’idea di incontrare i personaggi mitici, in particolare Ulisse, con il quale evidentemente sente un’affinità di carattere.
Nel finale avvengono scene d’azione molto ben descritte, in particolare quando i nostri utilizzano il cavallo di Troia nella loro corsa folle per il punto di prelievo della macchina del tempo, approfittando delle ruote montate in precedenza al fine di trasportalo in città.
E personalmente ho percepito una certa tensione drammatica durante la smobilitazione delle schiere troiane, accresciuta probabilmente da un senso di ineluttabilità che avvolge la scena (in quanto noi lettori conosciamo la conclusione di tali eventi). Ciò avrebbe rappresentato anche uno svantaggio per l’autore, poiché, dovendosi attenere a dei fatti già scritti e non modificabili, essi avrebbero potuto risultare non abbastanza naturali. Ma l’abilità sceneggiatoria ha superato anche questo ostacolo.

La vicenda si dipana attraverso svariate trovate comiche, sebbene divertenti tutte dosate senza eccedere. Tra queste va segnalata la parodia dei personaggi mitologici, che mostrano caratteristiche ben differenti da quelle tramandate ai posteri. Il grande Giorgio sembra sottintendere che la verità storica è sensibilmente diversa da come di solito la si racconta.

A tale proposito ho notato un probabile errore: dal momento che la realtà è diversa da come l’ha cantata Omero, come può Zapotec conoscere gli avvenimenti dell’epoca basandosi sull’Iliade? Stando a quanto detto prima, il poema dovrebbe essere inaffidabile. Volendo, si può immaginare che i fatti siano corretti, ma non le motivazioni che hanno spinto i vari personaggi ad agire.
Inoltre, trovo forzato che i greci, mentre aprono le porte della città, spieghino il loro piano tra loro, come se fossero arrivati fin lì senza saperlo. Capisco che bisogna mettere al corrente i lettori, ma non ciò non viene svolto nel modo migliore.
Più grave è l’errore sul finale: la pergamena non può distruggersi perché istantaneamente invecchiata: viaggiare nel tempo significa proprio saltare i secoli che vanno dal momento della partenza a quello del ritorno al presente, dunque per essa non sono trascorsi. Anche perché, seguendo lo stesso ragionamento, pure i personaggi avrebbero dovuto invecchiare di millenni una volta approdati alla nostra epoca.

Ho notato che, mentre il direttore del museo dichiara di voler trovare il tesoro per motivi archeologici e scientifici, Topolino sembra poco convinto: conserva dei dubbi a causa delle prime avventure con il professore?

Infine, ricordo che alla prima lettura pensavo che Neottolemo fosse un’invenzione di Pezzin, invece in seguito ho scoperto che faceva parte della mitologia greca come gli altri che figurano nella vicenda.

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Le altre discussioni / L'espressione "Universo Disney"
« il: Martedì 5 Lug 2022, 15:45:46 »
"Universo Disney" è un'espressione sbagliata, o perlomeno molto vaga. Infatti la Disney, come tutti sanno, non produce solo i nostri fumetti preferiti, ma anche film, serie televisive e chi più ne ha più ne metta, ognuno di cui ambientato in un contesto narrativo diverso e slegato dagli altri. Di conseguenza non esiste un universo disney: ne esiste una moltitudine.
L'espressione è nata evidentemente perchè inizialmente l'azienda si occupava solo di quel mondo dunque l'associazione è nata spontaneamente. Ma non è più così da decenni ormai; sarebbe ora di prenderne atto.

Di conseguenza, propongo di utilizzare una denominazione specifica per quell'universo: bisognerebbe chiamarlo calisotiano; o gottfredson-osborniano. O in qualsiasi altro modo: l'importante non è quale nome si scelga, ma che tale nome esista e lo identifichi univocamente.

Anche perchè sono anche un po' stufo di definirmi un appassionato disney (non avendo altri termini per indicare il concetto) e immancabilmente di sentire in risposta quello che tira fuori questo o quel film, che si può comunque apprezzare, ma che oggettivamente non c'entra nulla con l'ambito narrativo che intendevo io.
Io amo uno spirito e certi personaggi, non un'azienda!

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Commenti sulle storie / Victoria
« il: Sabato 23 Apr 2022, 22:48:42 »
https://inducks.org/story.php?c=I+MM++++8-1

Prima di iniziare a leggere, il nome di Macchetto ai testi mi lasciva perplesso: egli si caratterizza infatti per uno stile dolce e poetico, agli antipodi con serie ambientata ad Anderville. E Turconi alle matite mi dava un’impressione simile.
A lettura ultimata ho dovuto ricredermi, in quanto ho riconosciuto in Victoria un ottimo fumetto; sebbene in generale meno forte di quanto prodotto da Faraci e Artibani, non ne tradisce lo spirito.

Quella dell’organizzazione criminale che mette a nuovo la reputazione dei clienti, trasformando i delinquenti peggiori in persone rispettabili con ruoli istituzionali, è un’ottima idea e con alto tasso di pericolosità. La sede avvolta nella nebbia la ammanta di mistero e suggerisce qualcosa che si muove nel segreto, dimostrando che ci sono altri poteri oltre al trio Lasswell – Milligan – Gump, che l’avevano fatta da padrone per quasi tutte le storie precedenti. Il fatto che i più potenti della metropoli siano loro non implica l’inesistenza di altre forme di malavita potente e autonoma da essi; ciò inoltre fornisce degli antagonisti nuovi che arricchiscono il panorama criminale cittadino.

La narrazione che procede su binari paralleli, uno passato e uno presente, è un classico dell’autore e viene proposto anche qui. In più, la parte ambientata nell’attualità si compone, oltre a quella principale di Topolino, ad altre sequenze, rendendo la sceneggiatura intrecciata e fatta di continue interruzioni e riprese, in un meccanismo oliato.

Non mancano elementi “teneri”, più caratteristicamente macchettiani, come i sogni del protagonista in cui si trova a casa tra gli amici più cari: ben staccano, mostrandoci l’altra anima del personaggio, dalle vicende precedenti in cui emergeva prevalentemente il suo lato più duro.
Ci sono poi diversi particolari agrodolci, come la decisione di Sonny, il quale ha trascinato Topolino in città, di andarsene facendo perdere le sue tracce senza dire nulla al suo vecchio amico (il quale lo scopre solo per concessione dell’Evaporatore).
Ma soprattutto la conclusione è lieta solo apparentemente.

L’antagonista principale viene battuto e riceve una punizione, ma l’organizzazione criminale resta operativa. Anziché una sconfitta totale, come spesso accade nella narrativa, essa subisce meno ingenuamente un cambio al vertice soltanto. E il nuovo capo sembra più aggressivo e determinato del precedente.
Come se non bastasse la sequenza rivela le vere intenzioni di William Trenco, il quale fino a quel momento era presentato tra i buoni e con l’unica intenzione di riscattare il padre.

La pioggia di soldi cela un retrogusto cinico ancora più sottile.
Non viene chiarito se il vecchio imprenditore abbia commesso reati o se fossero solo voci malevole sul suo conto e nemmeno se abbia davvero sfruttato i lavori o fosse soltanto Joshua un tizio capace solo di lamentarsi, ma ipotizziamo per un attimo di sì. Per compensare tutto ciò, la città viene irrorata di un milione di dollari, ma questo gesto non è equo per vari motivi:
-   sono passati 30 anni: per coloro che li hanno vissuti nell’indigenza per colpa di Trenco, quei decenni di vita non saranno mai restituiti
-   per uno che si aggiudica gli appalti pubblici corrompendo, la cifra che viene “regalata” alla popolazione è un’inezia
-   anche ammettendo che Trenco si sia impadronito illecitamente di solo un milione, dopo così tanto tempo (vedi il primo punto) gli interessi hanno raggiunto una notevole onerosità, ma quelli non vengono conteggiati
In conclusione, agli abitanti di Anderville è stato concesso un contentino (senza contare che il denaro andrebbe consegnato ai legittimi proprietari o i loro eredi anziché sparso a caso). Invece la popolazione reagisce quasi considerando il costruttore un eroe nazionale.
Tutta la scena mostra come sia facile comprare il consenso della gente, dopo aver commesso attività delinquenziali. Farei un parallelismo con Batman (il film del 1989) in cui i Gothamiti si radunano a raccogliere le banconote lanciate dal Joker, acclamandolo e dimenticando nel contempo i suoi omicidi passati.

Il ritorcersi contro Topolino dell’inseguimento di un borseggiatore, era già stato usato da Walsh (e anche in meno spazio e più efficacemente, a mio avviso).

Un elemento della trama mi ha perplimuto*:
Spoiler: mostra
Perché l’Evaporatore incarica Topolino di trovare lo scomparso scrittore di passati, dal momento che dimostra di sapere dove trovarlo? (Infatti lo aspettava alla casa paterna prima ancora che l’investigatore vi arrivasse.
Suppongo che lo abbia scoperto dopo avere contattato il protagonista, sebbene non venga detto esplicitamente.

* Esiste, cosa credevate?

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Commenti sulle storie / Topolino & Pippo in: I predatori del tempio perduto
« il: Giovedì 10 Mar 2022, 22:42:18 »
https://inducks.org/story.php?c=I+TL+1724-A

Quando mi è capitato fra le mani, mi sono approcciato a questo fumetto con curiosità ma con aspettative limitate. Avevo timore che il personaggio ivi introdotto fosse ancora acerbo e lontano dalla caratterizzazione successiva.
Invece mi sono ricreduto: sebbene manchino aspetti come la Gippippa e altre sfumature, buona parte della sua personalità era già lì (la voglia di avventura, il rifiuto delle comodità, la passione per i misteri archeologici, l’ostinazione a scegliere la via più difficile, la mania di essere seguito dal rivale, persino le Negritas), insieme alla sua vitalità, alla sua forza ed al suo umorismo che me l’hanno fatto apprezzare fin da subito.

La presentazione del nuovo arrivato è indicativa: Pippo racconta che non ne ha notizie da ragazzo, quando stavano giocando a nascondino… e Indiana si era celato così bene che da allora non lo ha più rivisto!
Buona parte della storia gioca sulle caratteristiche dell’archeologo e delle reazioni (stupite, ma che già in questa occasione, nel finale, tendono all’esasperazione) degli altri due protagonisti.
“Che svitato! Chissà da chi ha preso.” (Pippo)

C’è anche spazio per una ricerca avventurosa, sebbene molto lineare, la quale presenta una peculiarità: il tempio del titolo non è un edificio, bensì un oggetto, in quanto in miniatura.
Interviene anche Kranz, il quale per turlupinare l’ingenuo cugino si finge un collega di Indiana sulle tracce della casa di Hansel e Gretel. Non fosse già divertente così, l’antagonista rincara la dose: “Dobbiamo sbrigarci, prima che arrivi il dottor Kranz e si mangi tutto il torrone”.
Nella suddetta scena però c’è una forzatura: prima Indiana aveva affermato che il suo avversario era un mago dei travestimenti, mentre qui adotta un camuffamento riconoscibile a dire poco. Fra l’altro nemmeno aveva bisogno di alterare il proprio aspetto, dal momento che Pippo non lo conosceva.

Ma a parte ciò risulta globalmente una storia divertente, con un buon utilizzo di tutti i personaggi, i quali mandano avanti la trama per mezzo delle loro riuscite interazioni senza far pesare l’eccessiva semplicità della stessa.

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Commenti sulle storie / Topolino e la corsa contro il tempo
« il: Venerdì 7 Gen 2022, 15:44:51 »
https://inducks.org/story.php?c=I+TL+2526-6

Il fumetto in questione si distingue innanzitutto per l’originalità all’interno del filone della macchina del tempo: questa volta non si viaggi per indagare su un mistero ma per recuperare Zapotec, finito accidentalmente nel passato.
In tale occasione infatti, essendo la macchina in manutenzione non vale la regola delle 12 ore ma si ritorna indietro con uno speciale telecomando.

La prima cosa da fare una volta nell’antichità è trovare il professore: scoperto che si trova in galera dopo essere atterrato su una statua, per andare da lui Topolino e Pippo non trovano di meglio da fare che sedersi sul monumento e aspettare tranquillamente l’arrivo delle guardie (mentre un testimone esclama “Ma è un’epidemia!”)
I soldati inizialmente non li arresterebbero, perciò Topolino ricorre al “piano di riserva”, insultando il centurione che, arrabbiatissimo, cambia subito idea.

Zapotec viene ritrovato, ma la situazione si complica: i protagonisti hanno scoperto di aver smarrito la pila del telecomando, il quale quindi non funziona, e devono ripercorrere la strada fatta (per cominciare, evadendo) per recuperarla. Dopo un tentativo da parte di Pippo di cambiare dollari in sesterzi, i nostri fanno irruzione nel teatro, dove si tiene una rappresentazione del commediografo Flauto. All’epoca della prima lettura non sapevo nulla di Plauto di conseguenza non ho colto la citazione, ma ora riconosco che si tratta di un nome parodiato simpatico e riuscito.
Ricordo che quando sono arrivato al punto in cui i personaggi salgono sul palco senza pensarci due volte ho pensato “Ma non potevano aspettare la fine della recita? Così la rovinano”. Se fosse accaduto nella realtà questo atteggiamento mi avrebbe infastidito, tuttavia ora comprendo che la situazione in cui si erano ficcati i nostri eroi lo giustificava.
La scena dà luogo a un elemento sovrautilizzato nelle storie disney (per fortuna ci si sofferma poco): il pubblico giudica quello che in realtà è un intoppo una geniale e rivoluzionaria idea dell’autore, suscitando un grande successo. Ciò comunque rende possibile la divertente vignetta in cui i soldati restano a ricevere gli applausi degli spettatori mentre il solito centurione li richiama al dovere.

La storia si conclude né con una vittoria né con una sconfitta ma con una sorta di stallo, in cui i protagonisti sono bloccati per 12 ore (qui reintrodotte), regola che inizialmente non avevo capito, anche perché viene citata molto brevemente, trattata come qualcosa di noto per i lettori.

In definitiva si tratta di un esempio di una buona storia con diverse idee, ben narrata (nonché ben disegnata), seppur occupando un numero limitato di pagine.

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Le altre discussioni / E' più facile spaventare i bambini o gli adulti?
« il: Mercoledì 5 Gen 2022, 20:13:43 »
Conversando sul politicamente corretto, è emerso più volte che non vengono permesse storie particolarmente forti in quanto il settimanale è indirizzato principalmente ai bambini.
Analogamente, diversi film sono vietati ai minori di una certa età.

Queste considerazioni si basano logicamente sul presupposto che i pargoli sono più impressionabili degli adulti. Anche io l’ho sempre dato per scontato, eppure da tempo mi è venuto il dubbio che sia veritiero.

Vi cito due esempi. Quando ho letto da infante Topolino e l’isola dei giganti ovvero: i superstiti del continente perduto, l’unica impressione lasciatami è stata di confusione (non avevo capito quasi niente). L’ho rivalutata parecchio nel corso del tempo; in particolare l’ho riletta pochi anni fa e l’ho trovata molto più inquietante di come la ricordavo, addirittura al livello delle più ansiogene avventure di De Tops. Un’opera che da ottenne non mi aveva per nulla turbato ha avuto un effetto ben diverso da ultraventenne.

Ultimamente mi è tornata in mente inoltre a Topolino e il mistero del corvo, che, a ripensarci, è davvero disturbante per tutte le riflessioni che mi ha indotto a fare (ne ho parlato diffusamente nella discussione relativa). Se l’avessi conosciuta da bambino secondo me non mi avrebbe spaventato (o comunque molto meno) poiché non mi avrebbe indotto a pensare tutto quello che invece mi ha fatto sovvenire in età più matura.

Per rispondere alla domanda del titolo, a mio avviso certi elementi inquietano maggiormente i pargoli, tuttavia altri sono talmente sottili che da essi non vengono colti mentre riescono a toccare le corde degli adulti.

Cosa ne pensate, estendendo eventualmente l’argomento oltre il fumetto?

22
Commenti sulle storie / Topolino e Orazio nel castello incantato
« il: Mercoledì 10 Nov 2021, 20:50:41 »

https://inducks.org/story.php?c=YM+015

Il presente fumetto attua un riuscito miscuglio di fantascienza e gotico, generi introdotti nel mondo disney per l’occasione.
Viene ricreato un ambiente oscuro e affascinante, con trappole e misteriosi congegni, il quale sa regalare sprazzi di inquietudine.

L’aspetto migliore è costituito dagli antagonisti, tra i più memorabili di Gottfredson, in grado di commettere efferatezze con malcelato compiacimento e genuinamente eccitati all’idea del potere e dello sterminio che potranno compiere una volta raggiuntolo.
Talvolta ci si lamenta dei cattivi infantili che ridono da soli: anche questi lo fanno, ma rimanendo credibili. Tale atteggiamento contribuisce a caratterizzarli come pericolosi squilibrati mentali, accentuandone la minaccia anziché limitarla.
Il fatto che temano un collega ancora più spaventoso ne riduce inoltre li allontana dallo stereotipo degli assoluti signori del male.

Gli scienziati seguono i nostri eroi passo passo, instillando loro la paura e godendo del dominio che assumono sui protagonisti. Riescono a produrre voci apparentemente senza fonte, dalle armature e dalle sculture, e vedono tutto grazie ad un avveniristico congegno che anticipa la televisione.
Tutto ciò contribuisce a denunciarne l’elevata competenza tecnologica e a dare la sensazione che nulla di quanto si trovi nel castello sfugga al loro controllo.

Peccato che, a causa dell’ipnosi, il personaggio di Orazio incida poco; per fortuna, la presenza dei professori compensa abbondantemente.

La prima volta che ho assaporato questa storia, non mi tornava il punto in cui Acca e Kappa decidevano di disipnotizzare Orazio. Mi sembrava una mossa molto poco giustificata per permettere che quest’ultimo rivelasse quanto appreso a Topolino, cosicchè prendesse opportune contromisure.
Inizialmente ho pensato che la colpa risiedesse nella traduzione non sufficientemente esplicativa, invece poi leggendola in inglese ho scoperto che il passaggio era uguale anche nell’originale.
Si tratta di un peccato perché rende uno snodo fondamentale poco convincente, pur all’interno di un’opera che in ogni caso resta di ottima fattura.

Un altro punto a sfavore consiste nell’eccessiva preoccupazione di Clarabella, che non vede Topolino e Orazio da poche ore (ricordiamoci che la vicenda si svolge in una notte sola). E quando va dalla polizia quest’ultima comincia subito le ricerche.
Se non altro, tale sequenza ha il merito di mostrarci una Clarabella insolitamente agguerrita.

La conclusione, sebbene ottimista al 100%, non crea fastidio.

23
Sfide e richieste di aiuto / Foto di autori
« il: Domenica 31 Ott 2021, 19:27:57 »
Chi sono costoro (a parte i premiati)?

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Commenti sulle storie / Topolino politicante
« il: Domenica 3 Ott 2021, 21:35:14 »

https://inducks.org/story.php?c=YM+078

Topolino si candida consigliere comunale per evitare che lo diventi un mafioso.
Pur trattandosi di uno spunto interessante già di per sé, il bello della presente storia è il modo spumeggiante in cui esso viene sviluppato.

I segnali di stile si avvertono già dalla divertente prima striscia, dove si gioca sul contrasto tra serietà e giocosità del protagonista.
Nella seconda invece, che corrisponde ad una delle cose più esaltanti che abbia mai letto, si tratta il conflitto tra altri tratti della sua personalità, ovvero tra la voglia di azione e di tranquillità domestica (risolvendosi in maniera dirompente a favore della prima). Si nota che lo sgherro, mandato con l’intento di dissuadere Topolino dal candidarsi, ottiene l’effetto esattamente opposto.
Le tre vignette centrali costituiscono un crescendo in tal senso: il protagonista passa da una certa indifferenza all’argomento all’insofferenza verso l’interlocutore per terminare in un atteggiamento manifestamente ostile. La sequenza è scandita dalla ripetizione della stessa parola la quale aumenta d’intensità via via e mi sembra di udire distintamente con le mie orecchie.
L’ultima vignetta raffigura la disastrosa conseguenza di quanto sopra, dove Topolino trionfa pur avendole prese: si rappresenta adeguatamente un carattere combattivo ma non invincibile.

Il neo-candidato affronta le persone che incontra con diffidenza e ironia (nel secondo caso, attingendo ad una storia di poco precedente) ed entra in contatto con l’onnipresente campagna elettorale avversaria.
Successivamente arriva al cospetto del nemico, davanti al quale sfoggia il proprio spirito indomito. E anche quando questi vuole sbarazzarsene, tenta il tutto per tutto prima imprigionandolo con se stesso e dopo, una volta tutti nella stessa situazione, a indurlo a liberarsi (e Topolino con lui).

La conclusione è una delle più strane che ricordi, in cui non si assiste né ad una vittoria né ad una sconfitta, bensì ad un pareggio, per così dire.

Si imputa all’opera il difetto di una mancata vendetta dell’antagonista verso il politicante del titolo che lo ha sfidato, mettendone in dubbio l’autorità. Però si potrebbe controbattere che magari un tentativo del genere ha avuto luogo, solo che noi non lo sappiamo perché avvenuto fuori dalle vignette, poiché non era ciò quello di cui il fumetto voleva parlare.
Soprattutto, bisogna ricordare che alla fine l’intrallazzatore si trova a piede libero senza scontare alcuna pena per i suoi crimini come minacce, tentata corruzione e sequestro di persona.

Si della tratta della migliore storia del 1946 e non solo; inoltre è una di quelle che contribuiscono a creare il mito di Topolino. Anzi, mi chiedo se basti questa a renderlo il migliore personaggio di sempre.
Con la presente Walsh dimostra la possibilità di trattare argomenti oltremodo seri in maniera leggerissima e spensierata.
Ogni volta che ripenso ad essa mi torna il buonumore.

Chiudo con una curiosità: Orazio, relegato da anni a ruoli marginalissimi, assume il ruolo di motore dell’azione.

25
Commenti sulle storie / Indiana Pipps e la grotta degli specchi
« il: Domenica 22 Ago 2021, 21:44:40 »
https://inducks.org/story.php?c=I+TL+2065-1

La presente si configura come una delle migliori storie di Sarda nonché del suo personaggio.

Essa si divide in due tempi, a cui corrispondono due parti narrativamente e stilisticamente diverse.
La prima puntata è quella più avventurosa, in cui si prende spunto da un antefatto poco utilizzato: gli ultimi anni di Stevenson vissuti in Polinesia. Quest’ultima diviene il teatro di una delle caccie al tesoro tipiche del soggettista, non memorabile ma comunque narrata bene e con un buon affiatamento dei tre protagonisti.
La vicenda si fa più interessante una volta pervenuto l’oggetto della ricerca: la grotta del titolo in cui sono racchiuse le componenti malvagie degli uomini. E qui, ancora prima della fine del primo episodio, avviene lo spartiacque tra i due blocchi di cui il fumetto si compone: senza che Indiana se ne avveda, Topolino e Minni rimangono intrappolati nello specchio mentre i doppioni negativi ne escono, fingendosi gli originali. A questo punto i tre tornano a casa ma la faccenda si presenta ulteriormente complicata: infatti l’archeologo era entrato nella caverna da solo e ne era riemerso poco dopo, lasciando il dubbio il dubbio nel lettore che abbia seguito la sorte degli amici e sia stato sostituito dal suo speculare.

A questo punto la storia abbandona l’avventura per trasformarsi in thriller. Il punto di vista si sposta sugli alter ego di Topolino e Minni (il primo dei quali si dedica ad un’ascesa nel crimine e comincia ad assoggettare e incutere timore nella malavita urbana), lasciando che il lettore si chieda se Indiana sia quello vero. Infatti dal ritorno a casa l’esploratore comincia a comportarsi in modo diverso dal solito, fornendo indizi sia per l’una che per l’altra ipotesi (in ciò si inserisce la scena più inquietante dell’opera, in cui l’esploratore con sguardo sinistro estrae un coltello).
Da tale quesito discendono inoltre nuove preoccupazioni: nel caso sia quello cattivo, difficilmente non conosce la vera identità degli altri due perciò quasi sicuramente tenterà di sbarazzarsene. Nel caso sia quello buono, invece, da cosa è causato il suo strano comportamento? In ogni caso sembra che trami qualcosa.
In tale situazione, in cui nessuno comunque è stupido, ciascuno può arrivare a sospettare dell’altro, ma poiché si ha che fare probabilmente con un potenziali assassini, per sapere la verità è necessario indagare con molta circospezione, fingendosi il personaggio originale e, per non allertare l’avversario, meglio ancora vivere tranquillamente non mostrando di nutrire sospetti.

La trama risolve questo gioco delicato in modo ingegnoso e convincente, seppure non eccessivamente complicato. Durante la conclusione hanno luogo spiegazioni da parte più personaggi, per nulla appesantenti la narrazione, nelle quali, accanto ad alcuni elementi intuibili già in precedenza ve ne sono altri per nulla prevedibili.

Ho però una recriminazione da fare, sulla natura delle perfide copie. Sarebbe stato molto più interessante (idea che mi ero fatto da come esse vengono descritte inizialmente) che racchiudessero i difetti, magari amplificati, della persona di riferimento. Invece questi sono dei semplici sosia, ma malvagi.
In altre parole, avrei voluto che fossero legati agli originali per la psicologia, oltre che per l’aspetto.

PS: viene detto che Stevenson ha utilizzato il tema della doppiezza dell’animo umano più volte. A quali opere si riferisce, oltre a Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde?

26
Commenti sulle storie / Topolino e il blitz beffardo
« il: Domenica 18 Lug 2021, 22:01:03 »
https://inducks.org/story.php?c=I+TL+1063-A

Gambadilegno diviene dittatore di un paese in seguito ad un colpo di stato e Topolino si unisce ai ribelli per rovesciarlo.
Questo argomento (ispirato evidentemente alla stupenda Topolino buffone dl re) poteva essere sviluppato in molti modi diversi e ne viene scelto molto particolare ma portato avanti coerentemente, sebbene presenti evidenti punti deboli. Chi si aspetta una storia piena di azione, spionaggio e politica resterà deluso, poiché il fumetto si concentra su altro; per certi versi però questo è un bene in quanto sceglie una soluzione più originale.

Il piano che viene architettato per ridurre il consenso del tiranno consiste in niente meno di questo: far sì che la gente lo trovi ridicolo in modo da allentare il terrore su cui si regge il potere del despota. Il ragionamento nella sua semplicità ha perfettamente senso. E da qui parte il succo della vicenda: dispetti a non finire a Pietro, il quale si trova sempre più deriso e sempre meno temuto dal popolo (anche se bisogna ammettere che pure nell’avventura walshana i ribelli compivano diverse azioni di disturbo al fine di farsi sentire piuttosto che con un’utilità pratica).
Siegel capisce bene la natura del personaggio, adatto sia a incutere paura sia a fare ridere e appunto sull’imposizione pubblica di una o dell’altra si gioca il conflitto del fumetto. Topolino, dal canto suo, probabilmente non aspettava altro che divertirsi alle spalle del rivale. La cosa non viene esplicitata troppo, ma già il fatto che l’idea di attuare un’opposizione del genere sia stata proposta da lui è indicativo in tal senso.

Focalizzarsi su questa tematica però costituisce anche il principale difetto della trama: infatti tutto il resto viene trascurato. Nulla ci viene detto su come viva il popolo assoggettato da Pietro, così come l’organizzazione e la diffusione del gruppo sovversivo restano inesplicate, tanto che il protagonista ne sembra l’unico membro attivo. All’inizio il dittatore conquista il potere perché ha l’esercito dalla sua parte, poi alcuni soldati si rivelano invece agenti sovversivi; prima Topolino viene contattato per unirsi a loro, più tardi una spia che ha origliato informazioni importanti pensa di dovere avvertire proprio lui, come se fosse il capo.
Ma soprattutto, verso la fine i sudditi insorgono senza che venga spiegato minimamente come tale sommossa sia nata. Certamente, è stata resa possibile dal fatto che ora non temono Gambadilegno, ma da questo alla rivolta il passo non è automatico.

Non pretendo che una storia svisceri dettagliatamente questi aspetti, ma sicuramente così risulta essere troppo lacunosa. Alcune tematiche avrebbe potuto essere se non spiegate almeno parzialmente accennate, in modo che il lettore senta che esistono, pur non conoscendole in maniera approfondita. Per soddisfare queste richieste però la vicenda avrebbe dovuto beneficiare di un numero di pagine doppio.

Infine, un ultimo aspetto mi lascia perplesso: per riguadagnare il timore dei sudditi l’antagonista decide di prendere una decisione esemplare, ossia rinchiudere il vecchio re nelle segrete. Ma allora prima dov’era? Mi pare difficile che sia stato semplicemente confinato nel suo palazzo. Secondo me Pietro originariamente si proponeva di ucciderlo ma poi è intervenuta la censura.

Tuttavia, malgrado le innegabili mancanze, il mio giudizio nel complesso resta positivo. Infatti, pur con dei dettagli poco indagati, l’ossatura della storia regge.

27
Le altre discussioni / I più grandi nemici di Topolino
« il: Mercoledì 16 Giu 2021, 22:00:41 »
Nell’interrogarmi su chi rientra nella definizione del titolo della discussione, non ho considerato i personaggi per le loro caratteristiche intrinseche ma per le sfide (fisiche, psicologiche, etiche) che pongono al nostro eroe. Ho quindi ignorato quale fossero i più simpatici, complessi o affascinanti concentrandomi invece sui sentimenti che suscitano in Topolino e sul grado di avversione che quest’ultimo prova verso di essi.
Avverto solo che sapere chi occupa il quarto posto è una rivelazione abbastanza pesante, per chi non si è gustato una certa stroria walshana (anche conoscerne il titolo può esserlo) perciò lo metto sotto spoiler: leggete a vostro rischio.

Gambadilegno: colui che Topolino fronteggia in campo e situazione e sembra avere le mani in pasta dappertutto. Ma soprattutto suscita nell’acerrimo nemico un odio così forte da averlo voluto (più volte) vedere morto.
E davanti a Pietro ha tremato come non l’ho mai visto fare in nessun’altra occasione. Topolino lo teme in realtà, ma poiché lo disprezza non vuole dargli la soddisfazione di saperlo e assume atteggiamenti combattivi per celare il proprio timore.

I nazisti: qui cito un avversario collettivo perché non esiste un singolo individuo che lo rappresenti nella sua totalità. Ma è l’antagonista che il nostro eroe detesta in modo estremo e manifesto e che combatte con più ardore. Inoltre, anche esso accende nello spontaneo per antonomasia sentimenti omicidi.

Miklos: mentre questa lista è popolata soprattutto da nemici universali, qui ne nomino uno di invece intrinsecamente legato a Topolino, che difficilmente potrà essere usato in una storia in assenza del secondo. Si tratta di colui che pone al protagonista le più grandi sfide sul piano psicologico, tanto da metterne in crisi l’identità e la sanità mentale. In più è capace di rendergli i suoi cari ostili, isolandolo nella lotta contro di lui.
Diversamente dai primi due (e molti altri) Miklos rappresenta un enigma. Infatti gli altri avversari hanno obiettivi, per quanto esecrabili, perfettamente comprensibili (da Gambadilegno ormai, conoscendolo bene, sa già più o meno cosa aspettarsi); quelli del sosia malvagio sfuggono e ciò lo rende imprevedibile, oltre che capace potenzialmente di tutto.

Come vedete, per questi non ho affibbiato un numero corrispondente ad un posto in classifica, poiché li trovo ugualmente le nemesi massime, nessuno dei quali supera veramente gli altri. Da qui in avanti comincio con la graduatoria.

4 – Drusilla: l’altra in grado di far dubitare Topolino di sé stesso, sebbene non al livello del personaggio precedente, nonché di inquietarlo e turbarlo profondamente.
Ma mentre per gli altri avversari il protagonista prova ostilità, per questa no e di conseguenza rappresenta il pericolo che arriva dove egli non si aspetta e dove è più vulnerabile.
Ella resta avvolta nel mistero, cosicchè (come il lettore) l’investigatore/avventuriero può solo immaginare di quali risorse disponeva che non sono state citate; allo stesso modo non si conosceranno mai le intenzioni che aveva per lui stesso.

5 - Spia poeta: costui si presenta come una grande sfida, non solo per i potenti mezzi di cui dispone, ma anche nel combattimento corpo a corpo, nel quale è il più difficile da battere.
Incute soggezione solo con la sua presenza: Topolino deve dare fondo a tutte le sue risorse per affrontarlo, mentre al suo cospetto egli trema vistosamente e viene meno ai propri ideali. E quando l’agente segreto viene vinto, lo spumeggiante prova innanzitutto sollievo, senza mostrare di voler fare qualcosa per salvarlo da una possibile dipartita.
Anche la spia inoltre sfugge alla completa comprensione da parte degli altri.

6 - Dottor Grut: può considerarsi per certi versi un opposto del nostro eroe; mentre quest’ultimo fa dell’adattabilità e della concretizzazione delle idee nella pratica la sua filosofia, il primo rappresenta l’astrattezza ideologica per la quale è disposto a sacrificare tutto.
Lo scienziato riesce ad incutere paura in Topolino e a tenerlo in suo potere; lui d’altro canto lo detesta abbastanza da non volerci avere a che fare e a manifestare l’intenzione di fargli veramente del male (se non eliminarlo addirittura).

7 - Il trio Lasswell – Gump – Milligan: ad Anderville comandano loro e il protagonista è costretto a giocare in territorio nemico, dove essi dettano le regole. Non è possibile combatterli senza sporcarsi le mani.
Inoltre il topolinese (ma nemmeno altri, in realtà) non è mai riuscito davvero a sconfiggerli, ma solo a riportare vittorie parziali, da cui i tre sono stati intaccati minimamente.

8 - Macchia Nera: anche quando non si manifesta fisicamente, la sua presenza aleggia in maniera palpabile. Appare e scompare senza preavviso, tanto da non essere mai certi se si è al sicuro da lui.
E’ il personaggio che più di tutti mette a prova l’astuzia del nostro eroe, senza dimenticare che è stato il primo a fargli provare timore e trasgredire alle regole, pur di combatterlo.

9 - La società nel suo complesso: un altro antagonista collettivo con cui però, a differenza di chi sta al settimo posto, Topolino convive quotidianamente. Come e più del suddetto, non può essere mai veramente battuto.
Ma possiede una caratteristica che la contraddistingue dagli altri presenti di questa lista: mentre tutti sono indubbiamente e categoricamente malvagi, tale entità contiene al suo interno elementi giusti e ingiusti, difficilmente scindibili e perciò tanto difficile da affrontare.
E scoprire di avere questo nemico è stata per Topolino una delle più amare esperienze della sua vita.

10 – Doppioscherzo: è riuscito a prendere il posto del rivale nella stima dei concittadini e a fargli provare invidia nei propri confronti. Non serve aggiungere altro.

Ovviamente ognuno di voi può esprimere pareri contraddicenti quanto ho scritto o creare una propria lista diversa dalla mia. Vi chiedo solo, nel caso lo facciate, di argomentare un minimo le vostre scelte e di evitare quindi interventi del tipo “Per me i più pericolosi sono X e Y” “Per me invece sono W e Z”.

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Commenti sulle storie / Pippo in: 3x2
« il: Mercoledì 9 Giu 2021, 21:53:42 »
https://inducks.org/story.php?c=I+TL+2297-4

Anche da un tema semplicissimo nella sua quotidianità come la spesa si può ottenere qualcosa di notevole.
Tramite la sua personalissima logica, Pippo declina le pratiche più usuali in modo originale; ciò lo porta continuamente a confronto con il malcapitato commesso, rappresentante il senso comune. Tutta l’opera si compone unicamente dei divertenti dialoghi tra i due personaggi, i quali passano in rassegna diversi prodotti tipici acquistabili in un supermercato (con l’aggiunta delle piattaforme petrolifere).
L’umore del commesso, che in principio si comporta come si conviene con i clienti, viene messo a dura prova: diventa sarcastico in un secondo momento, per poi passare all’esasperazione.

Il colpo di scena finale sembra far rileggere tutta la situazione in una nuova ottica, tuttavia nell’ultima vignetta si ripristina l’interpretazione iniziale.

Una volta tanto, ho trovato azzeccati i disegni di Ziche.

29
Commenti sulle storie / Pippo e il giallo a premi
« il: Mercoledì 5 Mag 2021, 19:07:37 »
https://inducks.org/story.php?c=I+TL+1947-C

Si tratta della vicenda che inaugura il filone dei romanzi di Pippo: malgrado il tema nuovo, essa non risulta per nulla acerba ma fresca e ispirata.
Il protagonista narra un giallo astruso e scombiccherato, senza una vera trama ma dalle trovate divertenti e che aumentano mano a mano la confusione del racconto. La conclusione non soltanto evita di fare chiarezza ma introduce nuovi elementi, mentre l’investigatore risolve i misteri usando la sua logica, che solo in un’opera del genere può funzionare.
Il premio che viene conferito infine all’esordiente scrittore è certamente meritatissimo.

Le battute migliori corrispondono a mio avviso a quelle in cui Pippo spiega che Topolino sa le cose mentre il primo deve dedurle perché è un detective, ma si segnalano anche il maggiordomo che origlia, le frasi senza senso che vengono interpretate come parole d’ordine e l’affollamento dei colpevoli nel finale.
Non dimentichiamo inoltre le seguenti battute:

- Indovina come ho dedotto che era il maggiordomo.
- Come?
- Dal fatto che non era la contessa.

- Ma dovevi proprio farmi cadere dalle scale?
- D’accordo. Cadrai dal cornicione.

- Noi siamo innocenti.
- Non è vero! Avete parcheggiato in divieto di sosta.

30


Azione, inquietudine, mistero, umorismo, epicità. Tutto ciò viene sapientemente amalgamato dando vita ad un fumetto straordinario.

Dopo mesi in la sua minaccia si era profilata all’orizzonte ed era stata frequentemente citata (ma vista da lontano), esordisce uno dei più grandi nemici di Topolino, qui incarnato da un personaggio piuttosto sinistro. La sua entrata in scena mi ha procurato un delizioso spavento e successivamente mantiene un minaccioso sguardo da invasato che fa pensare che ha aderito a quell’organizzazione non per convenienza, costrizione o altro, ma per reale condivisione ideologica.

Topolino, sprezzante, chiede: “Dove ci porti, Adolph?” e dopo deve barcamenarsi per governare il natante, muovendo le leve con i denti, da una parte evitando i colpi dell’esercito e dall’altro mantenendo la calma nonostante una Minni agitatissima, divertente ma che comunque si rende utile, sebbene a modo suo.

La trama si caratterizza come semplice ma fantasiosa, mentre nel finale si denota per l’ilarità dell’essere finiti, manovrando quasi a caso, proprio nell’ufficio di Basettoni.
Dal punto di vista linguistico, in cui l’autore debuttante lascia già il segno delle coloriture espressive che si avranno a venire, si ricordano battute come. “Ach, Himmel! Vot a beautiful mornink!”

Si tratta della prima storia del futuro maestro dell’inspiegabile ed è già superiore a quasi tutte a quelle che l’hanno preceduta. Non credo nessuno, in qualsivoglia ambito, abbia mai raggiunto all’esordio un risultato di così alta qualità.

La vicenda conquista diversa primati: prima di Walsh, prima con i nazisti, miglior breve di sempre, quella che vede nascere il sodalizio per eccellenza (e prima dell’età dell’oro, di già che ci siamo); tuttavia ciò che la rende grandiosa è, al di là di tutto, la sua intrinseca e autentica bellezza.

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