Le interviste del Papersera – Silvio Camboni

22 LUG 2005

Ancora una collaborazione con il sito “Lustigen Taschenbuch” e ancora per merito di Armando Botto, autore dell’intervista, stavolta facciamo la conoscenza di uno degli autori della nuova generazione, anzi, dei “nuovi classici” come lui stesso si è definito, già molto conosciuto ed apprezzato: Silvio Camboni.

Autocaricatura dell’autore.

LTB: Quali sono state le sue prime esperienze coi fumetti Disney, e come è riuscito a diventare uno degli esponenti della grande scuola Disney italiana?
SC: Mi ero trasferito a Milano per motivi di studio e, come moltissimi giovani appassionati di fumetti, facevo il giro delle case editrici per cercare un lavoro. Così capitai alla Epierre di Gianni Bono, che mi propose di fare delle prove con i personaggi disneyani. Io accettai, naturalmente, e nel corso di quell’anno incontrai prima il grande sceneggiatore Carlo Chendi, poi successivamente il compianto maestro Giovan Battista Carpi che proprio in quel momento dava il via alla nascitura Scuola Disney, e così iniziò l’avventura.

LTB: Leggeva fumetti da bambino? All’epoca, preferiva i fumetti Disney?
SC: Dire che li leggevo non è esaustivo: li divoravo! Naturalmente, Topolino era in cima alle mie preferenze, facevo la collezione… ma adoravo anche altri fumetti, come Asterix o Lucky Luke, solo per citarne alcuni.

LTB: Oggi – se le nostre informazioni sono corrette – lei non produce soltanto fumetti Disney. Le risulta facile disegnare personaggi Disney e, al tempo stesso, fumetti come “Bone”? E’ importante per lei diversificare le sue esperienze?
SC: L’esperienza di Bone, in realtà, è stata abbastanza fine a sé stessa, e non mi ha procurato particolari difficoltà. Diverso è il discorso se parliamo delle mie collaborazioni con il fumetto franco-belga, la produzione che faccio per gli Humanoides Associés e quella che sta per partire con la Dupuis: si tratta di stili di disegno piuttosto differenti da quello Disney, che comportano continui adattamenti da parte mia, e quindi una certa difficoltà. Ma credo che, alla fine, tutto ciò mi faccia crescere come autore; penso quindi che tutti ci guadagnino qualcosa: la Disney, gli altri editori, i lettori e me stesso.

LTB: Il grande Romano Scarpa ci ha lasciati lo scorso 23 aprile – un triste giorno per il fumetto Disney. Molti fumettisti (italiani) hanno dichiarato la loro ammirazione per l’opera di Scarpa. Concorda con loro? Quali sono i suoi “idoli”, posto che ne abbia?
SC: Scarpa è stato veramente un grandissimo, ed è perfino scontato dirlo. Le sue storie hanno contribuito in maniera determinante al successo Disney nel mondo, alla mia personale storia disneyana, all’evoluzione che tutto il movimento ha avuto. Devo dire che ho sempre particolarmente apprezzato la grandezza dell’opera di Scarpa, soprattutto per quanto riguarda il “respiro” che riusciva a dare alle sue storie, sempre appassionanti, avventurose, cinematografiche, grandiose.
Se però devo citare un “idolo”, posto che non condivido la definizione preferendo piuttosto parlare di “modello”, devo necessariamente citare Giorgio Cavazzano. E’ stato lui a infondere in me il “sacro fuoco” della disneyanità dinamica, del fumetto in perenne movimento, delle inquadrature mirabolanti. Anche se, mio malgrado, queste caratteristiche non hanno poi mai fatto veramente parte del mio personale bagaglio di disegnatore disneyano, più orientato piuttosto alla cura del personaggio, dell’espressività, della recitazione. Un grande ruolo in questo senso l’ha avuto proprio il buon vecchio Carpi, il mio vero maestro di bottega.

Vignetta della prima storia Disney realizzata da Camboni, un’autoconclusiva di una pagina.

LTB: Il suo primo fumetto Disney è uscito nel 1989. E’ stato difficile staccarsi dai modelli e crearsi uno stile personale?
SC: Io partivo da Cavazzano, e venni pilotato da Carpi. Col tempo è saltato fuori il Camboni. Oggi ritengo che il mio stile sia chiaramente riconoscibile, e si inserisca nel gruppo dei, se posso permettermi di creare questa definizione, “nuovi classici”.

LTB: Quasi tutti i disegnatori Disney italiani lavorano sia coi Paperi che coi Topi. In generale, le storie coi Paperi sono più popolari delle avventure coi Topi (il che e’ un peccato, a mio parere). Cosa pensa dei due differenti universi Disney, e quale dei due preferisce?
SC: Li amo entrambi, per motivi diversi. I paperi sono molto dinamici, divertenti, ed hanno dei characters veramente straordinari come Paperino e Zio Paperone, offrono molte possibilità. Trovo che talvolta queste potenzialità non vengano adeguatamente sfruttate, e troppo spesso ci si appoggi ai luoghi comuni (Paperino sfortunato, Paperone avaro ecc.) piuttosto che sviluppare le personalità dei personaggi.
Topolino che, non va dimenticato, è il “custode del brand”, soffre di una ingiusta critica per una sua presunta “borghesia” eccessiva, distante dalla gente comune (almeno secondo i suoi miopi detrattori). In realtà Topolino è uno splendido personaggio che ha dimostrato, per esempio nelle storie di Scarpa, di poter interpretare una gamma infinita di ruoli alla stregua dei grandi fuoriclasse del cinema americano quali De Niro o Pacino. Insomma, il problema non è di Topolino, ma di chi ne scrive le storie (per citare Jessica Rabbit).
Personalmente preferisco le storie dei topi, comunque.

LTB: Legge fumetti Disney prodotti da altri artisti italiani o stranieri? Cosa pensa delle abbastanza evidenti differenze tra le storie di produzione italiana e quelle di altri editori, come Egmont?
SC: Leggo Disney sempre meno, devo dire, un po’ mi sono stancato. Non ho abbastanza elementi per poter giudicare le differenze fra le due produzioni, ma mi sento di poter dire che c’è ancora un grande scarto qualitativo (soprattutto sui disegni, credo) in favore della produzione italiana, che si mantiene a ottimi livelli generali. Ma la mia potrebbe essere un’analisi piuttosto superficiale, temo.

LTB: Alcune sue storie presentano Basettoni, Gambadilegno o Manetta in ruoli da protagonista. Le piace dare a questi personaggi più attenzione di quanta ne abbiano di solito?
SC: Credo che si tratti di personaggi con grande carattere, e poco esplorati. Sì, mi piace indagare fra le pieghe dei comprimari, capire cosa succede se vengono portati in prima fila, se reggono o meno l’impatto. Mi piacerebbe scrivere più storie di quanto non abbia fatto finora, ma non ci sono le necessarie condizioni minime di tempo e opportunità.

Manetta e Rock Sassi in un flashback della storia sceneggiata a disegnata da Silvio Camboni “Topolino e la notte dei Babbi Natale”.

LTB: Analizzando le storie Disney italiane degli ultimi anni, si nota che sono rare le avventure di più di 30 tavole. Pensa che sia possibile un’inversione di tendenza, e che nel futuro abbiamo di nuovo la possibilità di leggere storie più lunghe?
SC: Non saprei cosa alberga nella testa dei nostri “capi”, francamente. Personalmente, credo che i nuovi lettori siano maggiormente adatti a storie brevi e dinamiche che a quelle lunghe ed elaborate, ma naturalmente è una mia sensazione, non ho nessun dato a supporto. Se così fosse, però, credo che non avremmo nessuna possibilità per una inversione di tendenza a breve termine.

LTB: Quali sono i suoi desideri per il futuro, relativamente ai fumetti Disney? Forse avra’ la possibilita’ di creare nuovi personaggi tutti suoi, da inserire nell’universo disneyano?
SC: Sono in una fase abbastanza stabile, e non so che tipo di sviluppi ci saranno in futuro, perché dipende in larga parte dalle decisioni che prenderà l’azienda e le persone che la compongono. Io continuo a considerarmi un appassionato autore disneyano, quindi non è escluso che in futuro possa cimentarmi in qualche nuovo progetto, magari con nuovi personaggi. Per adesso, no.

Patty Ballestreros, da MMMM.

LTB: Infine, una domanda di tutt’altro genere: sulla sua homepage silviocamboni.com c’è una sua foto accanto ad un poster di Indiana Jones. Posso dedurne che lei e’ un fan di Indiana? Se e’ cosi’, non le piacerebbe scrivere la parodia di uno dei tre film?
SC: Non sono propriamente un fan del dr. Jones, anche se mi sono molto divertito a guardare e riguardare i suoi film. Quella di cui parli è una fotografia (scattata dal grande Mastantuono) fatta a Orlando, Florida, in uno dei parchi Disney. L’ho messa lì solo perché mi sembrava sufficientemente cretina.
Per rispondere alla tua domanda riguardo alla parodia, credo che arriverei buon ultimo: ne hanno fatte di cotte e di crude, e non tutte memorabili. Ma certo non sarebbe molto originale, soprattutto oggi che il buon Indy è anche passato di moda…

LTB: Grazie mille per avermi concesso questa intervista. Se riterra’ di non voler rispondere a qualcuna delle domande, non c’e’ assolutamente problema!
SC: Rispondo a tutto, anche a questa!

Autore dell'articolo: bottagna

Genovese (ma residente nell'entroterra di Savona), ingegnere elettronico (ma avrebbe voluto fare il traduttore, o il bibliotecario, o entrambe le cose), due figli (di 7 e 1 anno). Hobby non-fumettistici: musica (con predilezione per il progressive rock di trent'anni fa), calcio (con predilezione per una squadra che vinceva scudetti cent'anni fa, e del cui presente è meglio non parlare). Come la maggior parte dei suoi coetanei, ha imparato a leggere su "Topolino"; alla fine delle elementari, sentendosi troppo maturo, è passato a "Tex"; dopo le medie, per lo stesso motivo, si è buttato su "Linus"; all'università non leggeva quasi fumetti. Ha poi iniziato un implacabile percorso di regressione che lo ha riportato prima a "Linus", poi a "Tex", quindi nuovamente a "Topolino" ed ai fumetti Disney in generale. Prevedendo quindi che tra pochi anni disimparerà a leggere, ha pensato bene di provare a scrivere qualcosa.