I Grandi Classici Disney 300

25 OTT 2011
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Con questo numero tocca quota 300 la più autorevole testata di ristampe disneyane, traghettata da un provvisorio trio di curatori, Ambrosio-Camerini-Monteduro, che imbastisce un indice di tutto rispetto. Partiamo dalle poche note dolenti, le due storie con Nonna Amelia, compresa quella d’esordio di questo bizzarro personaggio che certo dà il suo meglio altrove, e una kinneyana tutto sommato non malvagia, e poi Paperino e le avventure in cinemascope, suite di piccole quanto dimenticabili avventure papere.
Tutto il resto è di ottima qualità (peraltro tutta made in Italy), a partire dalla storia di apertura Zio Paperone e il Dollarfluid, di un altrimenti poco noto Renato Siri, anche se purtroppo appena ristampata su Disney Big (esempio questo di un non infrequente inciampo nel coordinamento editoriale), e proseguendo con una esilarante “gag-story” in pieno stile Barosso, Topolino forzuto per forza, seguita dall’ancor più divertente Paperino e l’assicurazione contro gli infortuni, impreziosita dagli azzeccatissimi disegni di G.B. Carpi.
Breve parentesi anni Ottanta con Paperino e il flauto magico, semplice ma ben costruita parodia dell’omonima opera di Schikaneder/Mozart, che scorre veloce grazie ad un incantevole Massimo De Vita, prima di calarci nel “piatto forte” di questo numero 300: Topolino nella valle dell’incanto, la storia più folle e sconclusionata del mondo, e per questo godibilissima come estremo (e peraltro rarissimo) “documento di eccesso”. La paradossale sceneggiatura vede coinvolti Paperone, Basettoni (anche se non nominato), Topolino, Paperino, Pluto e Gambadilegno, mentre i (sic!) disegni sono dovuti all’ineffabile Rino Anzi, qui forse al suo apice di inclassificabile schizofrenia e anche di ars collectandi.
Molto più “classica”, ma non per questo meno soddisfacente, Zio Paperone e la torre di Pisa, che oltre a riprodurre splendidamente (da autoctono posso dirlo) piazze, monumenti e persino le porte interne del Palazzo della Carovana ci regala una vicenda molto originale condita dai consueti dinamici dialoghi pezziniani.
Si chiude con tre storie comiche, Paperino taxi driver, ancora di un infallibile Carlo Chendi, Zio Paperone e il boletus expansivus, appartenente al collaudato filone comico di Giulio Chierchini autore completo, e Paperino e la vita cittadina, un vero e proprio piccolo gioiello che esemplifica appieno, in appena quindici pagine, la grande arte barossiana: una fulminante presa in giro delle sofisticazioni alimentari della civiltà meccanizzata, in un crescendo di assurdità, impicci, gag fragorose fino allo scoppio finale.
Insomma, quel che ci vuole per chiudere degnamente questo numero così importante e che ben riassume tutto sommato quello che è stato il Topolino degli anni d’oro: tante belle storie italiane di tutti i tipi immaginabili e, purtroppo, frequenti delusioni da oltreoceano.

Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.