Topolino Story 2010

22 SET 2015
Voti del fascicolo: Recensore: Medio: (8 voti) Esegui il login per votare!

Atto conclusivo della collana antologica che con un lunghissimo excursus in due fasi ha attraversato 61 anni di storia di Topolino.
L’ultimo indice della serie è agrodolce, in quanto ospita la storia induscutibilmente più bella del 2010, insieme ad altre meno significative o dimenticabili, che andiamo ad elencare:

Topolino e il mondo di Tutor (Casty). E’ una delle migliori storie di Casty, e per giunta una delle meno celebrate. Un colpo da maestro inserirla qui, una chiusura in bellezza vera e propria. L’idea stessa alla base della storia, con gli animali che votano per andarsene, la scena straziante della sparizione di Pluto. Casty al massimo della forma. Anche se devo dire che passando dalle Borbottiglie a questa si nota un deciso cambio di stile grafico, che tendo a spreferire. Mutamento dovuto a Casty? A Mazzon? Boh?

Gambadilegno e il diamante a ruba (Panaro/Panaro). Molto insignificante, inserimento infelice, che occupa spazio inutilmente.

Paperalì e i 40 babà (Ambrosio/Held). Come sopra. Capisco il voler ruotare gli autori, il presentare di tutto un po’, ma ricordiamoci che questi volumi sarebbero pensati per le librerie, non ha molto senso consegnare ai posteri roba troppo minore.

P.D.P. Economics: Consumo e Risparmio e Prezzi e Mercati (Bosco/Del Conte). Due brevi. E’ vero che sono un po’ tecniche, ma le ho apprezzate. La formuletta delle brevi di Bosco secondo me funziona, che la si applichi al cinema, alle pillole di Pico o a quelle di Paperone. Sono un prodotto con un senso.

Galileo e l’albero della scienza (Macchetto/Mottura). Un buon inserimento, devo dire. Lo stile di Macchetto ricorda un po’ una canzone: le sue sceneggiature seguono ritmi precisi, fatti di pause, cantilene e ritornelli. Non è un male, almeno fino a che questa cosa non diventa praticamente l’unico tratto ad emergere dalla sua produzione. Qui c’è anche qualcos’altro, una serie di situazioni un po’ scollegate ma interessanti. Una chiusura di cui non mi lamento.

E adesso qualche considerazione generale sull’opera.

Io mi ritengo generalmente soddisfatto. E’ stata ripercorsa la storia di Topolino, variando molto il menu e questo è un bene. Penso che sarebbe stato meglio però puntare di più sulla qualità anche per quanto riguarda le riempitive, per evitare di dover per forza presentare materiale insignificante. Perché diciamo che tra filologia e qualità è meglio sempre la seconda.

E’ vero e lo riconosco: non mi sono lamentato troppo quando negli anni 80 le riempitive riguardavano le brevi estere. Per quale motivo allora lamentarmi delle riempitive italiane, che qualitativamente non è che siano peggio? Per un motivo molto semplice: le vecchie brevi erano prodotte in altri paesi, avevano un’impostazione diversa e personaggi diversi. Non presentarle avrebbe privato di una componente magari non bella ma significativa del panorama fumettistico disneyano. Ma con la fine del materiale estero e l’avvio di una produzione italiana a tutto tondo e incentrata unicamente sul Calisota queste differenze si riducono: il filone produttivo diventa essenzialmente lo stesso, e a fare la differenza tra una storia e l’altra è la bravura dell’autore. Indipercui avrei preferito un trattamento più meritocratico. Poi capisco che ci siano anche questioni di foliazione da rispettare, e che non si volesse scontentare molti autori. Per cui il boccone amarotico lo ingoio volentieri.

Un po’ peggio i redazionali. Le intro iniziali le ho trovate disordinate, incongruenti e piene di inesattezze e imprecisioni. Nei primi numeri si tentava di inquadrare storicamente l’anno, poi si è passati a parlare solo delle uscite Disney, poi si è integrato anche l’elenco discorsivo delle storie presenti nell’albo. Spesso venivano citate cose che personalmente ritengo trascurabili, mescolando le nozioni in un pastiche di cui vedo poco il senso. Nella stessa lista erano spesso presenti uscite nuove e riedizioni cinematografiche, e spesso nemmeno la differenza produttiva tra WDAS, DisneyToon e Pixar veniva menzionata. Lo scivolone di Brandy e Mr. Whiskers poi è stato particolarmente pesante: la serie è stata descritta nel dettaglio due volte, sia nel 1995 che nel 2005. In tutto questo i “come eravamo” spiccavano per estraneità al tono dell’opera: pagine sportive scritte da giornalisti sportivi in gergo sportivo che stonavano non poco. E della galleria delle copertine non si può certo parlare bene: un’elencazione compulsiva di cicli di autoconclusive prive di alcuna rilevanza. Per non parlare della segnalazione dell’esordio di qualsiasi autore anche insignificante che avesse mai lavorato al giornale. Si potevano utilizzare quelle poche righe in modo decisamente più utile e informativo. La paura è che la critica disneyana si stia svuotando del suo stesso significato, ritorcendosi su se stessa.

Autore dell'articolo: Grrodon