I Grandi Classici Disney 347

25 SET 2015
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In questo numero di ottobre sembra rientrare l'”exploit” di storie italiane recenti (che si riducono a tre di cui due Anni Ottanta) che aveva contraddistinto i due precedenti. Ciononostante la qualità oscilla sempre su un livello medio-buono senza toccare ancora i vertici dei numeri 343 e 344. Si parte dalla bella Topolino e il segreto di Napoleone, con un finale magari non proprio all’altezza della storia, ma comunque dotata di tutto il fascino delle storie della Macchina del tempo (complici i disegni stratosferici di Massimo De Vita). Segue Paperon bisbeticus domato, piacevole e divertente a partire dall’espediente di far pervenire a Shakespeare la storia già “in termini paperi”.
Ser Lock e la superstizione e
Ser Lock: Diamanti e caramelle sono due storie nella miglior tradizione del personaggio, divertenti, paradossali e ben sceneggiate.
La sezione Superstar, dedicata alla ripresa delle lezioni, si apre con un trittico d’oltreoceano: non eccezionale la prima, molto gradevole la seconda, incentrata sulla nota passione di Fallberg per le locomotive, leggermente barksiana la terza.
Primo vero pezzo forte del numero è comunque Paperone e la “$quola del dollaro”, con un Martina in gran forma; il tema della scuola è affrontato molte volte dal Professore, ma sempre da punti di vista diversi e spassosissimi. Da notare la grande maestria e leggerezza nel passare da un segmento narrativo ad un altro: Paperone che si iscrive alle elementari per non pagare le tasse, che poteva da solo essere alla base di una storia, è solo lo spunto per un’altra idea, quella della truffa, che si genera dalla precedente senza che nemmeno ce ne accorgiamo; il tutto suggellato a posteriori dal giudizio dei nipotini che si presenta a chiedere il conto finale.
Eccoci poi a Barks (presenza ormai piuttosto stabile e graditissima, sperando che non si crei troppa intersezione con Uack) con Paperino e il nuovo anno, classica storia “catastrofica” con i nipotini sballottati per terra e per aria, attori sublimi nel quadro dell’insuperabile vena espressiva e umoristica del Maestro dell’Oregon.
Abbassano purtroppo la qualità dell’albo le successive tre storie: Max leprotto e Tobia tartaruga ha un solo pregio, la morale; trita, è vero, ma importante per un pubblico infantile. Ecco perché avrei visto bene una ristampa su un periodico di target basso, mentre per quanto rara e decisamente vintage (è del 1934) non convince poi molto ripubblicata sui Grandi Classici. Paperino cuoco superstar è una storia come tante altre, non particolarmente divertente a dire il vero, per la quale comunque non si giustificano tre ristampe in un decennio. Infine,
Paper Bat e la minaccia del clown si lascia dimenticare con molte meno resistenze di altre storie con il disgraziato eroe brasiliano.
Ancora, non proprio felicissima in termini di ristampe anche la scelta di Paperino e il coyote che ride, che abbiamo già visto nel 2007, ma l’altissima qualità umoristica della storia non si discute: uno dei migliori esempi dell’arte di Carlo Chendi, di quella sua pulitissima e pensosa originalità nel suscitare il meccanismo della risata.
Oltre alla storia di Martina, il vero grande capolavoro di questo numero è Zio Paperone e la rivolta delle macchine, che assieme a “Zio Paperone e l’operazione bertuccia” rappresenta il grande lascito di riflessioni sulla tecnologia da parte del Maestro Cimino. E attenzione, non si tratta solo di “portare all’estremo” le situazioni (il che pure accade, e con momenti distruttivi che farebbero invidia ad una storia d’azione), ma di denunciare il pericolo intrinseco, per cui lo stare “giusto nel mezzo” fra dominio della tecnica e rifiuto della medesima, evocato da Paperino nella vignetta finale, appare in tutta la sua precarietà e preziosità, che va difesa ogni giorno e ad ogni costo. I disegni sono del Capitanio migliore, quello che forse s’incamminava alla maturità: molto più curati che in precedenza, seppure ancora un po’ fissati nelle espressioni, danno alla storia un’atmosfera molto “ciminiana”, a tratti quasi filosofica.
Insomma, un numero non dissimile da altri, che come spesso accade si appoggia su pochi capolavori (le due lunghe citate), alcune perle (barksiana e chendiana) e qualche recente di piacevole lettura e splendidi disegni (le due introduttive) lasciando molte pagine a storie talvolta infelici ma più spesso “gradevoli”, che non riescono a dare quel “quid” che innalza la qualità di indici ottimi o quasi ottimi come molti di quest’anno. In ogni caso, personalmente mi sento del tutto fiducioso verso i prossimi numeri, perché i presupposti per il rientro in carreggiata ci sono tutti; si tratta solo di evitare scelte un po’ strane soprattutto negli Anni Ottanta (italiane e non), che compromettono la tenuta del numero, e di prestare un po’ di attenzione alle sovrapposizioni in ristampa nell’ultimo decennio.
Copertina, infine, tra le migliori dell’anno.

Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.