I Grandi Classici Disney 348
Leopardi, affrontando il giudizio per cui il suo sarebbe stato un secolo di transizione, osservò che “tutti i secoli, più o meno, sono stati e saranno di transizione”. È dunque con cautela che ci accingiamo a definire “di transizione” il presente numero dei Grandi Classici. Un numero piuttosto curioso, pieno di buone intenzioni che speriamo, appunto, possano evolversi in bene nell’immediato futuro, ma anche un pochettino… strano! Non necessariamente in senso negativo, dato che si contano molti recuperi per niente scontati (la storia d’apertura, Martina, Missaglia, La spada nella roccia) e mancano del tutto storie recenti che talvolta snaturavano un po’ la testata. Ma d’altra parte, se nei mesi passati si è spesso saputo scegliere bene fra storie molto giovani, qui paradossalmente almeno in parte “si perde in casa”, per riallacciarsi al linguaggio calcistico evocato dalla copertina, proponendo storie sì vecchie (cosa che apprezziamo molto) ma non proprio brillanti.
Strana è già la storia di apertura, Paperino calciatore; remake dalmassiano di una storia di Luis Destuet, ne eredita le bizzarrie, facendosi comunque leggere senza problemi anche se un po’ troppo lunga rispetto alle proprie possibilità, perdendo un po’ mordente ogni tanto, e sempre di più verso la fine. Non sempre entusiasmante, soprattutto, l’impianto comico-verbale, punto di forza delle storie del “vero” Dalmasso. I disegni sono quelli di un Marco Rota quasi maturo, che si affranca dall’ispirazione un po’ lostaffiana degli esordi per ricercare un solido dinamismo e quella bellezza del tratto che lo renderà uno dei migliori disegnatori della sua generazione.
È Topolino Il novello Gulliver, in una storia breve che tuttavia sarebbe stata apprezzabile come parte di una storia più articolata, ma così sembra un po’ un esercizio pur presentando dei validi “lillipuziani” dall’aspetto pippide. Strappa qualche sorriso anche
Alì Paperone e i quaranta Bassotti, ma manca, come tantissime straniere dell’epoca, di originalità, perdendo i migliori spunti che si offrono alla vicenda comica.
La sezione Superstar è quella che salva il numero, aprendosi con una storia di Guido Martina, Paperino e la stagione delle piogge con i disegni ancora parecchio acerbi di Giulio Chierchini, storia imbastita sulla classica truffa paperoniana “à la Martina” e condotta con disinvoltura anche se forse, devo ammetterlo, non fra le migliori in assoluto del Professore (mancano un po’ quelle finezze e quelle trovate inesauribili che rendono unica e memorabile praticamente ogni sua prova). Seguono Paperino e il faro dei naufragi, curiosa variazione rispetto alla classica avventura fallberghiana che vede protagonisti i nipotini e una foca un po’ onnipotente (il che inficia un po’ la solidità della trama, inferiore alla media dell’autore nonostante l’originalità dell’impostazione) e Paperino e il mago della pioggia, che è senza troppi dubbi la storia migliore dell’albo: l’ennesimo gioiello barksiano, fuori ristampa dal 1994 (se si esclude la GDDP), con disegni semplicemente divini nella loro espressiva e curata semplicità. Fra le storie lunghe si segnala invece Topolino e lo sciopero dello stregone, originale e ben condotta prova di Ennio Missaglia con tanto di dinamite e sparatorie.
La sezione si chiude con La spada nella roccia, riduzione a fumetti dell’omonimo capolavoro cinematografico: la riduzione è davvero buona, e ricrea piacevolmente molte belle sequenze, soprattutto il duello con Magò, ma i disegni, vero valore aggiunto di una riduzione a fumetti, non reggono del tutto l’incarico, benché si tratti tutto sommato di un Alvarado migliore del solito.
Si chiude con due storie strane, Topolino e il trionfo della testuggine e
Amelia e la moneta inflazionata: entrambe non dicono molto e si concludono in maniera quasi inaspettata, in particolare la seconda tradisce le aspettative legittime verso i testi di Tony Strobl che conosciamo bene come disegnatore.
In conclusione numero che regala vari innegabili momenti piacevoli, ma non il respiro della selezione d’eccellenza: da ricordarsi, se non per la qualità globale, per la rarità di certe riproposte. Da segnalare inoltre due coppie di pagine scambiate (27-28 e 148-149), difetto tipografico non infrequentissimo negli ultimi tempi, che abbassa il giudizio sull’albo.