Tesori International 2: La saga continua
Il secondo numero della neonata Tesori International completa la Saga di Paperon de’ Paperoni con i cosidetti “Capitoli aggiuntivi”, in numero di sei, l’ultimo dei quali (2006) era l’unico a non aver ancora visto la luce su raccolta in Italia, essendo stato pubblicato solo su Zio Paperone pochi anni prima della sua chiusura. Valore aggiunto al numero è una recentissima intervista realizzata da Alberto Becattini a Don Rosa in occasione della sua calata in Italia, a Napoli per la precisione, della fine di Aprile 2016.
Ecco, partendo proprio dall’ultimo episodio scritto, La prigioniera del fosso dell’Agonia Bianca, possiamo dire che contiene gli elementi per cui l’Autore è stato più (giustamente forse) criticato: la spinta dell’acceleratore sul rapporto fra Paperone e Doretta, e la successiva elaborazione del ricordo da parte dell’anziano Paperone, trattata forse in maniera eccessivamente nostalgica. I disegni, inoltre, benché sempre validi, non sono sicuramente ai livelli degli altri capitoli, perdendo in alcuni punti quella precisione che ne è una cifra distintiva. Compensa il tutto, però, il sempre solido umorismo donrosiano, che si serve di ben cinque Leggende del West (riunitesi un po’ bizzarramente tutte a Dawson) per metter su una divertente commedia del tempismo: da una parte il già visto Wyatt Earp con Bat Masterson e il famigerato (quanto comico) Giudice Bean e dall’altra nientemeno che Butch Cassidy e Sundance Kid (che alla fine decideranno di emigrare in Sudamerica, come la Storia riporta…).
Fra gli altri episodi risulta in certo senso eterogeneo Decini e Destini, con una breve ma non insignificante parte nel presente e con Amelia come protagonista: oltre a gettare qualche luce in più sul celebre episodio dello scavafossi, l’episodio è soprattutto una serie di splendide gag con Amelia, un formidabile Fergus de’ Paperoni e uno sventurato Howard Rockerduck.
Gli altri episodi sono ormai dei classici integrati nel mainstream della Saga. Il mirabolante “Capitano-cowboy del Cutty Sark“, che si fregia di disegni semplicemente impressionanti (dal maestoso veliero alla terrificante esplosione del Krakatoa, alla insidiosa giungla di Giava) e amalgama strettamente comicità e avventura a livelli memorabili (celebre il tormentone della “macchina fotografica”); il prezioso “Vigilante di Pizen Bluff“, ricolmo di riferimenti alla storia del West il meno appariscente dei quali è forse quello al “tedesco”, Jacob Waltz, e alla sua miniera perduta; e poi naturalmente i Dalton, Buffalo Bill, Annie Oakley, P. T. Barnum e… Goklayeh, tutti insieme per una delle più comiche avventure donrosiane, fra lassos lanciati con precisione incredibile e spettacolari entrate in scena a cavallo di Ortensia. E ancora: “Cuori nello Yukon“, dove al motivo di Doretta, culminante nella maestosa scena dell’incendio, si affianca l’ineffabile colonnello Steele, protagonista con il celebre Jack London del nutrito e riuscitissimo lato comico della vicenda. E infine: “L’astuto papero del Varco di Culebra“, in cui Paperone non è più l'”esperto scavezzacollo” che gira il mondo con divina nonchalance, ma un maturo affarista già oltre l’età di formazione, e disposto a misurarsi con il Presidente degli Stati Uniti in un serrato incontro di boxe nel cavo di una statua che slitta giù per una collina; una storia decisamente non convenzionale, che vede finalmente la partecipazione attiva di Matilda e Ortensia, che qui escono per un attimo dall’ombra mostrando di essere -almeno potenzialmente- fra i migliori personaggi femminili dell’universo Disney.
Completano il quadro due storie in più: Zio Paperone e l’ultima slitta per Dawson, fra le prime prove di Don Rosa e simpatico punto di partenza dell’universo di memorie di Paperone, e dalla struttura decisamente più simile alle storie più “standard” del Maestro del Kentucky, e Il sogno di una vita. Quest’ultima è una vera perla, inserimento assolutamente azzeccato e fra i punti di forza del numero, che della sequela di lacrimucce paventate nel titolo ce ne riserva una sola, finale, riuscendo per il resto a mettere insieme una quantità di gag difficilmente superabile a spasso per i sogni di Paperone, in una dinamica onirica con sue regole precise (e per questo tanto più comica). Se i cattivi sono i soliti Bassotti, protagonista assoluto è, per una volta, Paperino, che conferma il suo insuperabile potenziale umoristico pienamente sfruttato da Rosa specie nelle sue prime prove.
Insomma un altro bell’albo, mondo -ci sembra- delle evitabili sviste del precedente (al netto di una ricolorazione un po’ ballerina), e una migliore impressione sulla cura dei redazionali, comprese le copertine estere – greche, norvegesi, etc.. Possiamo più convintamente sperare in un prodotto completo e artisticamente valido per la prossima decisiva uscita – quella dedicata a Floyd Gottfredson – che farà un po’ da banco di prova per la testata, a partire dalla versione (a strisce/rimontata, in bianco e nero/a colori) che si deciderà di ristampare; sperando sempre nella invocata aderenza alle versioni originali.