Topolino 3253

01 APR 2018
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A vedere i nomi coinvolti in questo nuovo numero del settimanale sicuramente ci si attendeva qualcosa di più di quel che invece resta alla fine della lettura.

Pk è ormai a un solo passo dal gran finale, ma le storie chiamate a far da coprotagoniste del volume sono invece al di sotto di quelle presentate nelle scorse settimane.

“Paperino Paperotto e la biblioteca dei fantasmi” è la prima occasione che ha Vitaliano di cimentarsi con il mondo di Quack Town: in qualche modo sembra rifarsi alla visione di Enna, ben miscelando riferimenti e suggestioni soprattutto cinematografiche (anche se spostandosi in avanti di un buon ventennio rispetto allo sceneggiatore sardo) e in qualche modo tenta anche egli di giocarsi l’elemento onirico per far sì che la vicenda risulti ambientata in quel mondo sospeso a metà tra reale e immaginazione tipico dei bimbi. Ma, al di là di qualche passaggio sin troppo rapido, non ottiene gli stessi risultati (a cui forse non era neanche interessato): la storia resta la semplice narrazione di una delle tante avventure della banda di monelli. Tra l’altro questa è una delle rarissime storie in cui non appaiono le due bambine e chissà che anche questo non abbia avuto un peso negli equilibri che reggono e regolano la vicenda.

L’altra storia di punta del numero è, come al solito quella di chiusura, “Zio Paperone e l'usurpatore del Klondike”, scritta da Vito Stabile e disegnata da Emilio Urbano. Conosciamo bene l’amore che lo sceneggiatore ha per il personaggio di Paperone, ma stavolta preferisce uno svolgimento semplice e una trama piuttosto leggera. Anzi, dal personaggio dell’alce fino alla “guerra” a colpi di formaggi puzzolente, ci sarebbe stato quanto basta per trasformarla, con pochissime modifiche, in uno dei milioni di Vitaliano. Il tocco dell’autore è riconoscibile comunque in questa particolare, e a tratti comica, amicizia, anche se, a mio parere, si spinge un po' troppo in là nel finale: leggiamo vignetta dopo vignetta aspettando la pagina conclusiva e immaginando già cosa troveremo ma pensando ugualmente “non vorrà scrivere una di quelle cose sdolcinate, spero”. Niente da fare, la sdolcinatezza ha dovuta proprio scriverla. E va beh, in fondo è un finale quasi obbligato e non costituisce certo la cosa peggiore del numero. Quella è la “storia” di Paperoga.

Per quello che riguarda i contributi extra-fumetto, abbiamo un servizio sul musical di Mary Poppins e una intervista a Roy Paci e Antonio Diodato

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"