Le pubblicazioni Disney in Italia

22 GIU 2004

Nel 1932, Topolino era già conosciutissimo in tutto il mondo, ma la sua fama era legata quasi esclusivamente agli shorts animati. Del resto, lo stesso Walt Disney considerò sempre il fumetto alla stregua di uno dei tanti settori del merchandising; la striscia giornaliera di Mickey Mouse, apparsa sui quotidiani statunitensi all’inizio del 1930, vide il coinvolgimento diretto del papà di Topolino soltanto per i primissimi mesi. Alcune di quelle strisce furono pubblicate nell’estate 1930 su “L’Illustrazione del Popolo” di Torino, che può così vantarsi di essere la prima pubblicazione in Italia ad aver ospitato un fumetto Disney sulle sue pagine.

Si trattò comunque di un episodio sporadico e ben presto dimenticato, tanto che, quando l’editore fiorentino Nerbini pensò di dar vita ad un settimanale per bambini intitolato “Topolino“, si limitò a chiedere l’autorizzazione al distributore italiano degli short, e affidò a disegnatori italiani la produzione di storielle con didascalie in rima, seguendo il costume dell’epoca. Ne seguì una breve querelle col rappresentante ufficiale di Disney in Italia, che si risolse con piena soddisfazione di entrambe le parti: a partire dal numero 7 di “Topolino” le tavole domenicali americane fecero la loro comparsa sul giornale, inaugurando una storia a fumetti che dura ormai da 70 anni.

L’obiettivo del presente lavoro è quello di offrire una panoramica il più possibile esaustiva delle pubblicazioni italiane che hanno ospitato sulle loro pagine i personaggi Disney; per ogni serie si cercherà di fornire una descrizione di massima del contenuto. Errori ed omissioni saranno inevitabili, vista l’immensa mole del materiale apparso nell’arco di sette decenni; anche il criterio di classificazione per periodi è del tutto arbitrario, ma la sua introduzione è giustificata dall’esigenza di fornire un minimo di struttura a quello che altrimenti sarebbe diventato un chilometrico elenco di difficile leggibilità.
La speranza è che il risultato possa essere fruito a più livelli: dal collezionista già agguerrito, che vorrebbe inquadrare la propria collezione in una prospettiva “storica” ed eventualmente decidere come farla crescere, come dal neofita che si affaccia sul mondo Disney e non sa da che parte cominciare.

Chi volesse approfondire l’analisi dei contenuti di una particolare serie è invitato a ricorrere all’I.N.D.U.C.K.S., il database mondiale del fumetto Disney, reperibile su Internet all’indirizzo https://www.inducks.org. Consultando l’I.N.D.U.C.K.S. si potrà ottenere, per tutte le pubblicazioni italiane già indicizzate (la stragrande maggioranza), la lista delle storie contenute, con l’indicazione degli autori (quando noti) e degli altri dati rilevanti per ciascuna di esse.

1932-1943: “Giornali” ed albi

A partire dal 31 dicembre 1932, il “Topolino Giornale” – cosi’ denominato dagli appassionati per la scarsa foliazione ed il grande formato, tipici del periodo – esce ogni settimana per 564 numeri, fino al dicembre 1943, quando le pubblicazioni vengono interrotte per il precipitare degli eventi bellici.

Sulle sue pagine vengono pubblicate, a puntate, le più belle avventure dell’epopea del Mickey Mouse “giornaliero” di Floyd Gottfredson: storie indimenticabili come “Topolino e il mistero dell’uomo nuvola“, “Topolino sosia di re Sorcio“, “Topolino e il mistero di Macchia Nera“. Topolino ospita anche le tavole domenicali autoconclusive di Topolino e Paperino, nonchè diversi episodi delle tavole domenicali “Silly Symphonies” (ad iniziare dall’epopea dell’insetto Buci).

Va precisato che il settimanale dedica gran parte del suo spazio a serie a fumetti non Disneyane, sia italiane che statunitensi: Cino e Franco (Tim Tyler’s Luck), Giorgio Ventura (Brick Bradford), Audax (King of the Mounted Police), Kit Carson, Saturno contro la Terra, ed innumerevoli altre. Anzi, a partire dal numero 481 (3 marzo 1942), Topolino e company vengono banditi dalle pagine del giornale, in ossequio alle disposizioni autarchiche del regime fascista (che già avevano imposto l’eliminazione di tutte le altre serie di produzione straniera).

Sette altre testate affiancarono il “Topolino” nel periodo in esame (che gli studiosi definiscono convenzionalmente “Anteguerra”, benché giunga ben oltre lo scoppio della II Guerra Mondiale). Due di queste furono pubblicate da Nerbini, le rimanenti da Mondadori, che rilevò i diritti per tutto il materiale Disney nell’estate del 1935 (per la cronaca, il primo “Topolino” edito da Mondadori fu il numero 137) e li mantenne per più di 50 anni. Le serie ebbero vita più o meno breve: a quelle Nerbini fu fatale il cambio di editore, mentre quasi tutte quelle Mondadori dovettero soccombere all’emergenza della guerra.

Nel maggio 1933 esce il primo numero del “Supplemento al giornale Topolino“. Di periodicità irregolare e formato ancor più grande del settimanale, resta nelle edicole per 42 numeri, pubblicando il materiale sindacato Disney che non trova spazio su “Topolino” (Nerbini aveva una discreta quantità di “arretrati” d’oltre oceano da smaltire). Alcune storie non-Disney e racconti illustrati completano il menu.
Il “Supplemento” cessa le pubblicazioni nel settembre 1935, subito dopo il passaggio di consegne tra Nerbini e Mondadori (gli ultimi tre numeri, un po’ raffazzonati, sono “targati” Mondadori).

L’albo “Topolino contro Wolp il terribile brigante del West“, uscito nell’ottobre 1933 (e considerato uno dei più rari fumetti italiani), inaugura la serie degli “Albi Nerbini“. Ognuno di essi ristampa un’intera storia di Topolino, già apparsa (a puntate) su “Topolino” o sul “Supplemento” (fa eccezione appunto “Topolino contro Wolp“, precedentemente inedita). In tutto escono 9 numeri della serie, ristampati più volte con lievi modifiche alla veste editoriale; “La brigata Topolino al Lago Polveroso” è l’ultima uscita, nel luglio 1935.

Mondadori pubblica la sua prima testata disneyana a partire dal marzo 1935, alcuni mesi prima di acquistare “Topolino” da Nerbini. Si tratta de “I Tre Porcellini“: anch’esso in formato “giornale”, ospita materiale tratto da libri illustrati e riviste americane ed inglesi, assieme alle usuali serie non-Disney e alle storie a continuazione delle tavole domenicali “Silly Symphonies”. Mondadori aveva infatti acquisito da Disney i diritti su tale serie, probabilmente come primo passo verso la “scalata” alla licenza detenuta da Nerbini. “I Tre Porcellini” prosegue per 98 numeri, fino al febbraio 1937, quando la testata confluisce in “Topolino“.

L’esperienza degli “Albi Nerbini” viene proseguita da Mondadori con la serie “Nel Regno di Topolino“, principalmente costituita da ristampe in un unico albo di storie già apparse a puntate sul settimanale. In questa collana sono però pubblicate per la prima volta alcune delle primissime dailies di Mickey Mouse, antecedenti al 1933, che Nerbini non aveva ancora smaltito. Tra il marzo 1935 ed il febbraio 1940 escono 95 numeri, alcuni dei quali in grande formato orizzontale.

Nel gennaio 1937 appare invece il primo numero degli “Albi d’Oro“. Dal punto di vista dei contenuti, la serie non si discosta troppo da “Nel Regno di Topolino“: ristampe, qualche inedito del primo Mickey Mouse. Interessanti alcuni numeri con storie inedite di produzione italiana (“Paperino e la pietra filosofale“, n. 22) e britannica (“Topolino e il ratto dei tre“, n. 18; “Pippo e Tobia tra i cannibali“, n. 19).

La serie si esaurisce nell’agosto 1940, col numero 41. Ma il nome “Albi d’oro“, come vedremo, continuerà ad essere presente tra i titoli delle pubblicazioni Disney ancora per parecchi anni.

Tra il dicembre 1936 ed il dicembre 1939 escono poi 5 numeri dell'”Almanacco“. Si tratta di di costosi (per l’epoca) volumi-strenna, pubblicati in occasione delle festività natalizie (o delle vacanze estive, come nel caso di “Maremonti Topolino-Paperino“, del 1939). Il contenuto è eterogeneo, come si conviene ad un almanacco: giochi, storielle autoconclusive di Topolino e Paperino (sia tavole domenicali che brevi adattamenti di cortometraggi), rubriche e materiale non-Disney.

Chiude la panoramica dell’Anteguerra il giornale “Paperino“, prima testata al mondo dedicata all’emergente papero disneyano. Nei suoi 149 numeri, usciti tra il dicembre 1937 e l’ottobre 1940, vedono la luce le tavole domenicali di Donald Duck disegnate da Al Taliaferro, ma soprattutto le prime storie a fumetti Disney di produzione italiana, frutto dell’inventiva del geniale Federico Pedrocchi (vero factotum dei periodici Mondadori dell’epoca, poi prematuramente scomparso durante la II Guerra Mondiale): “Paperino e il mistero di Marte“,”Paperino inviato speciale” ed altre. Pedrocchi sceneggia anche due originali sequel di “Biancaneve e i Sette Nani“, affidati alle matite di Nino Pagot. Tra le serie non disneyane apparse su “Paperino“, vanno senz’altro ricordate “Zorro della metropoli” (di Cesare Zavattini), il “Popeye” di E.C. Segar, il “Tarzan” di Burne Hogarth (non accreditato) ed un paio di episodi di “Saturno contro la Terra“.

Riassumendo, si può dire che le serie pubblicate tra il 1932 ed il 1943 fornirono ai lettori italiani una traduzione quasi integrale (anche se, ad onor del vero, spesso tali ristampe si presentavano mutilate di qualche vignetta per motivi di spazio e con delle traduzioni abbastanza libere, anche per motivi legati alla situazione politica italiana) della prestigiosa produzione “sindacata” americana dell’epoca. E stiamo parlando del 99% di tutti i fumetti Disney prodotti in quel periodo: infatti i comic book (gli albi per le edicole) avrebbero visto il loro boom nei primi anni Quaranta, ed inizialmente avrebbero anch’essi vissuto di rendita sulle ristampe delle strisce di Gottfredson, Taliaferro e compagnia.

1945-1956: Arriva il “Libretto”

Nel dicembre 1945, il numero 565 di “Topolino Giornale” fa la sua comparsa nelle edicole di un Paese ancora profondamente ferito dal conflitto da poco terminato. La formula non è mutata: poche pagine di grande formato, con storie disneyane e non, in uno stillicidio di puntate.
Il materiale Disney a disposizione e’ aumentato: oltre alla provvista di strisce e tavole apparse sui quotidiani americani durante la guerra, ci sono le prime storie disegnate appositamente per i comic book, tra le quali spiccano le prove d’esordio di Carl Barks (“Paperino e l’anello maledetto“, sui numeri 629-632 del marzo 1947, è la prima storia del Maestro dell’Oregon ad apparire in Italia).

Nel maggio 1946, tornano in edicola anche gli “Albi d’Oro“. La numerazione riparte da 1, con periodicità settimanale, ed i numeri Disney si alternano a quelli dedicati ad altri personaggi. Fino alla fine del 1952, gli “Albi d’Oro” disneyani saranno 143 (su complessivi 352); a partire dal 1953, la numerazione verrà fatta ripartire ad ogni inizio anno. Altri 137 numeri Disney appariranno fino al dicembre 1956; nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta Mondadori procederà inoltre a ristampare alcuni degli albi di maggior successo (tali edizioni sono riconoscibili dalla dicitura “Prima Ristampa” o “Seconda Ristampa” in copertina; in esse, non di rado, storie autoconclusive vanno a sostituire pagine pubblicitarie presenti nell’edizione originale). Inizialmente, gli “Albi d’Oro” propongono ristampe di storie del Mickey Mouse anteguerra. Dopo circa un anno, però, la serie inizia ad ospitare storie inedite tratte dai comic book, tra cui diversi classici di Barks.

In occasione del Natale e delle vacanze estive, c’è la consuetudine di far uscire un “Albo d’Oro” speciale, intitolato “Almanacco di Topolino“. Ne usciranno complessivamente 18 numeri (molto ricercati dai collezionisti); si chiameranno “Almanacco di Topolino” anche gli ultimi tre numeri del 1956, usciti con periodicità mensile, prologo al cambiamento ufficiale della denominazione della testata.

Nell’immediato dopoguerra, la produzione statunitense è tale da permettere il varo di un’ulteriore serie: nel gennaio 1948 ecco gli “Albi Tascabili di Topolino“, nel formato a striscia che tanta fortuna ebbe in quel periodo. Il settimanale propone alcuni 10-pager di Barks, le mini-storie prodotte da Walsh e Gottfredson nell’immediato dopoguerra, le storie brevi di Buci e del Lupo Cattivo che apparivano su “Walt Disney’s Comics and Stories“, e le ristampe fedeli degli omologhi albetti a strisce che venivano offerti in omaggio al pubblico americano da alcune case produttrici di cereali. Usciranno 195 numeri, fino al marzo 1952; alcuni di essi verranno ristampati, singolarmente o in raccoltine, negli anni immediatamente successivi per essere offerti come omaggi allegati a prodotti come il detersivo Persil o i formaggini Prealpi.

I gusti del pubblico sono però cambiati. Nell’aprile 1949, Mondadori decide di procedere ad un cambiamento radicale: il “Giornale” chiude i battenti col numero 738, e la numerazione di “Topolino” riparte daccapo. La periodicità diventa mensile, il formato si riduce, le pagine aumentano considerevolmente: è nato il “Topolino Libretto“, che raggiungerà il numero 2500 alla fine del 2003. Oltre ai mutamenti di carattere tecnico, ce n’è uno – assai importante – relativo ai contenuti: il nuovo mensile ospita soltanto storie Disney, oltre a rubriche di vario genere (quasi tutte curate da Guido Martina). 
C’è il ritorno delle lunghe storie a continuazione di Gottfredson (e dello sceneggiatore Bill Walsh), con la saga di Eta Beta; Carl Barks sta raggiungendo rapidissimamente la piena maturità espressiva, ed anche gli altri disegnatori americani producono storie di buon livello. Guido Martina e Angelo Bioletto contribuiscono al momento magico con tre storie di produzione italiana, la seconda delle quali – “L’Inferno di Topolino” – inaugura il filone nostrano delle “Grandi Parodie”.
Date tali premesse, non c’è da stupirsi che il successo sia clamoroso, tanto che nell’aprile 1952 la periodicità diventa quindicinale. Per coprire il raddoppiato fabbisogno, si procede alla chiusura della serie degli “Albi Tascabili“, ma soprattutto si dà l’avvio alla produzione italiana di storie Disney. “Topolino e il satellite artificiale” (“Topolino” n. 41-43), disegnata da Giuseppe Perego su testi probabilmente di Guido Martina, inaugura la lunghissima serie; presto le storie italiane iniziano ad apparire anche sugli “Albi d’Oro” (“Paperino e le onorificenze“, disegnata da Luciano Bottaro, n. 322 del luglio 1952). Poco dopo arriveranno Romano Scarpa e G.B. Carpi, e ci sarà il ritorno di Pier Lorenzo De Vita, che già aveva collaborato al “Topolino Giornale” con storie non-Disney.

Nel maggio 1954, le testate disneyane rimaste in edicola sono due, ed entrambe pubblicano soltanto storie nuove. I tempi sono quindi maturi per una serie dedicata alle ristampe, ed ecco gli “Albi della Rosa“. Inizialmente quindicinale, diventa ben presto settimanale, e ripropone le migliori storie apparse qualche anno prima, principalmente su “Topolino“.

Sommarizzando, il primo decennio del dopoguerra vede una decisa affermazione delle testate disneyane Mondadori, che ha le sue radici nell’indubbia abilità del team editoriale (il direttore Mario Gentilini, il “tuttofare” Guido Martina) e nell’elevatissimo livello della produzione fumettistica d’oltre oceano (questo è il periodo di massimo splendore di Carl Barks, e dello splendido canto del cigno del Floyd Gottfredson “avventuroso”).

1957-1966: Poker d’assi all’italiana

Nel gennaio 1957 esce quello che è convenzionalmente considerato il numero 1 dell'”Almanacco Topolino“. Ha periodicità mensile e formato leggermente più grande del “Topolino Libretto“, il che permette ad ogni pagina di ospitare 4 righe di 2 vignette, anziché le 3 righe del quindicinale. Il formato è quindi identico a quello dei comic book, e si evitano così i “rimontaggi” da sempre necessari su “Topolino“. La numerazione della serie – che manterrà per lungo tempo il logo “Albi d’Oro” in copertina – inizialmente non è progressiva, ma riparte ad ogni gennaio fino al 1970, quando si iniziano a numerare i fascicoli in maniera progressiva tenendo conto delle uscite effettuate sino a quel momento (l’Almanacco del gennaio 1970 riporta così il numero 157). In generale, ogni numero è aperto da una storia lunga di produzione italiana, e completato con materiale americano.

Con l’uscita, nel dicembre 1957, di un volumetto dal titolo “I Classici di Walt Disney“, si viene a comporre un quartetto di testate (“Topolino“, “Albi della Rosa“, “Almanacco” e “Classici“) che accompagnerà i ragazzi italiani con assoluta regolarità per un intero decennio. Fino al 1967, infatti, nessuna altra serie apparirà in edicola: un periodo di stabilità che non ha uguali nel settantennio di vita dei fumetti Disney in Italia.
In realtà, i “Classici” non erano stati concepiti come una serie regolare. Il numero del dicembre 1957 era così intitolato non perché presentasse storie degne di essere considerate “classici del fumetto”, ma perché ristampava alcune parodie di classici della letteratura apparse negli anni precedenti su “Topolino“. Le storie erano collegate tra loro da un’esile trama, con tanto di prologo ed epilogo; Gian Giacomo Dalmasso (testi) e Giuseppe Perego (disegni) si occuparono di questo caratteristico lavoro per quasi tutti i “Classici“. 

Il successo del primo volume fa sì che ne sia preparato un secondo nel dicembre dell’anno successivo (“I Classici Moderni di Walt Disney“), ed un terzo per il Natale 1959 (“Le Grandi Parodie di Walt Disney“); tali numeri verranno ristampati negli anni immediatamente successivi. Del numero uno si contano ben due ristampe, mentre per il numero tre esiste anche una ristampa effettuata per conto dei grandi magazzini Standa.

Nel 1960 le uscite sono due, visto che, in occasione delle Olimpiadi di Roma, esce il primo dei cosiddetti “Classici Sportivi“, intitolato “Paperino alle Olimpiadi“. Ormai il solco è tracciato: due uscite anche nel 1961, tre negli anni seguenti fino al 1967 (con l’extra “Topolino alle Olimpiadi” nel 1964). Si tratta sempre di ristampe, di solito relative alle storie apparse in più puntate su “Topolino” qualche anno prima; Perego si occupa anche di raccordare le puntate tra di loro, eliminando usualmente la prima pagina della seconda parte e ridisegnando alcune vignette, con risultati grafici francamente non troppo apprezzabili.

Delle altre due testate che compongono il “poker”, gli “Albi della Rosa” continuano ad uscire senza cambiamenti degni di nota; va comunque segnalata l’apparizione, in appendice ai numeri tra il 213 ed il 291, delle storie non-disney di Mopsi, Giso e Leo, disegnate da Pier Lorenzo De Vita.
Topolino“, invece, diventa settimanale col numero 236 del giugno 1960. Questa volta, l’aumento del fabbisogno di storie viene coperto con l’incremento della produzione italiana: negli Stati Uniti, infatti, i comic book hanno imboccato la via del declino, dopo aver toccato l’apice nella prima metà degli anni Cinquanta (quando “Walt Disney’s Comics and Stories” vendeva 2-3 milioni di copie ogni mese).

E, purtroppo, il calo non è limitato alla quantità: nel 1955 il syndicate di distribuzione delle strisce ai quotidiani ha imposto a Gottfredson di limitarsi alle gag autoconclusive, e lo stesso Barks è entrato nella fase calante della sua splendida carriera. Per fortuna, almeno nella seconda metà degli anni Cinquanta, gli artisti italiani raggiungono livelli di assoluto valore: Romano Scarpa, in particolare, riesce nell’impresa di non far notare uno stacco apprezzabile tra le proprie storie e quelle di Gottfredson. Ma anche Guido Martina e Carlo Chendi producono una serie di sceneggiature indimenticabili, che i vari Carpi, De Vita e Bottaro (quest’ultimo anche capace sceneggiatore) interpretano da par loro. Il “Topolino” di questo periodo presenta quasi in ogni numero una storia “italiana” lunga, solitamente in due o tre puntate: è la sorgente da cui attingeranno a piene mani i “Classici” di qualche anno dopo, e che permetterà ad una nuova generazione di lettori di appassionarsi al fumetto Disney.

E’ innegabile però che, con l’avanzare degli anni Sessanta, anche le storie italiane inizino a segnare il passo. Romano Scarpa, deluso dalla scarsa gratificazione (economica e non) che gli procurano i suoi capolavori, decide di limitarsi a disegnare sceneggiature altrui; i nuovi sceneggiatori che affiancano Martina (anch’egli in fase calante) e Chendi non sono all’altezza della situazione, pur con lodevoli eccezioni, tra le quali annoveriamo i fratelli Barosso e Rodolfo Cimino.
Barks è sempre più vicino alla pensione, e si vede; la crisi dei comic book si fa sempre più nera, tanto da costringere la Disney a varare lo “Studio Program” per rifornire di storie il mercato europeo, col risultato di avviare una produzione in serie che incoraggia sceneggiatori e disegnatori a guadagnarsi lo stipendio col minimo sforzo, cadendo sempre più in stilemi ripetitivi.

Una situazione preoccupante, ma destinata a peggiorare ulteriormente nel decennio successivo.

1967-1976: Declino e nostalgia

Il “poker d’assi” del periodo precedente continua a costituire la spina dorsale delle pubblicazioni Mondadori – una spina dorsale che però tende ad afflosciarsi sempre più.
Barks si gode il sole della California e l’inaspettata notorietà, che nel trentennio successivo lo renderà un mito vivente (e meritatamente ricco, grazie ai dipinti ad olio ispirati alle sue storie). I comic book tirano avanti con ristampe e storielle sempre più infantili; artisti di qualità come Tony Strobl, Paul Murry e Jack Bradbury vivacchiano di routine in attesa della pensione. 

L’approccio italiano alla psicologia dei personaggi, inaugurato da Guido Martina, va degenerando: per fare l’esempio più eclatante, Zio Paperone è quasi sempre rappresentato come un insopportabile avaro, pronto ad agire oltre i limiti della legge e della decenza per il proprio profitto. La cura per le sceneggiature decresce sempre più, ed alcuni dei nuovi disegnatori non sono affatto all’altezza della situazione.
Ovviamente, ci sono anche le note positive: Giorgio Cavazzano, giovanissimo inchiostratore di Scarpa, diventa un autore completo, introducendo soluzioni innovative per la tradizione Disney (soprattutto su sceneggiature di Pezzin); Massimo De Vita e Marco Rota iniziano a produrre storie di ottima fattura; Scarpa e Carpi restano sempre su livelli grafici di assoluto valore. Nasce il personaggio di Paperinik, di grande impatto sul pubblico dei ragazzi; serials come “Storia e Gloria della Dinastia dei Paperi” sono tuttora ricordati con grande affetto dai lettori.

Il bilancio complessivo è però sicuramente in rosso. Tra l’altro, i “Classici” (che diventano nel frattempo trimestrali, ed infine bimestrali) e gli “Albi della Rosa” (il cui nome muta in “Albi di Topolino” nel gennaio 1967, mantenendo però la numerazione progressiva, giunta al 635), che pubblicano storie di 4/5 anni prima, affrontano fatalmente anch’essi l’onda lunga del declino. Ed ecco che, per soddisfare la richiesta di storie di qualità – nonché la nostalgia dei lettori adulti – l’attenzione della Mondadori si rivolge alle storie “classiche”. Non va del resto dimenticato che siamo in un periodo di rivalutazione del medium fumetto, grazie a riviste come la neonata “Linus” (che, nelle sue prime annate, dedica articoli anche a Disney).

A fine 1966, viene offerto in regalo a chi si abbona a “Topolino” un volume cartonato dal titolo “Le nostre prime leggendarie imprese“, che contiene 5 storie del Topolino anteguerra di Gottfredson. E’ il primo numero della pseudo-serie “Omaggio abbonati“, che vedrà negli anni successivi la pubblicazione di altri volumi dedicati a Gottfredson e Taliaferro. Usciranno una dozzina di titoli, abbastanza eterogenei per formato e contenuto, fino alla metà degli anni Ottanta, per poi riprendere brevemente e con formati diversi all’inizio degli anni Novanta.

Sempre sotto il marchio Disney, dal 1966 al 1971 vengono presentati in edicola una serie di fascicoli con le avventure di Zorro, in parte realizzate in Italia (da Pier Lorenzo de Vita che ritorna, dopo molti anni, al fumetto “dal vero”) ed in parte dallo Studio Program.

All’inizio del 1967, compare in edicola il primo fascicolo (grande formato, orizzontale) della serie “Le Grandi Storie“. Anche qui, si tratta del Mickey Mouse degli anni Trenta; sono ristampe quasi anastatiche (con doppia copertina rimovibile) di numeri scelti di “Nel Regno di Topolino” e degli “Albi Nerbini“. Usciranno altri undici numeri, tutti nel 1967, e la serie si fermerà lì.

Nell’agosto 1968, i fumetti Disney approdano nella prestigiosa collana degli “Oscar Mondadori“. E’ Luciano Bottaro, pare, a suggerire a Gentilini di raccogliere in un volumetto alcune tra le più belle storie di Carl Barks, il cui nome viene citato nell’introduzione (forse per la prima volta nel mondo in una pubblicazione “ufficiale”). Nel decennio successivo, altre uscite – a volte in cofanetto di due o tre volumi – riproporranno il Topolino di Gottfredson (“Gli anni ruggenti di Topolino“, “Le follie di Eta Beta“, “I pensieri di Pippo“, “Trilogia di Topolino“, “Topolinissimo 1930-31-32“), il Paperino di Barks (“Noi Paperi“), ed antologie varie (“Le disavventure di Paperino“, “L’imprevedibile Eta Beta“, “Storia e gloria della dinastia dei Paperi“).

Nel 1970 fanno la loro comparsa ben due collane: “Il Topolino d’Oro” e i cosiddetti “cartonatoni“. La prima riprende il discorso accennato tre anni prima da “Le Grandi Storie“, ma in maniera più organica: si tratta infatti della ristampa cronologica, in 33 albi orizzontali di grande formato, di quasi tutto il Mickey Mouse “giornaliero” dal 1930 al 1945, con l’aggiunta di qualche “continuity” tratta dalle tavole domenicali e dalle “Silly Symphonies”. L’intento è lodevole, ma l’approccio non soddisfa appieno i filologi, visto che le storie sono riproposte nelle versioni rimontate e censurate dell’anteguerra, con nuove traduzioni spesso discutibili. L’ultimo numero della serie esce nel 1974.

Il primo dei “cartonatoni” è il famosissimo “Io, Topolino“. Si tratta di volumi di grande formato e prezzo considerevole (8.000 lire dell’epoca), che usciranno con regolarità nell’imminenza delle feste di Natale fino al 1997. La serie attraversa tre periodi principali, coincidenti con l’avvicendarsi dei curatori: Mario Gentilini privilegia i “classici” (Gottfredson, Barks, Taliaferro); Gaudenzio Capelli produce antologie piuttosto eterogenee di materiale relativamente recente, la cui qualità lascia assai delusi gli appassionati; Ernesto Traverso si fa promotore di una sterzata filologica, grazie alla quale la collana ristampa gran parte della produzione sindacata degli anni Quaranta e Cinquanta (dal Paperino di Taliaferro al Topolino di Walsh e Gottfredson, passando per le “Silly Symphonies” e le domenicali di Fratel Coniglietto). Purtroppo, a fine 1997, problemi di licensing tra Disney Italia e Mondadori pongono fine ad una serie che avrebbe avuto ancora moltissimo da dire.

Infine, tra il 1971 ed il 1973, Mondadori prova a sfruttare la popolarita’ del formato cartonato “alla francese” (quello di Asterix, per intenderci), e pubblica 7 volumi che ristampano alcune delle “Grandi Parodie” italiane degli anni Cinquanta. La serie e’ denominata “I Grandi Classici di Walt Disney“. In uno dei volumi (“Paperino e i Tre Moschettieri“, del gennaio 1972) compare anche una breve storia inedita, prodotta per l’occasione da Chendi e Bottaro.

Un numero limitato di lettori, nel 1976, riceve anche un’altra rivista con i fumetti Disney: sono gli iscritti al “Club delle Giovani Marmotte” che ricevono come omaggio mensile l’omonima rivista ufficiale del club, contenente principalmente storie di produzione italiana realizzate in maniera mediocre.

1977-1988: Ristampe a profusione

L’ultimo decennio della gestione Mondadori non vede particolari miglioramenti nella qualità della produzione originale (peggiorare sarebbe stato comunque non facile…), e segna la chiusura di due delle testate più longeve.

L’ultimo numero dell'”Almanacco” e’ il 336, del dicembre 1984. Già da alcuni anni, la maggior parte delle storie di produzione italiana erano affidate a disegnatori stranieri, principalmente spagnoli (lo Studio Bargadà faceva la parte del leone); sulla qualità delle sceneggiature è opportuno sorvolare. Nel gennaio 1985 esce quindi il primo “Mega Almanacco“: la numerazione dell'”Almanacco” viene mantenuta, ma il contenuto è affatto diverso, consistendo esclusivamente di ristampe di storie prodotte in Brasile e in Danimarca.
Anche gli “Albi di Topolino” si fermano al numero 1430, nell’aprile 1982. Ma gli appassionati di ristampe non hanno di che lamentarsi: la chiusura della testata è dovuta probabilmente alla mancanza di “materia prima”, dirottata su altre, più corpose, pubblicazioni.

Infatti, già dal gennaio 1977 i “Classici di Walt Disney” sono diventati una serie regolare, con numerazione che ricomincia da 1 (dopo le 71 uscite della prima serie) e periodicità mensile anziché bimestrale. Fino all’estate del 1982, questo non comporta un aumento nel fabbisogno di ristampe di storie “recenti”, dato che i numeri dispari sono ristampe fedeli dei Classici della prima serie: iniziativa lodevolissima (visti i prezzi raggiunti dalle edizioni originali sul mercato dell’usato), ma che purtroppo si limita ad una trentina di uscite (l’ultima ristampa e’ quella di “Topolino Estate“, nel numero 67 della seconda serie). Col numero 56 scompaiono anche i “Prologhi” e le storielle di collegamento, nella realizzazione delle quali negli ultimi anni Giancarlo Gatti si era alternato a Giuseppe Perego. Col progredire della serie, la connotazione originaria – ristampa delle storie italiane apparse su “Topolino” 4-5 anni prima – è andata parzialmente perduta: le storie sono sempre italiane (tranne rare eccezioni), ma vengono scelte più o meno casualmente su tutto l’arco temporale di “Topolino” (escludendo gli anni Cinquanta, ritenuti probabilmente troppo “arcaici”).

Nel giugno 1980, compare in edicola il primo dei “Grandi Classici di Walt Disney“. Il formato è quello di “Topolino” e dei “Classici“, ma il numero di pagine – e quindi di storie – è assai superiore: si andrà dalle circa 450 dei primi numeri alle 356 attuali. Il successo del primo numero, concepito probabilmente come uno one-shot estivo, fece sì che l’esperimento fosse ripetuto nel giugno dell’anno seguente; per il numero 3 si dovettero attendere soltanto 6 mesi, e già nel 1982 la periodicità divenne trimestrale (non a caso, proprio a questo periodo risale la chiusura degli “Albi di Topolino“). Il mix delle ristampe segue le stesse (blande) regole dei “Classici“: storie di produzione italiana, apparse su “Topolino“.

Ma l’ardore ristampista (benemerito, sia ben chiaro!) non poteva certo limitarsi alle storie in formato “libretto” (3 righe di 2 vignette per pagina). Serve quindi una testata che possa accogliere le storie degli “Albi d’Oro” e dell'”Almanacco“, senza costringere i grafici a faticosi lavori di rimontaggio (come era già accaduto in passato per alcune ristampe apparse sugli “Albi della Rosa“). Ed ecco apparire, nel dicembre 1976, il “Super Almanacco Paperino“. Anche qui abbiamo due serie: la prima (circa bimestrale) consta di 17 numeri, e propone storie validissime, per la maggior parte tratte dagli “Albi d’Oro” (numerosi classici di Barks ricompaiono qui dopo moltissimi anni dalla prima pubblicazione italiana). La seconda è mensile, riparte dal numero 1 (luglio 1980), ed è principalmente dedicata a ristampe da “Almanacco Topolino“. Le copertine di entrambe le serie, bellissime, sono opera di Marco Rota.
Oltre alle storie classiche di importazione statunitense, la collana ristampa anche storie “arcaiche” di produzione italiana che non venivano riproposte da più di vent’anni e che in alcuni casi costituivano delle vere e proprie “prove d’esordio” dei più importanti autori di casa nostra.

A partire dal numero 55 della seconda serie, il “Super Almanacco” ospita anche storie originali. Siamo nel gennaio 1985: si tratta della produzione (principalmente) italo-spagnola che fino al mese precedente appariva sul defunto “Almanacco“. Con il numero 67 (gennaio 1986), la testata cambia nome, e diventa “Paperino Mese“. Il contenuto resta però invariato (e lo resterà anche a fine 1987, quando il formato verrà ridotto a quello di un pocket).

Le storie prodotte in Danimarca dal gruppo Gutenberghus (poi Egmont), prima di approdare sul “Mega Almanacco“, erano state presentate al pubblico italiano in una testata dedicata quasi esclusivamente ad esse: “Paperino & Co.” (diventata poi semplicemente “Paperino” a partire dal numero 57). La serie esce tra il luglio 1981 e l’ottobre 1983, con cadenza dapprima settimanale, poi quindicinale; negli ultimi numeri ospita anche le ristampe delle storie dell’orsetto Winnie the Pooh, tratte dall’omonimo comic book americano e le storie dell’insetto Buci riprese da numeri di “Walt Disney Comics and Stories” pubblicati negli USA nella seconda metà degli anni Quaranta. Tra le storie danesi, sono particolarmente degne di essere ricordate quelle disegnate dal cileno Vicar e dall’argentino Daniel Branca.

Altre due mini-serie di materiale straniero vengono pubblicate tra il 1983 e il 1985: si tratta di “Pippo il grande” (5 numeri usciti) e “Pippo &…“. La prima propone storie lunghe (44 tavole) della serie “Goofy Classics”, disegnate in Argentina su sceneggiature del Disney Studio; la seconda (3 soli numeri) traduce la serie “A Goofy look at…”, sempre targata Disney Studio.

Il 1987 vede la comparsa di due testate (sempre di ristampe) molto apprezzate dai “filologi”. Il “Tascabilone“, nei suoi 9 numeri (l’ultimo è del giugno 1989), ripropone 193 delle 195 storie pubblicate a fine anni Quaranta negli “Albi Tascabili di Topolino“.

Ma è soprattutto “Zio Paperone” (il cui primo numero esce a dicembre) ad aver conquistato il pubblico degli appassionati. Iniziato da Mondadori come ristampa integrale delle storie di Carl Barks apparse sul comic bookUncle Scrooge“, è poi diventata la “Carl Barks Library” ufficiale italiana: i primi 69 numeri, più i tre “Speciale Paperino“, contengono infatti l’intero corpus barksiano. I numeri dal 70 in poi (quelli con copertina a sfondo bianco), oltre a riproporre le storie di Barks apparse sui primissimi numeri e sui tre “Speciali“, ospitano i lavori degli “eredi” di Barks: Branca, Vicar, Milton, Jippes, Rota, Scarpa, ma soprattutto Don Rosa (il cartoonist americano autore tra l’altro della monumentale “Life of Scrooge“, apparsa in 12 puntate sui numeri dal 70 all’81).
Unico neo di questa importantissima collana (coordinata da Lidia Cannatella, ed arricchita tra l’altro di preziosi articoli, firmati solitamente da Alberto Becattini e Luca Boschi) è la quotazione sul mercato dell’usato: non ci sono problemi di reperibilità (come è lecito attendersi, visto che si tratta di una serie recente e ad alta tiratura), ma i prezzi sono relativamente elevati, soprattutto per i primi numeri e gli Speciali. Fortunatamente, la Disney Italia sembra essersi accorta del problema, ed ha recentemente ristampato i primi 24 numeri, mettendoli in vendita all’attuale prezzo di copertina di “Zio Paperone“.

Pochi mesi prima dell’uscita del primo numero di “Zio Paperone” la Mondadori aveva proposto al pubblico dei collezionisti un’altra ottima pubblicazione: “Le Grandi Storie di Walt Disney“, dove venivano riproposte in albi dal grande formato orizzontale le storie classiche di Gottfredson in una veste filologicamente corretta e di grande fascino. Questa collana riprendeva e completava quella iniziata da Mondadori e Traverso destinata alle librerie e composta da copie numerate ben più costose. Probabilmente a causa del passaggio di licenza dalla Mondadori alla Disney la serie ebbe vita breve: solamente 19 numeri, più due supplementi pubblicati frettolosamente poco prima della chiusura della testata.

Va comunque ricordato un precedente sfortunato tentativo di dar vita ad una “Barks Library“: tra il 1979 ed il 1980 escono 15 album de “Il Paperino d’Oro“, con cadenza mensile. La serie è la riproposizione di un’analoga iniziativa olandese, ma non ha evidentemente il successo sperato.

Nel 1987-1988, Mondadori fa un secondo tentativo di proporre una serie dedicata a “Le Grandi Parodie“: dopo i cartonati di inizio anni Settanta, stavolta il formato è quello dei fortunati “Manuali“. La collana si ferma però dopo soli 4 numeri: “Storia e gloria della dinastia dei paperi” (del quale esiste anche una versione data come omaggio agli abbonati), “Le grandi parodie della banda dei paperi“, “Le grandi parodie della famiglia dei paperi“, “Le grandi parodie del clan dei paperi“, forse per esaurimento di sinonimi di “famiglia”…

Infine, in un decennio particolarmente prodigo di ristampe, è degna di menzione la breve serie “Topolino Più“. Si tratta di 10 albi cartonati di grande formato, usciti mensilmente nel 1983-1984, ognuno dei quali contiene una lunga storia originale; i disegnatori prescelti furono Scarpa, Carpi, Massimo De Vita, Cavazzano, Gatto, Chierchini, Asteriti, Scala, Rota e Bargadà. Alcuni dei volumi vengono ristampati in tutta Europa nella versione tradotta in Latino (collana “Disney Lingua Latina“).
E “Topolino“? Come già accennato, la qualità media resta bassa, sia per la produzione italiana che per le ristampe di materiale americano (il declino dei comic book è giunto alla stretta finale, e nel 1984 le pubblicazioni negli U.S.A. vengono sospese: riprenderanno nel 1986 sotto l’egida della casa editrice Gladstone, ma con una limitatissima produzione di storie originali). Va segnalato comunque un ritorno di Romano Scarpa alla sceneggiatura di storie lunghe (da ricordare soprattutto le cosiddette “Storie a strisce”); Carpi disegna magistralmente alcune lunghe parodie di un sempre più torrenziale Guido Martina, e a partire dal 1984 ne realizza alcune in proprio, con ottimi risultati; Cavazzano continua a contribuire con regolarità; ma soprattutto Massimo De Vita raggiunge la piena maturità artistica, affiancando alle storie di Paperinik (di cui è il principale disegnatore) una serie di avventure sceneggiate “in proprio” che spaziano dall’archeologia al fantasy (memorabile è soprattutto la trilogia della “Spada di Ghiaccio”, che ha avuto l’onore della ristampa su Classico speciale). A parte i “mostri sacri”, però, non si intravvede all’orizzonte un ricambio generazionale, soprattutto tra gli sceneggiatori – il che getta ombre minacciose sul futuro…

1989-2004: Disney Italia, o della proliferazione

Luglio 1988, finisce un’epoca. Il colosso Disney decide di prendere in mano autonomamente il settore fumetti: nasce la Walt Disney Company Italia, Mondadori esce di scena dopo più di mezzo secolo (anche se continuerà fino ad oggi a produrre materiale destinato alla distribuzione mista in libreria e in edicola).
Al momento del passaggio di consegne, nelle edicole italiane si trovano 7 serie a fumetti Disney: “Topolino” e “Paperino Mese” (le uniche con storie originali di produzione italiana), “Classici“, “Grandi Classici“, “Mega Almanacco“, “Zio Paperone” e “Tascabilone“.

Immagine promozionale per mostrare l’efficacia dell’editoria disneyana (dall’Economia di Zio Paperone 1992).

Chi ha già dato un’occhiata alla lunghezza del presente paragrafo avrà forse capito che la caratteristica principale della nuova gestione sarà il proliferare di nuove testate, per la maggior parte destinate ad una vita effimera. Il sospetto è che le esigenze del marketing abbiano preso il sopravvento; il rischio è che, proprio per seguire “in tempo reale” le variazioni di gusto del pubblico, si sia finito per confondere le idee al pubblico stesso. Il tempo dirà chi ha avuto ragione…

Delle 7 testate sopra menzionate, soltanto il “Tascabilone” non è più in edicola a maggio 2004: assenza peraltro giustificata, essendosi ben presto esauriti i numeri degli “Albi Tascabili” da ristampare.

Mega Almanacco” ha cambiato nome due volte, diventando dapprima “Mega 2000“, poi “Mega 3000“; il contenuto non è però mutato, salvo la forzata rinuncia alle storie di produzione brasiliana, essendosi questa interrotta di recente. Tra gli autori Egmont ospitati sulle pagine della collana, sono degni di menzione Cesar Ferioli (con storie di Topolino di ispirazione “classica”, spesso sceneggiate dal bravo David Gerstein) e William Van Horn (con i suoi ten-pagers di ispirazione barksiana, approdati anche su “Zio Paperone“).

Immagine promozionale per mostrare diverse testate presenti in edicola. Buffo vedere TopoStrips, non certo una testata di successo, con soli tre numeri (dall’Economia di Zio Paperone 1992).

I “Classici” ed i “Grandi Classici” hanno proseguito senza particolari variazioni fino all’inizio del nuovo millennio, quando il loro menu è sembrato specializzarsi: storie pre-1975 per i “Grandi Classici“, ristampe più recenti (principalmente degli anni Ottanta) nei “Classici“. Da segnalare che, a partire dal numero 186 (maggio 1992), i “Classici” vengono identificati dal solo numero, e non più da un titolo vero e proprio.
Paperino Mese” è diventato “Paperino” nel settembre 1994, e per un lungo periodo ha pubblicato numeri con storie (originali e ristampe) “a tema”; da qualche anno è passato ad un approccio “misto”, intermedio tra “Classici” e “Grandi Classici“. A tutt’oggi, la storia di apertura di ogni numero è un inedito di produzione italiana.
Va comunque notato che, dopo più di 20 anni di “Classici“, “Grandi Classici” e altre serie di ristampe, il numero di storie anteriori al 1990 mai ristampate è ormai fisiologicamente assai ridotto. Le cifre sono eloquenti: delle 63 storie apparse su “Topolino” tra il 1967 ed il 1990, e pubblicate sui “Classici” nell’annata 2001, soltanto quattro non erano già apparse sui “Grandi Classici” o altrove; delle 115 storie (del periodo 1962-1988) pubblicate sui “Grandi Classici” nella stessa annata 2001, ben 101 erano state riviste in precedenza sui “Classici” o altre serie. Nell’aprile 2004, tuttavia, i “Grandi Classici” hanno iniziato a proporre una sezione denominata “Storie preziose”, e dedicata proprio ad avventure non ristampate da diversi decenni; lodevolissima iniziativa, cui auguriamo la miglior fortuna (e per la quale sospettiamo vada ringraziato il solito Luca Boschi, che da gennaio 2004 viene accreditato di una collaborazione nel colophon di “Classici” e “Grandi Classici“).
Di “Zio Paperone” si è già detto nel paragrafo precedente; si deve solo precisare che Mondadori continua a pubblicare la serie fino al numero 14, del dicembre 1988, mentre per il numero 15 (primo della gestione Disney Italia) bisogna attendere il dicembre 1990.

Resta “Topolino“, il cui livello qualitativo sta dando segni di risveglio dopo decenni di letargo. La Disney Italia ha puntato decisamente sugli autori italiani, escludendo quasi completamente (fin dal 1994) le ristampe di storie estere; il risultato è stato più che apprezzabile dal punto di vista del disegno, visto che ai “mostri sacri” come Cavazzano e Massimo De Vita si sono affiancati numerosi giovani assai promettenti: Mastantuono, Barbucci, Ziche, Sciarrone e molti altri, che hanno supplito dignitosamente al progressivo abbandono di vecchie glorie quali Scarpa, Bottaro e il compianto G.B. Carpi.

Purtroppo, lo stesso non si può dire per le sceneggiature, le quali non raggiungono gli abissi qualitativi degli anni Settanta/Ottanta, ma languono spesso in una grigia e comoda mediocrità, riproponendo ad infinitum spunti e situazioni trite e ritrite. Fanno eccezione alcuni talenti, primo tra tutti quello di Tito Faraci, che ha saputo dare un nuovo spessore al difficilissimo (per gli sceneggiatori) personaggio di Topolino, tanto da meritarsi una ristampa tutta per se’ nel volume “Topolino Noir” edito da Einaudi nel 2000; anche altri autori “completi” (nel senso che disegnano le proprie sceneggiature) sembrano in grado di produrre quelle opere “mature” (ovvero, in grado di essere apprezzate su più livelli dal pubblico infantile e da quello adulto) di cui tanto si sente la mancanza. Parliamo di Silvia Ziche, di Enrico Faccini, del duo Lucio Leoni – Emanuela Negrin, dello stesso Corrado Mastantuono.

Ma veniamo alle altre testate dell’era Disney Italia. A maggio 2004, in edicola si possono trovare altre 8 serie, oltre alle 6 appena descritte. Prima di analizzarne le caratteristiche, occupiamoci però – per forza di cose, in maniera breve e schematica – degli altri quindici (!) titoli che sono nati e morti nel breve volgere di un decennio. In ordine di apparizione:

Noi Due Paperina e Minni“: Mini serie composta da tre numeri, usciti nel Luglio dei primi anni Novanta. Il primo fascicolo non riporta alcun numero, forse era da intendersi come one-shot, evidentemente il buon successo di vendite convinse i responsabili a riproporre, a distanza di un anno, l’esperimento che sarebbe poi ripreso anni dopo con la pubblicazione di “Storie col Fiocco“. I fascicoli ristampano storie apparse su “Topolino Libretto” negli anni precedenti con le protagoniste al femminile.

Topomistery“: 73 numeri, dal maggio 1991 al febbraio 2000. Inizialmente bimestrale, poi mensile (dal numero 14), poi di nuovo bimestrale (dal numero 54). Avventure “gialle” di Topolino: per la maggior parte, si tratta di ristampe di storie di ottima qualità tratte da “Topolino” (tra cui diversi classici del primo Scarpa), ma compaiono anche diverse storie lunghe di Paul Murry. A partire dal numero 38, la serie ospita storie inedite di produzione italiana, ma soprattutto dedica parte delle sue pagine a ristampe di strisce di Gottfredson: con una insolita – ma efficace – soluzione tecnica, le strisce sono stampate “in orizzontale”. Viene riproposta la quasi totalità dell’annata 1946 (in gran parte inedita al di fuori del mercato amatoriale), nonché l’intero periodo 1948 – 1954.

Topostrips“: 3 numeri, dal giugno 1991 al febbraio 1992. Lodevolissima iniziativa di Carlo Chendi, che si ripropone di pubblicare in maniera filologica le strips del Mickey Mouse di Gottfredson, in un formato ad esse appropriato e col corredo di note critiche. Purtroppo, il progetto si esaurisce troppo presto.

Le Grandi Parodie“: 78 numeri, dal luglio 1992 al febbraio 2001. Inizialmente mensile, poi bimestrale (dal numero 53). In volumi di grande formato, vengono riproposte ancora una volta le storie del fortunato filone parodistico inaugurato da Guido Martina negli anni Cinquanta. La collana è orientata ai collezionisti, ed è arricchita da note storiche e filologiche; purtroppo, le storie vengono rimontate in maniera non molto accurata per adattarle al nuovo formato, vengono aggiunte delle vignette apocrife e in più occasioni i dialoghi vengono modificati per motivi di political correctness. Con il progressivo esaurirsi delle storie a disposizione, la serie dimezza la frequenza di uscita, per tentare infine la carta delle “Pippoparodie”: gli ultimi 7 numeri sono dedicati ad altrettante lunghe storie della serie “Goofy Classics” (la stessa già vista negli anni Ottanta in “Pippo il Grande“). L’esperimento non trova il consenso del pubblico, e la serie viene soppressa. Nonostante il non grande successo di pubblico incontrato, tali albi vennero (e vengono tuttora) riproposti in più vesti ai lettori: rilegati in blocchi di tre fascicoli in un unico volume, raccolti in un cofanetto, raccolte da edicola, ecc.

Disney Video Parade“: A seguito della diffusione capillare dei videoregistratori presso le famiglie italiane, nell’ottobre del 1992 la Disney pubblica una serie di cartoni animati in videocassetta da commercializzare in edicola. Come di solito avviene in questi casi, la videocassetta viene venduta come allegato ad una pubblicazione cartacea per usufruire di riduzioni fiscali; dunque assieme alle videocassette appaiono dei volumetti cartonati che al loro interno ristampano alcune storie sindacate degli anni trenta assieme ad interessanti articoli di presentazione del contenuto del nastro. Una serie forse sottovalutata, ma che nel suo complesso permette di leggere una fetta importante della produzione di Gottfredson e Taliaferro.

Duck Tales“: la serie vera e propria è preceduta da due uscite one-shot: “DuckTales Avventure di Paperi” (maggio 1993) e “DuckTales numero 2 – Il ritorno” (gennaio 1994), contenenti ristampe di storie già pubblicate sul Mega Almanacco negli anni 1988/1989. Dall’ottobre del 1994 la serie diventa regolare; escono 8 numeri, di formato analogo al Super Almanacco Paperino. Con il n. 3 appaiono le prime storie inedite e, nel successivo n. 4, c’è la riduzione a fumetti del lungometraggio “Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta“. Dal numero 5 fanno la prima apparizione fumetti di altre serie animate come “Bonkers“, “TaleSpin” e “Cip & Ciop agenti speciali“. La serie ha cadenza trimestrale; l’ultimo numero esce nell’agosto del 1996.

Tre mesi dopo la testata sarà sostituita in edicola da “Disney Club” (novembre 1996/settembre 1997), con sottotitolo TV Comic Magazine e il dichiarato intento di avere come riferimento la relativa trasmissione televisiva (è presente anche una rubrica di giochi). Si tratta di storie nuove sempre ispirate ai cartoni animati televisivi comprendendo, questa volta, anche “Aladdin“.

Albi di Topolino“: 73 numeri, dal novembre 1993 al novembre 1999. Tornano i gloriosi Albi, più o meno nello stesso formato, ma con periodicità mensile. Ogni numero raccoglie 3-4 storie dello stesso personaggio; le ristampe vengono da “Topolino“, e comprendono produzione sia italiana che estera, con prevalenza del periodo 1970-1990.

Paperfantasy“: 35 numeri, bimestrale, dal giugno 1994 al febbraio 2000. Ristampa storie “fantastiche”, principalmente post-1980, ma con qualche “pezzo d’epoca” (i “piatti volanti” ed il “razzo interplanetario” di Bottaro, la “farfalla di Colombo” di Scarpa). Ogni numero presenta una storia lunga inedita.

Giovani Marmotte“: 63 numeri, mensile, dal febbraio 1995 all’aprile 2000. Ogni numero contiene 3-4 storie inedite dedicate alle Giovani Marmotte; vengono introdotti alcuni nuovi personaggi. Numerosi giochi e rubriche sul modello “Manuale delle Giovani Marmotte“, e storie americane anni Settanta come riempitivo (alcune su sceneggiatura di Barks).

Topolino Adventure“: 20 numeri, bimestrale, dal marzo 1995 al maggio 1998. Ristampa storie “avventurose”, principalmente post-1980, con numerose apparizioni di Indiana Pipps. Ogni numero presenta una breve storia inedita, disegnata da Sandro Dossi.

Ridi Topolino“: 13 numeri, bimestrale, dal marzo 1997 al febbraio 1999. In ogni numero compare una breve storia inedita di Faraci e Ferrario. Inoltre, ristampe di storie anni Settanta e Ottanta italiane, brasiliane e del Disney Studio; interessante curiosità, la presenza di numerose strisce giornaliere di Mickey Mouse del 1963 (Gottfredson) e 1984, nonche’ degli “Animatti” (“Merry Menagerie“, vignette apparse quotidianamente sui giornali americani tra il 1947 ed il 1962, e disegnate da Bob Grant).

Storie col fiocco“: 4 numeri, trimestrale, dal novembre 1998 all’agosto 1999. Ogni numero è dedicato ad una protagonista “femminile” (Paperina, Clarabella, Nonna Papera, Minni). Le storie vengono principalmente da “Minni“, salvo che per il volume “Gli anni muggenti di Clarabella” (storie di produzione francese, tra cui due inediti di Cavazzano).

Almanacco Topolino (Nuova Serie)“: 13 numeri, trimestrale, dall’aprile 1999 al marzo 2002. Annunciata nell’editoriale del numero 1 come la serie che avrebbe ristampato le storie del “periodo d’oro dell’Almanacco, quello che va dal 1957 al 1977”, questa collana trimestrale si è invece rivelata alquanto deludente. La stragrande maggioranza delle storie risale infatti – forse per motivi di reperibilità degli impianti di stampa originali – agli anni Settanta, quando il “periodo d’oro” era in realtà finito da un pezzo; anche gli inserti redazionali sono piuttosto insipidi, soprattutto per chi si aspettava qualcosa di almeno lontanamente paragonabile a “Zio Paperone” e “Maestri Disney“. La soppressione della serie non giunge quindi come una sorpresa; al suo posto, nell’editoriale dell’ultimo numero, viene annunciata la collana “Le Imperdibili“.

Mickey Mouse Mystery Magazine“: 12 numeri, bimestrale, dal maggio 1999 al marzo 2001. Un tentativo di “rifondazione” del personaggio di Topolino: l’eroe si ritrova da solo nella città di Anderville, dove agisce come investigatore privato in storie lunghe ed inserite in una continuity che per le storie di Topolino mancava dagli anni di Gottfredson. La serie non ha il successo incontrato in precedenza da “Paperinik New Adventures” (per molti versi ad essa simile), e viene frettolosamente conclusa dopo meno di due anni di vita.

GM Magazine“: pochi numeri pubblicati nel corso del 2000 contenenti storie inedite di produzione italiana; riprende il mensile “Giovani Marmotte“, con la differenza nel formato che è lo stesso di “Paperinik New Adventures“.

Ed ecco le nove serie “sopravvissute” (almeno, fino ad oggi…):

Paperinik e altri supereroi“: parte come bimestrale nell’aprile 1993, ma diventa presto mensile. Inizialmente propone soltanto ristampe di avventure di Paperinik e Super Pippo; i primi 20 numeri ripresentano, con pochissime eccezioni, tutte le storie del papero mascherato apparse su “Topolino” e sull'”Almanacco” fino alla metà degli anni Novanta (anche se con i dialoghi abbondantemente modificati, in ossequio alle nuove direttive del politically correct), nonché un buon terzo delle storie di Super Pippo pubblicate negli Stati Uniti dalla collana “Super Goof“. A partire dal numero 18, ogni numero contiene una o più storie inedite con protagonista Paperinik. Anche Paper Bat, alter-ego supereroistico di Paperoga nelle storie di produzione brasiliana, viene ospitato nella serie.

Minni & company“: mensile, appare nel giugno 1993; nell’aprile 2001, dopo 94 numeri, il titolo diventa “Minni amica del cuore“, e la numerazione riparte da 1. Storie inedite e rubriche destinate al pubblico delle bambine, più (poche) ristampe di storie italiane e francesi. Tra i disegnatori spiccano Cavazzano, Gatto, Mastantuono e Ziche. Il numero 38 ripropone il “Codino, cavallo marino” di Romano Scarpa, a più di 30 anni dall’ultima apparizione della storia. Nel settembre 2001, viene realizzato un cambio di formato ed impaginazione; le storie a fumetti prendono decisamente il sopravvento sulle rubriche.

Paperinik New Adventures“: una serie che porta una piccola rivoluzione nel mondo Disney. Il personaggio di Paperinik viene completamente rielaborato, ed inserito in una complessa continuity fanta-tecnologica, che strizza l’occhio alle serie di supereroi d’oltreoceano. Il pubblico si divide in due: per molti le storie sono troppo lontane dai canoni Disney, e vengono rifiutate con sdegno; molti altri vengono invece conquistati dalla novità dell’approccio, e vanno a formare un agguerrito nucleo di aficionados. Il primo “numero zero” (ce ne saranno altri due!) è del marzo 1996; col numero 3, la periodicità diventa mensile.

Quasi tutti i disegnatori e gli sceneggiatori più promettenti tra le “nuove leve” si cimentano sulle pagine della collana, che inizia però a dare segni di stanchezza, e viene improvvisamente “rifondata” nel febbraio 2001: il titolo diventa “PK²“, la numerazione riparte da 1, e con essa una nuova linea narrativa (benché gli agganci con la saga precedente restino ben saldi). Nuova “sterzata” nell’agosto 2002: al numero 18 di “PK²” succede il numero 1 di “PK“. Stavolta lo stacco è più netto, con l’introduzione di un’origine alternativa del personaggio, che – a giudicare dalle reazioni sui forum Internet – scontenta un po’ tutti.

I Maestri Disney“: nel febbraio 1997 esce il primo numero di questa splendida collana monografica, dedicata ai grandi del fumetto disneyano. La periodicità è bimestrale; gli artisti scelti per i primi sette numeri sono Carpi, Murry, Bottaro, Cavazzano, Gottfredson, Massimo De Vita e Scarpa. L’assenza di Barks è giustificata dall’esistenza di una collana tutta dedicata a lui, quale è “Zio Paperone” (lo stesso discorso vale per Don Rosa ed, in parte, Marco Rota). La coppia Alberto Becattini – Luca Boschi, col coordinamento di Lidia Cannatella, propone storie di ottima qualità, moltissime “chicche” che gli appassionati non vedevano da decenni, interviste ed articoli di approfondimento, cronologie per ogni autore: difficile chiedere di più. Il successo commerciale è però limitato; dopo la seconda “tornata” dedicata agli stessi autori (numeri dall’8 al 14) ed il terzo volume dedicato a G.B. Carpi (che, purtroppo, diventa un omaggio alla memoria), iniziano i mutamenti. Molti tra i lettori avrebbero gradito un allargamento della serie ad altri autori (e, soprattutto, sceneggiatori): invece, Murry viene eliminato, e l’ingresso di Pier Lorenzo De Vita è il canto del cigno della collana, almeno nella sua prima versione: nel novembre 1999 (numero 18, il terzo dedicato a Cavazzano) viene annunciato che le future uscite avranno cadenza più dilazionata.

Dopo una lunga attesa, che a molti aveva fatto temere il peggio, nel maggio 2000 esce finalmente il numero 19 (Scarpa): stesso formato, ma numero di pagine consistentemente aumentato (così come il prezzo), e nuova denominazione (“Maestri Disney Oro“). I numeri successivi escono con cadenza circa quadrimestrale, per poi assestarsi definitivamente su quella semestrale: viene completata la terza “tornata”, con Massimo De Vita ed il graditissimo ritorno di Gottfredson; Carpi e Scarpa hanno l’onore del quarto volume personale, Bottaro e Cavazzano giungono entrambi al quinto. Ma, soprattutto, nel gennaio 2003 esce il primo numero dedicato ad uno sceneggiatore: ovviamente, si tratta del grande Guido Martina.

W.I.T.C.H.“: mensile (il numero 1 è dell’aprile 2001), nel fomato comic-book “all’americana” sperimentato con “Paperinik New Adventures“. Il target – dichiarato esplicitamente, e confermato dal tono delle rubriche e dalla presenza di inequivocabili gadgets in ogni numero – sono le ragazze tra gli 11 e i 14 anni; ogni numero contiene una sola lunga storia, che si allaccia alle altre in una continuity (ideata da Elisabetta Gnone) che mescola il fantasy ad influenze manga, e le cui protagoniste sono 5 adolescenti dotate di magici poteri. Le sceneggiature sono di buon livello, così come i disegni (Alessandro Barbucci, dopo aver disegnato il primo numero, è art director nei successivi, assieme a Barbara Canepa); alcuni appassionati lamentano però un trend decrescente nella qualità delle storie, soprattutto dopo l’abbandono del duo Barbucci-Canepa. La serie è comunque un clamoroso successo di mercato, con vendite oltre le 200.000 copie, ristampe in decine di paesi (tra cui gli U.S.A.) e svariati tentativi di imitazione; in Italia si decide addirittura di procedere alla ristampa cronologica della serie, che compare nelle edicole all’inizio del 2003.

Le Imperdibili“: è la serie bimestrale che, a partire dal maggio 2002, ha sostituito il nuovo Almanacco Topolino. Alla diminuzione del prezzo corrisponde una proporzionale riduzione del formato, il che lascia un po’ perplessi, considerando che la fonte delle ristampe continua ad essere il vecchio Almanacco. I redazionali sono stati eliminati; ogni numero è dedicato ad un singolo personaggio. Dopo un inizio promettente, i curatori della serie tornano a cadere nei vecchi errori, tanto che tra gli appassionati circolano le denominazioni alternative “Le Perdibili” e “Le Imperdonabili”…

X-Mickey“: nuovo tentativo di ridare interesse al personaggio di Topolino, dopo il fallimento del “Mystery Magazine“. In questa serie mensile (il primo numero è del maggio 2002) Topolino si trova ad indagare su casi che hanno a che fare col soprannaturale; anche qui il tutto è inserito in una continuity anche se molto più vicina all’ambientazione tradizionale di Topolino rispetto a quella già vista sul “Mystery Magazine“. Il formato è quello di W.I.T.C.H. e di PK.

Monster Allergy“: il primo numero di questo mensile, in formato comic-book, esce nell’ottobre 2003, sotto l’etichetta “Buena Vista Comics”. Infatti, la Disney Italia si limita a distribuire in Italia una serie ideata per il mercato francese dal quartetto Artibani – Centomo – Barbucci – Canepa, al quale si affiancano presto altri autori già molto attivi su testate disneyane. Gli eroi della serie sono Zick, un ragazzino dagli strani poteri paranormali, la sua amica Elena Patata ed una nutrita compagnia di mostri (invisibili agli umani, ma non a Zick). La continuity è mirata ad un pubblico molto giovane (8 – 11 anni), ma l’ottimo livello delle sceneggiature e la buona cura del disegno la rendono fruibile anche a lettori più “maturi”.

Kylion“: un altro mensile in formato comic-book, che si pone come target il pubblico degli adolescenti. Il primo (promettente) numero, disegnato da Giulio De Vita, esce a fine maggio 2004; la serie è ideata da Francesco Artibani, e narra delle peripezie di un gruppo di naufraghi spaziali sedicenni.

Per chi è riuscito a seguire fino a questo punto, il quadro complessivo può sembrare già abbastanza caotico, ma il bello deve ancora venire…

Nel 1983 e 1984, Mondadori aveva pubblicato un “Topolino Estate“, identico per forma e contenuti al Topolino tradizionale, per sfruttare il tradizionale incremento nelle vendite coincidente col periodo balneare. Nel 1985, invece del terzo numero del “Topolino Estate” venne pubblicato il primo numero del “Classico Extra” (poi “Classico Estate“): un clone della collana dei “Classici di Walt Disney” che a partire da quella estate uscì regolarmente ogni anno, e fu affiancato nel 1988 da uno speciale primaverile, denominato appunto “Classico Primavera“, e da un’altra uscita estiva, “Disney Vacanze“.
La politica editoriale Disney Italia viene immediatamente applicata anche a queste pubblicazioni one-shot. Il “Classico Estate” diventa “Estatissima“, il “Classico Primavera” cambia nome in “Primaverissima“, “Disney Vacanze” resta invariato. Ed ecco subito un primo accenno di proliferazione: dal 1990, in coincidenza con le feste di fine anno, esce “Natalissimo“, affiancato a partire dal Natale successivo da “Disney Melody“.
Tutte queste pubblicazioni sono accomunate dall’approccio blandamente “tematico”, e legato al periodo dell’anno in cui escono. Si tratta invariabilmente di ristampe alquanto eterogenee, con storie mediamente non troppo “antiche”, tratte da “Topolino“.
Il panorama va completato con gli speciali “sportivi”, che escono da sempre con cadenza biennale, in occasione di Mondiali di calcio e delle Olimpiadi. Inizialmente, tali volumi erano inseriti a tutti gli effetti nella collana dei “Classici“; negli anni Ottanta, iniziano ad uscire come supplementi fuori serie, e la Disney Italia mantiene tale approccio.

Nel 1994, si cerca di dare una qualche schematicità a tutte queste uscite, probabilmente per semplificare il lavoro ai distributori ed ai rivenditori. Nascono quindi le “serie spurie” o “vattelapesca“: in qualche caso si tratterà di collane con una qualche logica interna, ma in generale sono semplici “contenitori” in cui vengono convogliati alla rinfusa gli one-shot più disparati. E, come apparirà chiaro dal seguito, ci sarà una vera e propria esplosione di questo genere di titoli: in pratica, soprattutto negli ultimi anni, ogni occasione sarà buona per mettere insieme una compilation di storie, che si tratti dell’uscita di un film o libro di successo (da “Storie Titaniche“, per “Titanic“, al recente “Spade Paperi e Magie” per “Il Signore degli Anelli“, passando per “Paperamses“, legato al ciclo di best-seller su Ramses di Christian Jacques), o di un evento mediatico di particolare risonanza (“Millennium Duck“, per l’arrivo del 2000, o più semplicemente “Paperfestival“, in occasione del Festival di Sanremo). Ma le “serie spurie” fanno da contenitore anche per volumi mirati ai collezionisti (citeremo nel seguito quelli a nostro parere più interessanti), e anche a pubblicazioni non a fumetti (enigmistica, libri-gioco per bambini in età prescolare). Attualmente, la Disney Italia produce almeno un titolo “estemporaneo” al mese; alla fine del 2001, le cinque serie citate nel seguito contavano complessivamente circa 120 uscite (nell’arco di meno di otto anni).

Capostipite delle “serie spurie” è “Disney Time“, il cui numero 1 è “Estatissima 1994“. Vengono qui raccolte le uscite “superlativo-stagionali”: appunto “Estatissima“, “Natalissimo“, “Primaverissima” e, tra il 1995 ed il 1997, perfino un “Carnevalissimo“. Stranamente, le due uscite estive denominate “Risatissima” (1995 e 1996) non rientrano nella serie, ma vengono pubblicate come supplementi a sé stanti.

In contemporanea con “Disney Time” vede la luce anche “Speciale Disney“, inaugurata da “Pippo Super Mondiale 1994“. Difficile trovare un qualche legame tra le uscite di questa serie, che spazia da “Disney Love” a “Avventure nel tempo“, passando per “Storie titaniche” e “Pippogol“. Da segnalare le interessanti antologie tematiche “The best of Paperino” (ottobre 1999) e “The best of Pippo” (aprile 2000), nonché “Ciao, Pippo!” (maggio 2002), volume celebrativo dei 70 anni del personaggio.

Discorso in parte simile per “Super Disney“, anch’essa partorita nella fatidica estate 1994: inizialmente dedicata in esclusiva a “Disney Vacanze” e “Disney Melody“, presto diventa una miscellanea (“Papergol“, “Paper Dinastia“, “Sostiene Paperoga“), la cui unica omogeneità è rappresentata dagli speciali estivi di “Paperinik New Adventures“. Meritano una citazione “TOP 1949” (aprile 1999, ristampa fedele, con note a pie’ pagina, dei primi 3 numeri di “Topolino“), “TOP 1959” (aprile 2000, di concezione analoga al precedente), “Il ‘900 visto da Topolino” (dicembre 2000; contiene alcune storie mai riviste dagli anni Cinquanta, come “Paperino al Tour”) e “Barks’ Friends” (marzo 2002, con le 10 storie del ciclo celebrativo del centenario della nascita di Carl Barks, prodotte dalla Egmont e disegnate da maestri del calibro di Scarpa, Rota, Rosa, Jippes).

Nell’estate del 1995 c’è spazio per un’altra pseudo-serie: “Tutto Disney“. Numerosi “Io Paperino!” (da non confondersi coll’omonimo “cartonatone”) sono intervallati dalla solita macedonia, qui rappresentata dai vari “Historia Papera” e “Disney Fantasy“, più gli egregi “Zio Paperone Progetto D.U.C.K.” (dicembre 1997, ristampa dell’intera “Life of Scrooge” di Don Rosa), “Carl Barks l’Uomo dei Paperi” (aprile 2001, volume commemorativo del centenario della nascita del Maestro dell’Oregon), “Fantastico Walt” (dicembre 2001, per il centenario della nascita di Walt Disney) e “Topolino – 70 anni di carta” (novembre 2002, per il settantennale delle pubblicazioni Disney in Italia).

Infine, il volume non a fumetti “L’oroscopo di Minni 1997” inaugura la serie “Più Disney“, i cui titoli spaziano da “Disney Vacanze” a “Paperfestival“, passando per l’ottimo “The best of Topolino” (novembre 1998) e “Mystery Speciale“.

La panoramica si conclude (finalmente!) con un accenno alle serie distribuite nel circuito delle librerie.

Disney Italia ha pubblicato i 4 volumi “Il meglio di…“, dedicati a Paperino, Paperone, Topolino e Pippo. Ogni volume ripercorre la storia editoriale del personaggio al quale è dedicato, e le storie sono scelte di conseguenza, cercando di riproporre gli sceneggiatori e disegnatori che meglio hanno interpretato i vari eroi nel corso degli anni. Il risultato è senz’altro piacevole, ma l’esperimento sembra essersi già concluso, visto che tutti i volumi sono usciti nel corso del 1999.

Nell’ambito della collana “B.U.R. – I Classici del Fumetto“, Rizzoli ha invece prodotto 5 titoli, usciti tra l’ottobre 1999 ed il maggio 2001 e dedicati rispettivamente a Topolino, Paperino, Zio Paperone, Qui Quo Qua e Pippo. L’approccio ed il formato sono assai simili a quelli de “Il meglio di…“; anche la scelta delle storie segue gli stessi criteri (da rimarcare soltanto la presenza di storie di Don Rosa, assenti dai corrispondenti volumi dell’altra serie) compresa la presentazione delle storie nel formato bianco e nero.

A partire dal 1997, Mondadori ha dato spazio ai fumetti Disney in 10 numeri della collana formato pocket “I Miti“. Degno di nota soprattutto “Topolino & Paperino” (aprile 1997), interamente dedicato a G.B. Carpi; i restanti numeri sono antologie di storie più o meno recenti, ognuna dedicata esclusivamente ad un personaggio (Paperinik, Zio Paperone, Pippo, Indiana Pipps, Eta Beta, i Bassotti, Super Pippo, Qui Quo Qua), con l’eccezione di “Macchia Nera (e tutti i cattivi)“, in cui compaiono i più noti villains avversari di Topolino.

Analogamente, 12 numeri della collana mondadoriana “Super Miti” hanno ospitato (tra il 1998 ed il 2002) raccolte di storie disneyane; di solito, si tratta di parodie o avventure in costume raggruppate tematicamente (si vedano per esempio i due volumi dedicati a “Paperamses“, con storie ambientate nell’antico Egitto).
A partire dal luglio 2001, Mondadori ha ristampato alcuni dei titoli apparsi nei “Miti” o nei “Super Miti” nella collana “Oscar Best Sellers“.

La serie “Tesori“, curata direttamente da Disney Italia (più in particolare, dalla redazione di “Zio Paperone“), è dedicata a Carl Barks. Si tratta di volumetti cartonati deluxe, che si caratterizzano per la presenza di storie in doppia versione con testo originale a fronte. In due casi si tratta di avventure inedite (“Horsing around with History”, “Somewhere in Nowhere”) realizzate negli anni Novanta su sceneggiature barksiane (ma ci sono alcuni dubbi in proposito…). Il quinto (e forse ultimo) volume, uscito nel novembre 2002, contiene storie barksiane di difficile reperibilità.
In libreria sono state diffuse anche le versioni cartonate dei “Maestri Disney Oro“, dei vari “The Best of…” e di altri one-shot. Tali edizioni sono fedeli in tutto e per tutto (tranne che nel prezzo) alle analoghe edizioni brossurate da edicola.

Conclusione

Come già accennato, non abbiamo certo la presunzione di aver trattato esaurientemente lo sterminato campo delle pubblicazioni Disney in Italia. Sono state tralasciate, ad esempio, le numerose serie della linea “pre-school“, mirate ai bambini in età prescolare: Amici di Zampa, Cip&Ciop, La Sirenetta, Principesse, Winnie the Pooh, Collezione Star Dance. Non si è toccato l’argomento degli “allegati”, dei quali diversi quotidiani e settimanali (Grazia, Repubblica, Messaggero, La Voce, Sorrisi&Canzoni, Il Sole 24 Ore, Il Corriere dello Sport) hanno fatto omaggio ai lettori, con risultati a volte eccezionali (pensiamo in particolare al Gottfredson degli anni d’oro, reperibile nella sua quasi totalità sui supplementi del Messaggero); e neppure quello degli albetti regalati agli acquirenti di prodotti alimentari delle linee Pavesi, Fruttolo, Accornero, Elah (gli introvabili “Suco Frio“, contenenti – pare – storie originali disegnate tra gli altri da G.B. Carpi) o assieme a giocattoli come nel caso dei “Fumetti in Scatola“.

Non vanno poi dimenticati i titoli estemporanei usciti in concomitanza di particolari eventi come “Topolino allo Zecchino d’Oro“, pubblicato a fine anni Sessanta, o “Avventure a Eurodisney“, edito in occasione dell’inaugurazione del parco a tema di Parigi.
Ci sono stati inoltre una miriade di fascicoletti pubblicati assieme al Topolino settimanale come supplementi, la cui situazione sembra essere abbastanza complessa anche per la diversa distribuzione che hanno avuto sul territorio nazionale: molti di essi all’inizio degli anni Settanta vennero pubblicati nella sola Lombardia.
Nelle edicole si trovano infine pubblicazioni Disney prive di storie a fumetti e mirate ad uno specifico target, come “Disney a punto croce“, le varie “Disney Enigmistica“, e la recente (e vendutissima) “Art Attack“.
Ci sarà tempo e modo di rimediare in una prossima revisione del presente lavoro, che dovrà sicuramente includere le interessantissime (e numerosissime) pubblicazioni per il mercato amatoriale, comparse a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, quando l’esclusiva Mondadori sul materiale Disney è divenuta un po’ meno rigida.

Per il momento… buona lettura!

Autore dell'articolo: Armando Botto

Genovese (ma residente nei pressi di Savona), ingegnere elettronico (ma avrebbe voluto fare il traduttore, o il bibliotecario, o entrambe le cose). Hobby non-fumettistici: musica (con predilezione per il progressive rock di mezzo secolo fa), calcio (con predilezione per una squadra che vinceva scudetti un secolo fa). Come la maggior parte dei suoi coetanei, ha imparato a leggere su "Topolino"; alla fine delle elementari, sentendosi troppo maturo, è passato a "Tex"; dopo le medie, per lo stesso motivo, si è buttato su "Linus"; all'università non leggeva quasi fumetti. Ha poi iniziato un implacabile percorso di regressione che lo ha riportato prima a "Linus", poi a "Tex", quindi nuovamente a "Topolino" ed ai fumetti Disney in generale. Prevedendo quindi che tra pochi anni disimparerà a leggere, ha pensato bene di provare a scrivere qualcosa.