Le interviste del Papersera – Enrico Faccini

20 FEB 2005

La presente intervista è stata rilasciata ai nostri “colleghi” tedeschi del sito Lustigen Taschenbuch (l’equivalente germanico dei nostri Classici) da Enrico Faccini, e tradotta per il Papersera da Armando Botto. Un particolare ringraziamento va a Christian Peters, curatore del sito tedesco, che ci ha concesso la possibilità di tradurre e metterla on-line.

LTB: Enrico, ovviamente la prima domanda è: come sei diventato un disegnatore disneyano? Da quanto tempo disegni fumetti, e quali artisti hanno avuto influssi sul tuo lavoro? Disegni altre cose, oltre alle avventure Disney?

Qui Quo Qua e il rock rimbombéros, la prima storia disegnata da Faccini.

EF: Ho iniziato a disegnare fumetti nel 1987/88. Dopo una poco fortunata carriera universitaria, ho deciso di produrre alcuni disegni di prova, e tentare di propormi nel campo della grafica pubblicitaria o del fumetto. Ho scritto e disegnato una versione del “Gatto nero” di Edgar Allan Poe e l’ho inviata ad un agente originario di Genova e ben introdotto nell’ambiente dei fumetti popolari, come quelli Bonelli e Disney. Mi consigliò di scegliermi un genere; siccome ho sempre apprezzato la produzione Disney, la scelta fu facile. Produssi subito diversi disegni di prova, copiando lo stile di Scarpa fine anni ’60 – inizio anni ’70.
Nel frattempo, approfondii la mia esperienza nell’inchiostrazione. Nel marzo 1988 fui presentato allo sceneggiatore Carlo Chendi, e nell’ottobre dello stesso anno al grande disegnatore G.B. Carpi. Da quel momento restai in contatto settimanale con Carpi, che mi insegnò i fondamenti dello stile Disney e fu prodigo di consigli e suggerimenti. L’influenza di Carpi è evidente nella mia primissima storia, “Qui Quo Qua e il rock rimbombéros“. Alcuni anni dopo ebbi l’opportunità di sottoporre 3 o 4 storie al grande Romano Scarpa, che mi diede altri preziosi consigli. Da allora in poi, ho camminato con le mie gambe.
I miei artisti Disney preferiti sono Barks e Gottfredson (con Walsh, DeMaris ecc.), per la combinazione di storia e disegno. Per il puro disegno, il mio personale favorito è lo stile di Scarpa tra il 1967 ed il 1974. Se si fa attenzione, si noterà che i personaggi non ripetono mai la stessa espressione in due vignette diverse. I personaggi di Scarpa emergono dalle sue pagine con una fisicità incredibile, come se fossero attori. Quasi ci si dimentica di star leggendo “soltanto” un fumetto. Inoltre, in queste storie si può trovare probabilmente il più vasto spettro di potenzialità espressive mai realizzato nell’ambito del fumetto Disney: con grande precisione e finezza, Scarpa è stato capace di rendere figurativamente ogni minima emozione dei suoi personaggi, senza mai ripetersi. Attualmente, moltissimi disegnatori di fumetti – anche tra i più affermati – non fanno altro che copiare da se stessi…
Tutta la mia produzione artistica è orientata a Disney. Non ho mai lavorato a progetti non-Disney, a parte qualche schizzo sporadico nel corso degli anni. La mia produzione, del resto, è quantitativamente limitata, dal momento che ho una seconda attività oltre a quella di fumettista. Al pomeriggio, lavoro come tecnico di redazione in un quotidiano genovese. Si tratta di occupazioni assai diverse tra loro; alla mattina scrivo e disegno fumetti Disney. Avere due lavori diversi non rappresenta un problema per me: in tutto sono occupato 8-9 ore al giorno, 5-6 giorni alla settimana. Trovo questa organizzazione assai rassicurante per il mio futuro.



Due vignette di Floyd Gottfredson (a destra) tratte dalla storia Pippo e la bella Lea (Goofy and Agnes) del 1942, paragonate con due di Faccini (a sinistra) tratte dalla storia-omaggio “Paperino e l’interpretazione ruggente” da Topolino 2404 del 23 Dicembre 2001.


LTB: La maggior parte delle tue storie sono relativamente brevi, 20 o 30 tavole al più. Ciononostante, sono immediatamente riconoscibili per il loro inconfondibile umorismo (probabilmente, sei tra i più divertenti autori Disney degli ultimi anni). Non ricordo di aver mai letto tue storie lunghe ed avventurose. Preferisci rimanere nel campo delle storie brevi e comiche, o ti proponi di cimentarti in storie lunghe?
Per rimanere in tema: è mia impressione che le storie di produzione italiana si stiano accorciando sempre più. Alcuni anni fa le storie di 50-60 tavole erano comuni, adesso sono diventate una rarità. Concordi con questa osservazione, e puoi darne eventualmente una spiegazione?
EF: Le storie di 50-60 tavole erano comuni in Italia fino agli anni ’80, e venivano pubblicate su due numeri consecutivi di Topolino. La prima puntata si concludeva di solito con alcune vignette cariche di suspence, e ricordo ancora che da ragazzino non vedevo l’ora di leggere il seguito la settimana successiva. Ad esempio, ricordo ancora perfettamente “Topolino e i ladri d’ombre“, con stupendi disegni di Carpi.
Quando ho iniziato a produrre storie, questa pratica era già fuori moda, visto che le nuove generazioni sembravano non gradirla. I giovani lettori di oggi sono maggiormente orientati a fumetti fast-food, con storie one-shot. Ciononostante, ancora oggi si vedono a volte avventure più lunghe, con disegni di Cavazzano o De Vita (ma le due parti vengono pubblicate all’inizio ed alla fine dello stesso giornalino).
Indipendentemente da ciò, prediligo disegnare storie brevi, specialmente coi Paperi. Forse mi troverei più a mio agio con i Topi, per storie lunghe. Chi vivrà vedrà.

LTB: Chi legge le tue storie si accorge che hai una particolare predilezione per Paperino e soprattutto Paperoga. Cosa ti rende così congeniali questi personaggi?
La maggior parte dei disegnatori italiani produce storie sia coi Paperi che coi Topi. A quanto mi risulta, hai prodotto 2-3 storie coi Topi, anni fa. È possibile che tu torni a cimentarti con loro?

Un paio di vignette decisamente orientate allo slapstick.

EF: Preferisco i Paperi in quanto mi permettono di produrre storie slapstick e surreali. Mentre Topolino si presenta sempre come la faccia migliore del New Deal rooseveltiano, ovvero un modello da seguire, i Paperi sono come te e me. Persone completamente normali, coi loro errori e le loro manie. I Paperi possono comportarsi come clown (Paperoga in effetti È un clown pazzoide…). Topolino non potrà MAI assumere un ruolo del genere.
Inoltre, sono dell’opinione che Topolino richieda trame più profonde e complesse. Nel recente passato ho scritto un paio di storie col Topo, ma sono state rifiutate dalla redazione. Le trame erano abbastanza estreme, l’intenzione era quella di riprodurre lo stile-Gottfredson, fino ad utilizzare estensivamente i retini tipografici. L’editore ha apprezzato molto i miei sforzi, ma i miei suggerimenti sono stati considerati troppo “forti”, quasi terrorizzanti per i lettori più giovani (ricordate Topolino e gli orfani di guerra di Gottfredson e Walsh?)

LTB: Mi interesserebbe sapere come interagiscono tra loro lo sceneggiatore ed il disegnatore. Tu hai spesso prodotto sia la sceneggiatura che i disegni delle tue storie. Come ti arrivano invece le sceneggiature altrui? Quale influenza può avere il disegnatore sulla scelta di una storia?

Una delle copertine realizzate da Faccini per Topolino.

EF: Se scrivo una sceneggiatura, devo sottometterla esclusivamente alla Disney. Se viene accettata, posso disegnarla.
Nell’altro caso, devo richiedere un soggetto, che mi viene messo a disposizione. L’influenza del disegnatore sulla storia che riceve dipende in larga parte da quanto è “famoso” o “introdotto” il disegnatore stesso. Di solito non richiedo espressamente un particolare soggetto, magari qualche volta esprimo preferenza per questo o quello sceneggiatore. A volte vengo accontentato, a volte no – dipende anche da quali sceneggiature sono immediatamente disponibili. L’anno scorso ho collaborato coi miei due amici Disneyani di Genova, Freccero e Ferraris, per ciascuno dei quali ho scritto una storia. È un modo di lavorare assai interessante, se c’è la possibilità di interagire ed influenzarsi a vicenda nella costruzione della storia (elaborazione di gag, resa grafica di suggerimenti, ecc.).
Al momento sto lavorando su due progetti con Freccero. Tre o quattro anni fa ho disegnato una storia scritta appositamente per me da Corrado Mastantuono.

LTB: Cambiamo completamente discorso: chi scrive fumetti Disney si pone mai il problema che la maggior parte dei suoi lettori leggerà le sue storie in pochi minuti, e le avra’ dimenticate pochi minuti dopo?

Una divertente idea ben resa graficamente

EF: Sì, a volte ci si pensa. Ma credo che la miglior ricompensa per il proprio lavoro sia quella di AVERE UNA BUONA IDEA, ED AVERE LA POSSIBILITÀ DI RENDERLA GRAFICAMENTE. Quando si verifica questa meravigliosa combinazione, non mi importa di altro: difficoltà, soldi, tempo – tutta la mia concentrazione si applica al disegno e fluisce nelle vignette. È come immergersi in un’altra dimensione, in un meraviglioso Pianeta della Fantasia. È un’esperienza entusiasmante!
Nel corso degli anni ho ricevuto complimenti per le mie storie da lettori italiani e stranieri. Questo mi fa sentire bene, perché mi dà la consapevolezza di aver fatto un buon lavoro, che la gente riconosce ed apprezza.
Il denaro ha comunque la sua importanza, anche se non viene per me al primo posto. “Pecunia non olet”, dicevano gli antichi Romani.

LTB: Per concludere, vorrei sapere come sono i rapporti tra chi lavora nel mondo del Fumetto. Conosci personalmente la maggior parte dei tuoi colleghi, o lavorate ciascuno per proprio conto?
EF: Sì, conosco personalmente la maggior parte degli artisti Disney italiani. Vado spesso a Milano negli uffici della Disney Italia, dove ho molti amici. Lavoro in uno studio a Genova con Andrea Freccero ed i giovani Francesco D’Ippolito e Paolo De Lorenzi. Negli anni scorsi ho lavorato in un altro studio con Andrea Ferraris e l’inchiostratrice Santa Zangari. Si può dire che il “gruppo di Genova” sia legato da rapporti di ottima amicizia.
Una volta all’anno la Disney Italia organizza un meeting degli autori (lo scorso maggio si e’ tenuto all’Isola d’Elba). Tutti gli sceneggiatori, disegnatori, redattori e storici del fumetto italiani (più qualche francese, danese ed americano) si ritrovano lì (quest’anno eravamo 250!). Artisti giovani e di belle speranze incontrano veterani, e passano un po’ di tempo insieme. Si scambiano molte opinioni, si beve molto, si ride, si litiga, si gioca a calcio, si fa il bagno – per farla breve: è un grande party.
Inoltre, ogni anno la Disney Italia assegna il “Topolino d’Oro” (una statuetta dorata di Topolino, una specie di Oscar per il fumetto Disney) al miglior autore, al miglior disegnatore, al miglior grafico ecc. “Fumettista dell’anno 2004” è stato il mio buon amico Andrea Freccero. Il suo grosso e luccicante “Topolino d’Oro” domina adesso il nostro studio dallo scaffale più alto. A volte quella statuetta mi intimidisce un po’, spero che un giorno la Disney mi dia la possibilità di controbattere con un gigantesco papero d’oro (OK, era solo una battuta…)


Notizie Biografiche
Enrico Faccini è nato il 2 Marzo 1962 a Santa Margherita Ligure (GE), e disegna fumetti per le pubblicazioni italiane dal 1989 (Qui Quo Qua e il rock rimbombèros). Attualmente divide la sua attività professionale tra le storie Disney e l’impiego presso il giornale di Genova.
Nel 2005 gli è stato assegnato il “Topolino d’oro” come miglior sceneggiatore. Il prestigioso riconoscimento viene assegnato annualmente a chi si distingue particolarmente nel suo lavoro nell’ambito del fumetto Disney, tramite le preferenze espresse dagli addetti ai lavori.
Come è possibile vedere dalle foto, il premio in brevissimo tempo (e con giusto un po’ di aiuto da parte di Eta Beta…) ha permesso una sostanziale modifica nel look di Faccini, finalmente ispirato a Mick Jagger, come da suo desiderio!!! E, fornita direttamente da Enrico Faccini, una “gallery” di sue foto per il Papersera.

Autore dell'articolo: Armando Botto

Genovese (ma residente nei pressi di Savona), ingegnere elettronico (ma avrebbe voluto fare il traduttore, o il bibliotecario, o entrambe le cose). Hobby non-fumettistici: musica (con predilezione per il progressive rock di mezzo secolo fa), calcio (con predilezione per una squadra che vinceva scudetti un secolo fa). Come la maggior parte dei suoi coetanei, ha imparato a leggere su "Topolino"; alla fine delle elementari, sentendosi troppo maturo, è passato a "Tex"; dopo le medie, per lo stesso motivo, si è buttato su "Linus"; all'università non leggeva quasi fumetti. Ha poi iniziato un implacabile percorso di regressione che lo ha riportato prima a "Linus", poi a "Tex", quindi nuovamente a "Topolino" ed ai fumetti Disney in generale. Prevedendo quindi che tra pochi anni disimparerà a leggere, ha pensato bene di provare a scrivere qualcosa.