Zio Paperone 206

01 DIC 2006
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Pochi articoli, niente posta, niente anticipazioni, due strisce per pagina… ma l’albo è davvero buono, di gran lunga superiore agli ultimi due numeri. La copertina di Rota è bruttina ed affrettata e non riesco a digerire ancora il cambiamento stilistico del giornale, ma l’articolo di Boschi è davvero accurato ed interessante, pieno di curiosità (come ad esempio la genesi dei nomi originali dei nipotini). E poi ci sono le storie.
La Prigioniera del Fosso dell’Agonia Bianca: la storia attesissima da donrosiani e non. Per tempi, atmosfere, ritmo e dialoghi non eccelle certo tra le storie di Don, ma rimane comunque un otima storia confezionata con dovizia. L’inizio, soprattutto la prima tavola, è un po’ legnoso (e non troppo originale, sopratutti per i donrosiani ‘veterani’), ma poi si procede speditamente; peccato per la divisone in episodi che frammenta il ritmo e frena bruscamente la storia. La trama è, come al solito, ben orchestrata e Don non manca di inserire la sua rivisitazione in chiave comica di alcune personalità realmente esistite. A tal proposito devo fare una nota di disappunto per l’apparizione di Wyatt Earp, il cui personaggio non collima, né caratterialmente, né fisicamente, con quello incontrato da Scrooge nell’ottavo capitolo della Saga, L’Argonauta del Fosso dell’Agonia Bianca. Davvero strano per un filologo del calibro di Rosa. Bisogna ammettere che l’universo di Don, e questa storia ne è la conferma, si discosta leggermente dal Disney tradizionale e oserei dire che l’autore del Kentucky abbia modellato a suo piacere l’universo di partenza, creandone uno suo, personale ed autonomo da non confondere con l’originale. E’ per questo che in alcuni tratti la storia non sembra essere Dinsey e magari i tradizionalisti più ferrei rimarranno scioccati da questa avventura. Ma questa storia è uno splendido esempio do come si possa uscire dagli stilemi tradizionali senza dover necessariamente snaturare i personaggi.
Paperino Chiromante: c’era una volta un genio. Un genio di nome Federico Pedrocchi, che sapeva imbastire una trama che sarebbe stata incredibilmente attuale dopo 66 anni; una trama calata in un contesto a metà tra la realtà rurale di Gottfredson e quella borghese delle stips di Al Taliaferro, dinamica, satirica, irriverente, spiritosa. Quel genio era in grado di caratterizzare splendidamente un misconosciuto Paolino Paperino, rendendolo sì iracondo e pasticcione ma anche astuto, burlone e risoluto. Per non parlare poi di un magnifico Pippo, un po’ sciocco ‘alla Disney Italia’ ma non troppo, caratterizzato sempre e comunque dalla sua logica sconclusionata ma impeccabile. O di un Gambadilegno credulone, o di un Eli Squick disincantato, che risulta paradossalmente ‘cattivo’ pur essendo nel giusto. Beh, non si pu??r altro che elogiarlo un genio così e ringraziare caldamente la redazione di Zio Paperone per averci regalato la possibilità di gustare la sua maestria sotto le feste. I disegni sono ovviamente ingenui, ma intrisi di un fascino morboso ‘vecchio stile’.
Possiamo aspettarci di più dopo questi due capolavori? No, e infatti l’albo prosegue con uno scialbo riempitivo, Nonna Papera e i Corvi di Natale, di cui avrei fatto volentieri a meno, e con la tanto criticata storia a due strisce per pagina, Zio Paperone e il Problema dei regali breve storiella natalizia, non malaccio; discreta, direi, con quale felice gag. Disegni invece fondamentalmente buoni ma imperdonabilmente affrettati.

Autore dell'articolo: Portamantello