Le Grandi Storie di Ridi Topolino

27 APR 2017
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Che Ridi Topolino promettesse molte cose si sapeva: una rivista durata in tutto due anni, uscita quando chi scrive queste righe ancora non sapeva leggere, avvolta nel mistero, e condotta dallo stesso Tito Faraci che scriveva Motore/Azione e le Angus Tales non poteva non incuriosire vivamente.
L'antologia proposta non delude le attese, a partire dai titoli: “Manetta contro l'uomo lupo”, “Paperino e i sassi (La storia più noiosa del mondo!)” – un'unica tavola che serviva per riempire una pagina, “Paper Bat Niù Adventures – Nervoniani”, “Topolino vs un nano di gesso”. Si respira un'atmosfera decisamente pionieristica: un buttar giù battute e idee umoristiche che avrebbero creato un canone negli anni a venire, ma che al momento si presentavano in maniera molto eterogenea (ed eterodossa). Ma andiamo con ordine.
I responsabili della testata sono tre: Tito Faraci ai testi di storie e rubriche, Giuseppe Ferrario ai disegni delle medesime, e Marco Bolla per la grafica e per degli stranissimi disegnini a piè di pagina, che formano una piccola “storia a strisce” parallela. Da aggiungere Massimo Marconi, “capitano della nave” che, racconta Tito Faraci, li spronò a lanciarsi sempre più a capofitto nell'impresa, e Carlo Limido, copertinista destinato ad una fulgida carriera di disegnatore.
I tre autori principali hanno tre stili diversi, con cui bisogna fare i conti: personalmente trovo il Tito Faraci di quelle storie decisamente ispirato, Giuseppe Ferrario convenientemente deforme (ma confesso che gli avrei preferito Silvia Ziche), e Marco Bolla… beh, dipende caso per caso; il tratto, studiato quasi per mimare i bimbi delle scuole materne, scaturisce talvolta riusciti effetti stranianti, talvolta a dire il vero annoia, a seconda dell'effettiva originalità delle battute che va a servire. Ma naturalmente è un parere personale. Da segnalare senz'altro la truppa di fungaioli bergamaschi (“Orpo! Orpo! Orpo!”) schierata in funzione antialiena.
Oltre alle rubriche (l'oroscopo del rastrello e del dattero, tipiche idee alla Faraci di cui si sarebbe appropriato anche Sio) da segnalare le tre pagine “Topolino vs un nano di gesso” per l'estremo grado di demenzialità, che ricorda a dire il vero un'analoga (?) scena di lotta nell'Inferno di Topolino (altro capolavoro di delirante ingegno): se chi ha fatto 12 alla Sisal vinceva 52 milioni e ne pagava 56 di tasse, qui arbitra il signor Grillo Gino, accorrono lumache, e uccelli seriosi guardano l'orologio commentando che fa un “freddo becco”; e i disegni di Ferrario, nel loro delirio curato, risultano perfettamente centrati.
E poi, in ordine sparso, la “deficienza artificiale” Undici che parodia il glorioso Uno di PKNA, un kiwi (nel senso del frutto) che appare per una vignetta ad emulare Angus Fangus, il grande campione di domino, e la “storia a bivi” le cui scelte spaziano da “Se vuoi aiutare Basettoni, continua a leggere. Altrimenti, lascia un messaggio dopo il segnale” a “Se pensi che il ladro sia Gambadilegno, corri all'ultima pagina. Altrimenti, abbiamo dei terreni in Florida da vendere”.
Sul retaggio della rivista, poco da dire: Sio squaderna tutti i debiti che ha verso questo tipo di umorismo in una prefazione disegnata abbastanza seria (ma si salva per la battuta in copertina: “Ridi, Topolino!” – “No.”). Al contrario, si può pensare a qualche influenza (reciproca?…) con il Ratman di Leo Ortolani, in crescita negli stessi anni, con tutte le differenze del caso, naturalmente. A differenza della piega più “sregolata” e “virale”, quasi “quantitativa”, che ha preso piede oggi fra gli innumerevoli (anche inconsapevoli) imitatori, le trovate di Tito Faraci, pur nell'incertezza di quel periodo sperimentale, appaiono studiate e selezionate: da cui una quantità di storie piuttosto limitata. Quelli di Ortolani e Faraci non sono umorismi tonti che si credono arguti; sono umorismi di persone argute che giocano a sembrare tonte; e, per la nostra gioia, ci riescono benissimo.
Infine, l'albo: rilegatura destinata a fare “cric crok” sino alla fine dei tempi, 146 pagine di sole ristampe (eccettuati i brevi contributi di Sio e Tito Faraci) al prezzo di 3,90 euro (per fare un confronto, Topolino, che vive di storie nuove, talvolta anche tradotte, e rubriche inedite, ha circa 180 pagine e costa 2,50 euro). Decisamente un eccesso, che avrebbe forse motivato un giudizio finale ancora più basso. Ma l'occasione di recuperare queste pionieristiche scemenze rimane tutto sommato degna di seria considerazione, per chi avesse 3,90 euro d'avanzo in tasca.

Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.