Paperinik, il destino di un vendicatore

19 GIU 2019

Quando Guido Martina e Giovan Battista Carpi consegnarono al mondo del fumetto Paperinik non potevano certo pensare all’evoluzione che questo personaggio avrebbe subito nel corso dei decenni. D’altra parte la rivalsa sociale di Paperino, che si compie nelle 59 tavole della storia d’esordio, non sarebbe potuta rimanere immutata nelle avventure successive: l’impresa degna del miglior Conte di Montecristo aveva ceduto il passo, dopo alcune storie incentrate sulla vendetta parentale, ad opere supereroistiche in difesa della metropoli paperopolese.
Il Paperinik vendicatore era divenuto, insomma, il Paperinik supereroe, un personaggio ricalcato parodisticamente sui diversi personaggi mascherati che popolavano la scena fumettistica da molto tempo e che in Italia godevano, allora, di grande fortuna. Si potrebbe discutere a lungo sull’effettiva forza di una tale evoluzione nel corso del tempo, ma ciò che qui preme sottolineare è che senza questo passaggio fondamentale Paperinik avrebbe rischiato di incagliarsi in un pericoloso gioco di ripetizioni e autoreferenzialità che ne avrebbe minato gli sviluppi futuri, relegandolo a semplice macchietta di un’epoca passata.

Una delle vignette più famose della carriera di Paperino

Viene spontaneo, dunque, domandarsi quale sia stata l’intenzione di Marco Gervasio nella ripresa del cult martiniano. Beninteso: non è la prima volta che una storia Disney gode di un remake in salsa moderna. Lo hanno già fatto altri sceneggiatori, in tempi recenti, con risultati non sempre convincenti. Ciò che però accade qui è ben diverso: a Paperino/Paperinik Gervasio affianca la figura del suo Fantomius che, apprendiamo, è sempre stato presente lungo l’accidentato percorso che ha portato lo sfortunato papero ad indossare le vesti dell’eroe. E già qui siamo di fronte ad un dubbio iperbolico: se davvero Fantomius ha aiutato, in presa diretta, Paperino, cosa rimane della storia di Martina? Nulla più che la descrizione di come Paperino si sia solo apparentemente vendicato delle vessazioni dei parenti, senza la consapevolezza che al compimento di tale impresa abbia contribuito in massima parte un agente esterno. Insomma, il Paperino pasticcione e bonario che rivendica il nuovo ruolo acquisito non è altro che lo strumento nelle mani di un ladro gentiluomo che, apprendiamo anche qui, ha viaggiato nel tempo per trovare un suo emulo “in ogni epoca”. Resta da capire come sia stato possibile percorrere una timeline temporale potenzialmente infinita e aver trovato, in ogni tempo, un personaggio adatto a divenire suo erede (o suo predecessore). Una trama che appare debole fin dalle premesse.

Già “gentiluomo”? Nell’originale non ve n’è traccia…

È davvero tutto qui? Sembrerebbe di no. Sebbene la figura di Paperino venga messa in ombra e coperta di ridicolo nelle tavole di Gervasio, ciò che emerge, alla fine della storia, è la fiducia incondizionata del ladro nei confronti dell’eroe casalingo. “Questo nome [Paperinik] comincia a piacermi”, rivendica Fantomius dopo aver passato gran parte della storia a disprezzarlo. E conclude, con lo stesso afflato di modestia che ne ha contraddistinto il percorso evolutivo: “Sono certo che diventerà famoso quanto il mio”.

A cosa siamo di fronte, qui? Apparentemente a un passaggio di testimone, un modo per cercare di legare ulteriormente il personaggio preso in mano da Gervasio con quello inventato da Martina. Ma basta a rendere la storia in questione degna di un’avventura di Paperinik? Ovviamente no, e per i motivi che sono stati esposti sopra. Soprattutto perché, a dispetto del titolo, Paperinik non è il protagonista della storia. Le sue azioni sono manipolate, inconsistenti e goffe. E viene da chiedersi cosa abbia visto Fantomius in un papero indolente e, a quanto emerge da questa storia, incapace di lavorare in piena autonomia.

Fantomius che ammette di aver fatto un errore

Probabilmente, dunque, si voleva rilanciare il personaggio di Paperinik dopo un lungo periodo di immobilità e calma piatta. L’operazione, però, non sembra essere riuscita.

In un certo senso possiamo affermare che questa storia sia specchio dei tempi, di come il fumetto Disney si sia evoluto negli ultimi anni con tutte le limitazioni che costringono sceneggiatori e disegnatori a dover convivere con regole difficilmente aggirabili. Il problema principale con “Paperinik, tutto cominciò così” è che sembra essere un’operazione di maquillage del passato, delle origini di un personaggio che, ricordiamolo, proprio in questi giorni festeggia il suo cinquantesimo anniversario: Gervasio, le cui intenzioni erano probabilmente di omaggio nei confronti di un classico, ha trasformato “Paperinik il diabolico vendicatore” in una storia ad usum Delphini.

Le motivazioni dell’autore e della Redazione possono, dunque, anche essere comprese: da una parte Fantomius ha un indiscutibile successo; Gervasio è stato bravo a solleticare le giuste corde nei lettori e a inserire piano piano la sua creatura nell’universo disneyano, intrecciando la sua storia con quella dei personaggi classici, fino a renderlo di fatto membro di una “famiglia” a cui non apparteneva. Normale quindi che si decida di cavalcare l’onda di questo successo. Dall’altra parte, bisogna ammettere che la figura del vendicatore martiniano, pur essendo estremamente interessante, non è affatto replicabile con le politiche editoriali odierne. Pertanto bisognava, legittimamente, trovare un modo per rendere presentabile il personaggio ai lettori del 2019.

Tutte le azioni di Paperino sono guidate o almeno controllate da Fantomius

Tutto ciò non giustifica comunque quanto pubblicato nel numero in edicola: la storia non si limita a spazzare via quanto scritto da Martina ma, come detto, sacrifica l’intero personaggio di Paperino sull’altare di Fantomius. Nella storia originale, Paperino diventa Paperinik per rivalsa, per trovare riscatto da una situazione di umiliazioni inflittegli da un plutocrate schiavista e da un fannullone fortunato. Insomma, è un personaggio per il quale si fa il tifo: anche se si muove in maniera borderline, ai nostri occhi qualche azione gratuita è giustificata da quello che ha passato in precedenza (un background di decine e decine di storie che il lettore italiano conosceva) e si può essere un minimo indulgenti verso di lui.

Nella versione di Gervasio tutto ciò manca. Le caratterizzazioni dei personaggi, negli anni, sono ovviamente evolute, le relazioni familiari sono tranquille, non c’è più spazio per interpretazioni troppo ardite. Quello che vediamo è un Paperino che non ha una ragione per “rubare” un’eredità a Gastone (la rivalità tra i due, da decenni è ormai molto soft) e che rifiuta un lavoro senza motivo (non ascolta neanche che tipo di lavoro sia) da suo zio. Una caratterizzazione che stona con quella, estrema ma coerente, di Martina e che scredita in toto quella di Barks.

Non sappiamo in che modo si pensi di proseguire questa serie, quale Paperinik ci aspetta (sarà Paperinik o uno Pseudofantomius?). Ci chiediamo solo se per avere delle nuove storie di un personaggio amatissimo sia necessario non solo riscriverne le origini, ma svuotarlo del suo più profondo significato e minare alla base le motivazioni stesse della sua nascita. Probabilmente ai nuovi lettori, soprattutto ai più giovani, questo reboot (?) potrà piacere, ma al contempo rimangono la delusione e lo sconforto di chi è cresciuto con una certa idea di Paperinik nel vedere questa rinarrazione delle origini che ne cambiano completamente lo spirito.

– La Redazione

Autore dell'articolo: Redazione Papersera

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