Trilogia di Topolino

01 MAG 2020
Trilogia di Topolino

La copertina dell’Oscar Mondadori Trilogia di Topolino.

Ho iniziato molto presto a leggere Topolino, credo già dall’età di quattro anni, ed anche per me è valso quel famoso assioma “ho imparato a leggere con Topolino”. Lo divoravo, perché ricordo che oltre al settimanale erano presenti tra le mie letture sicuramente Gli albi di Topolino, l’Almanacco Topolino e il Classico bimestrale (oggi definito Classico prima serie) che in quel periodo era ancora senza numerazione.

Eravamo infatti all’inizio degli anni Settanta e la mia fame di pubblicazioni Disney non si placava mai, a tal punto che cercavo di farmi acquistare anche pubblicazioni al di fuori delle canoniche uscite. In quel tempo la Mondadori dedicava annualmente al fumetto Disney un volume della collana degli Oscar e in quell’anno (siamo nel 1971) uscì Trilogia di Topolino, che poi molto tempo dopo scoprii essere una ristampa del volume in regalo agli abbonati nel 1969.

Quest’uscita fu la scoperta di un mondo nuovo, a livello di fumetto Disney: per me, abituato alle classiche storie italiane in apertura e chiusura del numero inframmezzate dalle brevi americane, era una novità assoluta. Non sapevo in quel momento di fare la conoscenza con le storie di Floyd Gottfredson, in pratica il padre del Mickey Mouse a fumetti. Ovviamente a quell’età (avevo poco più di cinque anni) saltai a piè pari l’introduzione di Mario Gentilini (che recuperai diversi anni dopo) e mi affacciai a quelle tre avventure che avevano un numero di pagine decisamente superiore alle storie cui ero abituato a leggere. Oltre al fatto che erano totalmente in bianco e nero (per me in quel periodo il bianco e nero si limitava alle pagine alternate di Almanacco, Albi e Classici), anche la costruzione della storia si presentava in modo diverso.

Il serafico Giuseppe Tubi

Il serafico Giuseppe Tubi

Non so come descriverlo, ma mi colpì molto quel modo di comunicare la storia attraverso la striscia (riferimento alla striscia precedente – svolgimento – gag finale) pur mantenendo la trama della storia. Ovviamente in quel momento non potevo né accorgermi né sapere come era strutturata una striscia: l’avrei scoperto qualche anno dopo con Il Topolino d’oro (altra pubblicazione che seguivo all’epoca). Tutto ciò era dovuto al fatto che il volume era dello stesso formato di Topolino libretto, mentre appunto Il Topolino d’oro di cui sopra riproduceva le strisce nella modalità originale.

Ritornando alle storie, però, mi accorsi che erano veramente avvincenti. Leggerle era come seguire la trama di un film.

La prima era Topolino e la banda dei piombatori. Tanto si è detto di questa storia, e tanto se ne potrà dire ancora. Rileggerla oggi è sempre un piacere, come immergersi in un’epoca che per me, da bambino, non era ben definita e della quale non potevo rendermi conto. Il Topolino che all’inizio della storia è in cerca di lavoro, per me abituato al Topolino investigatore, era una strana novità. Come le fugaci apparizioni dei vari Pippo, Minni e Orazio, per incentrare la storia tutta su Topolino e Giuseppe Tubi, il cattivo in questione. Anche qui, abituato al comportamento tradizionale del Gambadilegno di turno, fu un po’ spiazzante scoprire alla fine la colpevolezza del piombatore (non credo di fare alcun spoiler), ma lo svolgersi della storia era così perfetto da avermi lasciato piacevolmente sorpreso.

Macchia Nera, allo stesso tempo dinamico e minaccioso.

Macchia Nera, allo stesso tempo dinamico e minaccioso.

La seconda storia, Topolino e il mistero di Macchia Nera, mi era invece un po’ più familiare come svolgimento, oltre al fatto di conoscere già il personaggio Macchia Nera. Qui però, senza neanche bisogno di consultare l’Inducks (che all’epoca non esisteva neanche nel mondo dei sogni), potei facilmente rendermene conto della sua prima apparizione. Anche qui colpi di scena a non finire, oltre a situazioni veramente drammatiche che oggi non vedremmo neanche lontanamente riprodotte (i tre tentativi di Macchia Nera per uccidere Topolino, uno più cruento dell’altro, ma nello stesso tempo alquanto fantasiosi). Quello che non scoprii all’epoca era il fatto che in questa storia ci fosse anche la prima apparizione del commissario Basettoni (mentre nella storia precedente di questo volume aveva fatto il suo debutto l’ispettore Manetta).

La trilogia si conclude con Topolino all’età della pietra, che riprende il sempre surreale argomento della contemporaneità di esistenza tra dinosauri e cavernicoli.

Il mondo perduto

Il mondo perduto, dopo Conan Doyle, prima di Steven Spielberg.

Qui l’avventura si svolge in un’isola vulcanica dove il tempo pare essersi fermato, appunto, all’età della pietra, e con l’occasione ritroviamo anche Pippo nel tradizionale ruolo della spalla di Topolino. Non c’è il consueto villain stavolta, ma non per questo la storia non è ugualmente entusiasmante. Stavolta abbiamo un antropologo che chiede aiuto a Topolino (in modo alquanto particolare e cioè entrando in un suo sogno) per riportare a conoscenza di tutta l’umanità la sua scoperta. Il finale è alquanto spiazzante, ma allo stesso tempo ha la sua logica.

Di questo volume ho un altro ricordo piacevole, questa volta più recente. Ho ritrovato qualche tempo fa una foto dell’epoca che mi ritrae con la Trilogia di Topolino tra le mani: mi ha colpito così tanto che l’ho pubblicata anche nei miei profili social, vincendo la mia ritrosia nel mettere foto personali.

Inutile dire che dopo questa lettura cercai di recuperare il più possibile storie di Gottfredson (senza ancora sapere chi fosse), facendomi comprare altri Oscar Mondadori e successivamente pure i famosi Topolino d’oro (che pazienza, i miei genitori!).

Autore dell'articolo: Alfonso Torino

All’età di quattro anni ho iniziato a leggere fumetti Disney e dopo cinquant’anni non ho ancora smesso. Contemporaneamente ho seguito ed amato il mondo dell’animazione, soprattutto frequentando i cinema sin da bambino. Grazie al Papersera ho scoperto il piacere di divulgare alle giovani generazioni la passione per la lettura ed in particolare per l’universo fumettistico a noi più caro.