I Grandi Classici Disney 56

08 SET 2020
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Attenzione attenzione! Da questa settimana la nostra testata prediletta gode di un testimonial d’eccezione. Instagram ci mostra come il piccolo Leone, figlio di ben noti personaggi pubblici, si delizi con le prodezze dei Ribelli di Brillifrilly raccontate nel numero di aprile dei Grandi Classici Disney: decisamente un piccolo buongustaio.

Ma ora a noi. Cosa troverebbe il piccolo Leone se, una volta imparato a leggere, decidesse di recuperare anche il numero di agosto 2020? Eccoci dunque a recensire l’ultimo numero pienamente estivo, fra l’altro con inconcepibile anticipo sul consueto ritardo.

Si comincia con Zio Paperone e la proposta dell’alter ego. Il tema del doppio Paperone non è nuovo alla storia del fumetto Disney; nella storia di apertura di questo numero è un grande Rudy Salvagnini a cimentarvisi, con esito decisamente degno di memoria soprattutto nei momenti iniziali e centrali. Un po’ più scontata la parte finale, dove non mancano passaggi un po’ questionabili come quello della vignetta riportata qui sotto, ma nel complesso è una bella storia.

Non si può dire lo stesso della successiva, Paperoga e le nozze alla montanara, uno di quei casi in cui il “metodo Kinney” di sublime accumulo del paradossale si scontra con la monotonia dei personaggi del cucuzzolo del Misantropo, senza riuscirne vittorioso. Neppure è troppo pregevole Zio Paperone e i pellicani ruba-dollari, abbastanza lineare nella trama anche se ornata dai sempre deliziosi disegni scarpiani.

E tanti saluti alla formazione del cittadino

E tanti saluti alla formazione del cittadino

Molto bella invece Paperino e lo sprint fulminante, del grandissimo astro della comicità topolinesca Osvaldo Pavese con Romano Scarpa ai disegni, che fra l’altro ripresenta ai lettori italiani il barksiano Baldo Muscolo; in particolare la sezione iniziale ci propone una scena fra Paperone e Paperino decisamente da antologia.

Degna di nota, per l’occasione più che per il contenuto (purtroppo), Archimede e il nipote Newton, la storia d’esordio del piccolo inventore che di recente è tornato, con ben migliore esito, sulle pagine di Topolino. È Luca Boschi a presentarcelo in una introduzione ad hoc, per l’occasione scorporata dalle pagine di approfondimento dedicate alle Superstar, le storie “preziose” e più datate che lo stesso Boschi ci regala ogni mese con invidiabile spirito di ricerca.

A completare la prima parte dell’albo, ecco Indiana Pipps e il problema 4×4, storia sempre godibile ma ultraristampata per motivazioni ignote, e Topolino e i bottoni a tre buchi. Quest’ultima non è di alto rilievo e forse è fra le meno riuscite del suo autore, il misconosciuto (ma grande) Roberto Catalano, che ci trasporta nel West montano in compagnia di un godibile (e poco credibile) Pippo uomo di legge.

Ma è la sezione Superstar, intitolata “È lui o non è lui?” a riservare le più gradite sorprese. Anzitutto Topolino e il ritorno di Macchia Nera, che si sforza evidentemente di riprodurre le atmosfere inquietanti della storia d’esordio del genio del male disneyano, e ci riesce molto bene, a sua volta poi smarcandosene verso uno sviluppo del tutto personale; ciò complice un buon Murry all’apice della forma che si destreggia perfettamente fra, appunto, richiami gottfredsoniani e il suo tratto dolce e preciso.

La sezione, dedicata agli sdoppiamenti e scambi di persona prosegue con la storica Paperino e il suo fantasma (altresì nota come Paperino re dei Paprikos), perla d’esordio di Giovan Battista Carpi e Giulio Chierchini. I due avrebbero fornito a Guido Martina, autore di questa stessa storia, molte altre prove in tutto il decennio, quegli anni Cinquanta che segnarono appunto non solo la consacrazione del Professore a nume tutelare del Disney italiano, ma anche la nascita del grandioso connubio fra lui e Carpi che sarebbe continuato per altri trent’anni. La storia è sconclusionatissima, e perciò divina. I disegni, acerbissimi, si producono fra le altre cose in una pittoresca rappresentazione degli starnuti, fenomeno chiave di un momento importante della trama.

La storia di chiusura, Paperino e la sposa persiana, è un grande lavoro di Carl Barks. Piuttosto semplice nella sua messa in scena, l’idea è però estremamente intrigante e ben sviluppata, e riproduce davanti ai nostri occhi la resurrezione dell’antica civiltà persiana. Un’attenzione alla Storia, fra invenzione, scherno e appassionante mistero, che trovate spiegata con altrettanta passione in un pezzo del nostro Davide Del Gusto da pochissimo pubblicato sul nostro sito in occasione del ventennale dalla scomparsa del Maestro. Tornando a noi, ad ogni modo, analizzando questa storia è quasi superfluo rimarcare la consueta giusta dose di ironia e imprevedibilità, e il solito delizioso ritmo implacabile che ad ogni pagina cela un nuovo guizzo d’ingegno. E anche qua è da segnalarsi un personaggio, archeologo e inventore dall’inquietante presenza, di quell’aspetto umanoide da cui solo Barks sapeva trarre un irripetibile senso di terrore.

Una lettura consigliata in conclusione, nonostante qualche inciampo nella prima sezione, che ci consente anche quest’anno di traghettarci fuori dall’estate e salutarci come di consueto fino alla prossima uscita.

Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.