Topolino 3372

15 LUG 2020
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L’estate, stagione di relax per antonomasia, viene sempre associata a letture leggere, i cosiddetti “titoli da ombrellone”, e tra questi i più suggeriti e gettonati, chissà perché, sono i gialli. Topolino non sfugge a questa regola empirica, pubblicando ogni anno un giallo estivo con protagonista l’omonimo personaggio, con risultanti piuttosto altalenanti.

Topolino e il caso elastico, oltre alla copertina, si prende anche la posizione di apertura, dando quindi l’idea di una storia a cui si vuole dare un certo risalto. Purtroppo le aspettative vanno presto deluse.

Anzitutto di mystery c’è ben poco, ha quasi più risalto la parte di commedia romantica, con i soliti battibecchi tra Minni e Topolino a causa della voglia di normalità della prima e del piacere per le indagini del secondo. A questo si aggiunge che tutta la struttura che regge la storia è piuttosto debole. L’idea di base non è particolarmente intrigante, al centro della vicenda abbiamo il solito traffico illecito, in questo caso di lattice, con un immaginario paese centro-sudamericano come teatro della vicenda. Poco male, verrebbe da dire, la suspense della classica indagine deduttiva verrà compensata dalle scene di azione.

Scene di azione… quali? Topolino viene “magicamente” messo sulle tracce (da chi? da cosa?) di una delle persone coinvolte e il soggetto in questione racconta per filo e per segno quasi tutto quello che c’è da sapere… ad alta voce… in un bar… con Topolino lì in ascolto. Il resto è un’indagine confusa e fortunosa, non aiutata da disegni tutt’altro che accattivanti.

E su tutto ciò aleggia il fantasma di Sofia, una che ha tutto per essere la classica spia da film anni Cinquanta, dal cappello a larghe tese, agli occhiali scuri perennemente inforcati, fino all’anello che sembra suggerire la presenza di una radio-spia, dato che viene opportunamente evidenziato da primi piani ad hoc; un personaggio che ritorna in scena più volte, ma che alla fine si dimostra essere una semplice comparsa ed ha solo la funzione di enfatizzare ancora di più il fastidio di Minni per una situazione sentimentale che non è quella che vorrebbe. Questo personaggio costituisce a tutti gli effetti una fallacia logica (chiamata, nella fattispecie, red herring nei paesi anglosassoni), un elemento che non dovrebbe mai trovare posto in una detective story.

Insomma sembra un giallo scritto senza tenere minimamente conto dei meccanismi che governano questo genere, talmente improbabile in alcuni punti da far pensare a un qualche inconveniente durante la fase di lavorazione. Coppola non è uno sceneggiatore e, se togliamo le gag page, questa è la sua terza storia a superare le 15 pagine, ma un risultato del genere non penso sia ascrivibile alla sola inesperienza. Piuttosto penso possano esserci stati dei requisiti troppo stringenti in termini di numero massimo di pagine o qualcosa di simile che hanno costretto a una riscrittura veloce e, forzatamente, poco accurata.

Di ben altro livello complessivo è la terza tranche delle avventure di Star Top.

La puntata di questa settimana chiude un percorso iniziato sei anni fa con il capitano T.J.J. Tirk che finalmente ha modo di vedere riscattato il nome di suo nonno e nella maniera più impensabile. Il doppio episodio conclusivo ricorda in qualche modo Il superstite, episodio della serie classica, anche se con diverse modifiche e ribaltamenti di ruoli, ma in generale tutta l’opera di Enna è permeata di richiami e suggestioni della serie TV, in una miscela ben amalgamata e ricca di avventura e mistero.

Il capitano T.S. Tirk inizia il suo racconto…

Dovendo trovare un difetto e pur conscio del fatto che il mix tra avventura e comicità è uno dei punti fermi di questo lavoro, avrei evitato la sequenza del pelapatate che ho trovato eccessivamente parodistica dato il contesto, ma tutto sommato è un peccato veniale, compensato dall’aver introdotto un personaggio come Tirk Sr. che potrebbe avere anche un ruolo interessante nel futuro, se mai ci sarà un prosieguo di questa saga.

Sempre nel numero in edicola si conclude anche Il torneo delle cento porte e lo fa in maniera piuttosto lineare. Non un finale sorprendente quindi, ma anzi, forse quello più “facile”. Questo perché tutto ciò che si voleva comunicare – i valori sportivi, il coraggio di combattere le proprie ansie, la determinazione nel perseguire gli obiettivi (i destinatari sono principalmente ragazzini, non dimentichiamolo) – lo si è fatto gradualmente lungo le quattro puntate precedenti. Ciò di cui si aveva bisogno era perciò solo un qualcosa che chiudesse la vicenda. E sebbene avrebbe potuto trovare posto una soluzione più di rottura, alla fine il famoso (e anche un po’ abusato, ma ok…) cuore d’oro di Paperone fa all’uopo.

Una storia complessivamente buona, ben al di sopra delle ultime saghe sportive ospitate dal settimanale.

Le rimanenti storie sono Papere imprenditrici balneari (Panaro/Guerrini), variante del filone di Brigitta in affari contro Paperone, e una breve di Bosco e Virzì.

Tra i contenuti redazionali, segnaliamo un servizio sui tesori scolpiti nella roccia in alcune province della Cina e un viaggio tra alcuni itinerari naturalistici recuperati dal FAI.

N.B.: con l’uscita del numero 3379 si è resa necessaria una precisazione riguardo questa recensione. E’ possibile leggerla qua

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"