Topolino 3381

14 SET 2020
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Giuseppe Zironi deve avere una predilezione per la zona del delta del Mississippi, per la vita di quei luoghi, per la loro cultura, la musica, le persone… Dopo Topolino e le notti blues, l’autore (con il contributo alla sceneggiatura di Gabriele Panini) ci trascina nuovamente in Louisiana con Topolino e il ritorno del bluesman, nuovo episodio della serie da lui stesso ideata, Topolino giramondo.

La storia è semplice, lineare, con una piccola indagine che, più che fare da fulcro della vicenda, fornisce il pretesto per ampliare la visuale su quel pezzo di mondo, così come accade in altri episodi.

E così dalla New Orleans odierna, di cui ci viene fatto vedere solo qualche scorcio, ci si tuffa subito nell’intrico delle Wetlands, il gigantesco ammasso di paludi e canali che si formano tra i rami del delta, tra alligatori, hovercraft e musica, alla ricerca di un amore (forse) perduto.

È una storia appunto d’amore, ma anche di amicizia, di soprusi, di riscatto, con una narrazione anche movimentata a tratti, ma che si prende le giuste pause per dar modo al lettore di gustarla con la dovuta attenzione.

Una quadrupla d’effetto ci mostra poi in tutta la sua potenza un tornado che sradica la casa del protagonista e il pensiero corre inevutabilmente all’uragano Katrina, che distrusse la città nel 2005.

L'uragano che si abbatte su New Orleans, analogamente a quanto successe nella realtà

L’uragano che si abbatte su New Orleans, analogamente a quanto successe nella realtà

Chissà, forse l’autore ha voluto ricordare, disneyanamente, anche quella tragedia: d’altronde il vecchio bluesman lo dice: «negli anni sono cambiate molte cose», al punto da non riconoscere nemmeno il suo quartiere; a volte le cose cambiano non solo per il normale trascorrere del tempo.

I disegni di Zironi sono adattissimi alla storia che raccontano, freschi, guizzanti, mettendo in risalto ombre e luci di un paesaggio inconfondibile.

L’unica nota stonata è il consueto intervento redazionale: non servirebbe nemmeno vedere gli originali per capire che almeno quattro dei protagonisti erano, nell’idea degli autori, afroamericani; i tratti somatici sono abbastanza evidenti, e d’altronde il 60% della popolazione di New Orleans è di colore.

È una cosa che non solo stona, ma lascia perplessi sul risultato.

Perché, come al solito, nel tentativo di non “urtare la sensibilità” di qualcuno (di chi poi?) si finisce per fornire una rappresentazione artefatta e incompleta della realtà del mondo. Un atteggiamento sbagliato che, paradossalmente, finisce per emarginare dalle storie proprio quelle persone (quelle di colore in questo caso specifico) che vorrebbe, nelle intenzioni, “tutelare”.

In hovercraft sul Bayou

In hovercraft sul Bayou

Il discorso è ovviamente ben più ampio e non è questa la sede per affrontarlo ma, considerando il pubblico al quale il settimanale si rivolge principalmente (facciamo una fascia d’età 8-14?) e le realtà in cui questo pubblico vive, sarebbe interessante conoscere le motivazioni di questi interventi. Richiesta che ovviamente cadrà nel vuoto però, nel caso, noi siamo qua per ascoltare le ragioni di tutti.

Per Paperbridge di Marco Gervasio è preferibile rimandare ogni giudizio alla conclusione.

Deludente La sala prove di Salati e Urbano, disegni non eccellenti al servizio di una storia evidentemente autobiografica che, pur volendo essere divertente, si concretizza in una serie di gag piuttosto fiacche.

Zio Paperone e i consigli proficui di Panaro (Carlo) e Panaro (Ottavio) ha un grosso problema e non è la caratterizzazione di Paperone. Il problema è che, arrivati con molta fatica (molta, molta fatica, alcuni dialoghi sono difficili da mandare giù) a tre quarti di storia, tutto si risolve in poche vignette con una spiegazione alquanto semplicistica e non soddisfacente.

Il Topolino si chiude almeno col sorriso grazie alla consueta strampalata conferenza di Paperoga in Storia Papera, di Macchetto e Vian.

Infine, interessante l’articolo che fa da intermezzo ai due tempi della storia di apertura, sui luoghi in cui è ambientata. Spazio anche a canzoni e cantanti protagonisti dell’estate che avvia a concludersi.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"