I Grandi Classici Disney 61

13 FEB 2021
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Il numero di gennaio 2021, uscito eccezionalmente il 20 del mese, è decisamente un punto di risalita nella media abbastanza tranquilla degli albi dei Grandi Classici. Non riceve cinque stelle solo per la debolezza del comparto delle storie straniere, del resto già usualmente più claudicante. Ecco Agente 00 – Il codice, prova di Ivan Saidenberg (per i disegni di Verci De Mello) che però fa rimpiangere Ser Lock. Poi Newton e il sentiero ribelle, prova del fatto che forse con il nipotino di Archimede, su una testata prestigiosa come I Grandi Classici, con rispetto parlando ci si è fatti un pochino prendere la mano. Su Maga Magò e il principe charmant, avventura che definire bislacca è un grandioso eufemismo, bisogna però fare un commento speciale: la trama vede Magò affiancata, in veste di spasimante, a nientemeno che Macchia Nera. Un vero capolavoro del trash che, non a caso, è rimasto nei cuori di molti appassionati.

Alla voce “storie straniere claudicanti” però non possiamo certo ascrivere Topolino e il mistero di Macchia Nera di Floyd Gottfredson. Storia universale, sarebbe più corretto definirla. Una pietra miliare del personaggio, del fumetto e dell’arte sceneggiatoria. Salvo qualche colore forse un po’ pesante – ma si sa, è sempre difficile sovrapporsi ai retini gottfredsoniani – la storia non perde un grammo della sua bellezza, ad oltre ottant’anni dalla sua apparizione. Macchia Nera si erge, da allora e per sempre, come un monumento sulla selva di cattivi disneyani, dominandoli con un fascino, un’intelligenza, e al contempo una agghiacciante essenzialità di aspetto e di intenzioni che lo rendono indimenticabile. La caccia a The Phantom Blot vive di tranelli, apparizioni improvvise, corse in auto e in barca, misteri, sublimi passaggi notturni, e beffe continue da parte dell’incubo nerovestito. E non è da meno Topolino, qui chiamato a sfoderare l’apice della sua intelligenza e del suo coraggio.

I disegni appartengono a una evidente fase di (riuscita) transizione per quanto riguarda il personaggio di Mickey Mouse: sono in arrivo le lunghe storie degli anni Quaranta, dai ritmi progressivamente meno frenetici, che sfoceranno poi nella collaborazione con Bill Walsh. Qui però, se il soggetto è dello stesso Gottfredson, la sceneggiatura è affidata allo strabiliante Merril de Maris, vera anima portante della sceneggiatura Disney di quegli anni (e di molte altre storie di Gottfredson come questa): una gestione del ritmo, delle battute e dei colpi di scena che fonde alla perfezione l’eredità delle strisce degli anni Trenta e, appunto, l’ormai ampia e solidissima apertura alle grandi trame portata avanti dal Maestro dello Utah.

Arte

Insomma, chi non avesse mai letto questa storia può acquistare una copia di quest’albo cosciente di aver fatto un atto necessario e dovuto a sé stesso: non se ne pentirà. La storia, del resto, dopo gli anni Quaranta non era praticamente mai uscita in edicola su una testata regolare italiana prima del 2016, all’epoca della promettente ma altalenante Tesori International, cui proprio in questi giorni il nostro Amedeo Badini ha dedicato un approfondimento. La versione qui proposta è la stessa, con un montaggio forse leggermente più omogeneo.

Roberto Renzi in anticipo sui tempi

Ma non è questo l’unico motivo d’acquisto di questo prestigioso numero. Già la storia di apertura, Zio Paperone e l’usanza dei Kuang, è una godibilissima storia di Abramo… e non Giampaolo Barosso. Sì perché in questo caso non è il minore dei fratelli a curare la sceneggiatura, bensì Osvaldo Pavese. I disegni spumeggianti, delicati e dinamici di Romano Scarpa confezionano davvero un’ottima apertura d’albo, basata su un classico inghippo legale a… spinta bassottesca.

Eta Beta e il drago a due teste, essenzialmente coeva all’avventura appena citata, è una prova nel tipico stile dell’ineffabile Roberto Renzi, meteora già pubblicata sui Grandi Classici e autore di altre prove molto buone, tutte decisamente originali fino anche alla bizzarria, come appunto quella di questo mese. Molto valido il supporto dei dialoghi, fra l’energico e il cogitabondo. E da par loro i disegni sono animati dagli eterni ed inconfondibili guizzi di Pier Lorenzo De Vita.

C’è spazio anche per una storia molto più recente, tutto sommato godibile, che vede protagonista un capriccioso pappagallo: Dal Diario di Paperina: “Fondazione PdP”, che nessuna parentela vanta con la ben più blasonata storia di Romano Scarpa. La scrive un Nino Russo dei bei tempi e la disegna un Giorgio Cavazzano nel pieno della sua classicità; disturba, se mai, il lettering psichedelico utilizzato, per motivi che la scienza non chiarisce, sulle testate “al femminile” degli anni Novanta.

E ancora Arte

Ma veniamo all’altro pezzo forte, fortissimo, del numero.

Pippo nel microcosmo, opera del fantasmagorico Luciano Bottaro, è un capolavoro di quell’arte di distorsione e straniamento che il Maestro rapallese portò ai suoi più raffinati estremi negli ultimi quindici anni della sua vita. La storia, pubblicata su Topolino addirittura nel 2004, due anni prima della morte del Maestro, vede Pippo rimpicciolirsi sino all’inverosimile, cavia indesiderata della sfortunata Nocciola. Non possiamo che rimandarvi semplicemente alla lettura e anticiparvi un momento di questo superbo virtuosismo grafico. Per saperne di più su Bottaro e le sue magie, ci sentiamo anche di consigliare un recente approfondimento a cura della neonata rubrica Lo Spazio Disney dell’amico Andrea Bramini, che trovate qui.

Non vogliamo far mancare un accenno alle pagine introduttive alle Superstar, che ci raccontano brevemente della vicenda travagliata delle fattezze del Commissario Basettoni ai suoi esordi: un pezzo di storia fumettistica gustoso. E infine, spazio per una perplessità: nel numero non compare nessuna delle storie annunciate alla fine dell’albo precedente. Misteri della tipografia… ma pazienza. Sarà – a giudicare dalle anteprime di questo numero – per il mese prossimo. Buona lettura!

Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.