Topolino 3414

02 MAG 2021
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Numero discreto che si apre con la prima puntata di Mi chiamo Paperinik, il nuovo capitolo delle avventure scritte da Marco Gervasio con cui l’autore romano continua il suo recupero delle atmosfere del Paperinik martiniano. Sebbene infatti permanga a tutti gli effetti la visione del personaggio come supereroe cittadino, in questa occasione il papero mascherato è ancora una volta chiamato all’azione per motivazioni personali, dovendo difendere la propria immagine da chi cerca di sporcarla.

L’intreccio appare coinvolgente mostrando, tra le altre cose, quanto ondivago possa essere l’umore delle folle stuzzicate dai social network, anche se il nemico in azione, il miliardario Red Duckan, non ha esattamente il fascino di un villain di primo piano.

Per quanto “stancanti” in numero così elevato, i continui rimandi a storie del passato sia recente che (molto) remoto si rendono necessari, dato che l’autore richiama diversi episodi per arrivare a creare una continuity che inglobi il maggior numero di avventure possibili. Una riserva la esprimo infine sui disegni di Cesarello e in particolare sul character design dei personaggi, non sempre accattivante. Per il resto non ci resta che aspettare di vedere come evolverà la storia nelle puntate successive.

La seconda parte di Area 15: La combo perfetta perde un po’ della freschezza della precedente. Stavolta le continue insicurezze di Quo, costantemente spronato dagli amici e catechizzato dallo zio, appesantiscono la lettura, anche se immagino sia voluto per cercare o provocare l’empatia con il lettore di riferimento.

Il lettore più anziano invece non dovrebbe essere sorpreso né dalla troppa sicurezza di Rockerduck, né da un Paperone che, a dispetto di quanto visto in precedenza, sembra mostrare una perfetta padronanza della situazione, come se sapesse o avesse già previsto cosa accadrà. Insomma, tutto sembra andare spedito in una direzione fin troppo nota, con lo schianto del primo e il trionfo a sorpresa del secondo con il contributo dei suoi giovani partner.

La speranza è che Sciarrone ci sorprenda con qualcosa di più originale: i coetanei di Quo non ne hanno forse bisogno, i miei ne sarebbero invece felici.

Dall’editoriale, invece, apprendo dei 90 anni di Pluto e della volontà del Direttore di festeggiarli. L’idea alla base della doppia storia Topolino/Pluto e il trionfo della macchia nelle intenzioni era anche interessante: raccontare una vicenda prima dal punto di vista di Topolino, poi ripercorrerla guardandola con gli occhi di Pluto.

Il problema, come a volte succede, è che ad emergere prepotentemente è l’apparente mancanza di cura. Sorvolando sul fatto che la storia in sé è davvero poca cosa, “ripercorrere gli stessi eventi, guardandoli con gli occhi di Pluto” vuol dire qualcosa di diverso rispetto al riproporre pedissequamente quasi tutte le stesse tavole limitandosi ad aggiungere i balloon dei pensieri del cane.

A sinistra la versione di Topolino, a destra quella di Pluto… ed è quasi tutta così!

Il tutto dà l’impressione, quindi, non di un qualcosa di progettato con attenzione ma piuttosto realizzato in fretta, al risparmio, contando forse su un effetto “novità” che non è neanche tale: esattamente tredici mesi fa, ad esempio, Paperino e Paperoga in: Una notte al deposito presentava un’idea simile ma costruita in maniera ben diversa e molto più efficace.

Pollice verso quindi per tutta l’operazione, che non spicca né per l’idea, né per la storia – troppo elementare -, né per la resa grafica di alcuni personaggi.

Il numero è completato da altre due storie. La prima, Zio Paperone e l’albergo senza stelle, di Pier Giuseppe Giunta e Mattia Surroz, si presenta come una classica storia del filone Paperone vs Rockerduck ma si chiude piuttosto in fretta (11 tavole appena), prima ancora che la rivalità tra i due deflagri come di consueto. La breve di X-Mickey è invece solo una raccolta di gag unite insieme.

Per la parte redazionale, oltre a uno speciale su Pluto, anche un articolo su Lorenzo Musetti, giovane e promettente tennista, e un’intervista a Enrico Dalla Rosa, personaggio radiofonico



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Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"