Grandi Autori 91 – Topolino Metal Edition: Enrico Faccini

12 MAG 2021
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«È la locura, René. Se l’acchiappi hai vinto».

Se qualcuno mi chiedesse qual è l’aspetto stilistico di cui sento maggiormente la mancanza nelle storie Disney di questi ultimi anni, non avrei dubbi nel rispondere “la locura” (e mi si perdoni l’abusata citazione borisiana), quell’afflato anarcoide, grottesco ed esagerato che connette come un secolare filo rosso di follia la produzione di Gottfredson, Barks, Martina, Bottaro e tanti altri giganti del fumetto Disney mondiale (la prudenza mi vieta di includere Andrea Fanton in questo elenco di penne illustri, ma voi fate conto che ci sia). Non essendo uno storico del fumetto, mi esimo dall’elaborare ipotesi sui motivi e i meccanismi che hanno portato una rassicurante coperta di normalizzazione narrativa a stendersi sulle storie dei nostri beniamini; mi limito a rilevare che l’unico autore in attività che abbia mantenuto in vita quel chiaro gusto per l’outré che ritroviamo in tutti i Maggiori è il ligure Enrico Faccini.

Musicista e videomaker oltre che sceneggiatore e disegnatore, Faccini è il classico esempio di artista poliedrico, incontenibile, irrefrenabile. Il suo nome è legato indissolubilmente alla commedia, e pertanto non sorprende ritrovalo qui, come apripista di questa nuova serie della collana Special Edition dedicata appunto agli autori comici; nel suo stile autoriale c’è però molto di più.

Il volume (la seconda Special a lui dedicata dopo la Fluo Edition del giugno 2015) si compone di 292 pagine; la copertina in grigio metallizzato, che ne giustifica il nome, presenta un simpatico Paperino in motorino, non inedito. In apertura troviamo un’interessante prefazione di Giuseppe Zironi in cui l’artista ligure viene definito senza troppi preamboli “il più grande autore Disney vivente”. Nonostante il tono volutamente leggero e vagamente farsesco di questo testo si percepisce la serietà di fondo della sua affermazione: Zironi, infatti, enumera alcuni degli elementi chiave dello stile facciniano, l’imprevedibilità e la “vertigine”, quel senso di inquietudine che pennella il grottesco delle sue storie rendendole riconoscibili. Tratti che lo rendono l’artista che è.

Il volume propone al lettore ben 18 storie di lunghezza variabile, tutte scritte e disegnate da Enrico Faccini. Apprezzabile la mancata presenza di “doppioni” rispetto alla Fluo Edition.

Equivoci ed eccessi

La prima avventura, Sgrizzo uomo del futuro del 1998, vede il recupero di Sgrizzo Papero creato da Romano Scarpa nel 1964, lo stesso anno in cui vedeva la luce Paperoga. Fra le capaci mani di Faccini, il folle cugino di Paperino viene eletto addirittura a emblema dell’uomo del domani in una storia fantasiosa e imprevedibile. Altri esempi di questo approccio “sghembo” di Faccini alla narrazione disneyana li ritroviamo nelle due storie con Archimede Pitagorico, personaggio relegato da tempo immemorabile al canonico plot “Paperone ha bisogno di un’invenzione economica – Archimede la realizza – qualcosa va storto – normalizzazione finale/inseguimento”. In Archimede e l’imprevisto elettromusicale e Archimede e il tarlo del dubbio ritroviamo un Pitagorico protagonista, non costretto nella gabbia consueta: un assaggio delle assurde potenzialità offerte da un personaggio del genere, forse anche in omaggio alle brevi barksiane a lui dedicate. La prima, poetica e bellissima, è fra le migliori dell’albo; la seconda ci offre un saggio del vago sentore creepy che è la saporosa spezia con cui Faccini condisce le proprie storie.

L’infame Paperino

Dopo Sgrizzo e Archimede, altro personaggio “rivisitato” da Faccini in queste pagine è Paperino: recuperata la sua anima vulcanica e volitiva, il papero più famoso al mondo si rimette in forma nella esilarante Paperino e lo squassante programma dimagrante, ordisce un atroce scherzo in Paperoga e la metamorfosi arborea, finisce ostaggio di una poltrona nella inquietante Paperino e la magica Gumburumbu (con una piacevole variazione sul tema in fatto di inseguimenti finali), si immerge nella follia in Paperi sotto la neve. In queste quattro magnifiche avventure Paperino si arricchisce di sfumature rispetto al canonico pasticcione/pigrone che per decenni ha abitato le pagine del settimanale, e non sbaglia chi associa questo personaggio a quello, diverso ma risonante, scritto dall’immortale Maestro dell’Oregon.

Parlando di personaggi, non si può non citare quello che Faccini ha eletto a proprio preferito e salvato da un destino di mediocrità cui autori meno brillanti lo avevano condannato. Mi riferisco a Paperoga. Matto, vanesio, ambizioso, “puro”, sognatore, romantico. Il Fethry Duck di Faccini meriterebbe uno spazio ben più nobile di questa umile recensione, nonché (a mio parere) una testata dedicata.

In Paperoga e il gelido spot fiammeggiante, ad esempio, lo troviamo in preda al furore dell’arte pura, intento a dirigere uno spot in collaborazione (ma, potremo dire, in correità) con un Paperino obnubilato dallo spettro della fama. Nella inquietante Paperoga e il vicino misterioso, in cui si mettono in luce il suo tenero infantilismo e la sua purezza di cuore, si ritrova alle prese con un autentico enigma. In Qui, Quo, Qua e il pauroso papero nero è vittima della propria gentilezza e di tre paperotti riportati con successo alla propria dimensione preadolescente.

Nelle mute Paperoga e i calzoni exxXxxtralarge e Felicità è… Faccini gioca con il medium fumetto, dimostrandosi ancora una volta maestro nella gestione dei tempi comici e denunciando con forza il proprio amore per la commedia slapstick. In un’altra muta, Cento milioni di anni fa, è un suo antenato, identico a lui, a vedersela brutta con un irascibile stegosauro, mentre in Archimede e il raggio della verdissima età Paperoga commuove l’inventore e i lettori con il proprio aspetto da paperotto combinaguai. Il Paperoga di Faccini è esempio chiaro di personaggio stretto da tempo fra le maglie della scrittura pigra che però mostra ancora inalterate la propria potenza e il proprio fascino nella penna di un autore capace.

Ogni epoca ha il suo Paperoga

In chiusura di volume troviamo alcune simpatiche storie brevi e una postfazione dell’autore stesso, in cui dichiara il proprio amore per il fumetto in generale e per Paperoga (ovviamente) in particolare. Ed è a questo punto che mi rendo conto che bisognerebbe coniare un termine apposta per descrivere lo stile di Faccini. Ambiguo e divertente: ambitente? «È la locura, René», mi torna in mente ancora una volta, «Se l’acchiappi hai vinto». E Faccini l’ha acchiappata, questo è certo, e le sue visioni ambitenti (che la Crusca mi perdoni) hanno portato freschezza a un pool di comprimari annaspanti in storie sempre uguali e prevedibili: lo dimostrano intuizioni come Sgrizzo uomo del futuro, il personaggio di Dixie, la metamorfosi arborea, la assurda Arcimbolda Sugarosa.

Descrivere l’unicità di Enrico Faccini in poche righe, o anche in un volume di meno di 300 pagine, è impossibile. Si potrebbe accennare alla evidente influenza di Barks e Gottfredson nella sua scrittura; si potrebbe citare il suo stile di disegno, coi suoi questi paperi dai becchi minuti e gli occhi a mandorla; si potrebbe, e forse si dovrebbe, portare all’attenzione di tutti come sia estremamente complesso coniugare umorismo e tensione narrativa, fantasia e solidità, tradizione e tradimento. Faccini ci riesce sempre, mostrando spropositata cultura, grande sensibilità e una familiarità con il medium che oggi si stenta a ritrovare in altri autori.

So che molti di coloro che mi hanno seguito sin qui si aspettano a questo punto un confronto con la Fluo Edition. Com’è insomma questa Metal, meglio o peggio?

Perdonatemi, ma mi riservo di non rispondere. Quando ci si trova di fronte all’opera di uno dei migliori autori Disney contemporanei non ha forse senso – almeno per me – porsi certe domande. Se amate il fumetto, leggete le sue storie. Tutte.

Autore dell'articolo: Manuel Crispo

Medico con la passione per la scrittura, pker di vecchia data, come tanti ho iniziato a leggere con Topolino. Col tempo ho divorato voracemente manga, manhwa, historietas, BD e tutto ciò che è targato Sergio Bonelli, ma l'incredibile mondo Disney resta il mio primo amore.