Topolino 3421

21 GIU 2021
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L’editoriale di questa settimana ci accoglie annunciando un grande Vertigo e pubblicizzando il Topolibro a tema Hemingway in uscita nelle edicole insieme a Topolino 3422: in coda al numero, del resto, è ristampata in forma ricolorata (e censurata in un paio di particolari…) Bad Boys, una storia del 2000 di Alessandro Perina che omaggia il racconto I due sicari dello scrittore americano. La ricolorazione mozzafiato non fa che rifinire alla perfezione l’atmosfera di una breve storia che, del resto, proprio di atmosfera si nutre. 

Ma fatta eccezione per questa ristampa, e per una breve quanto poco memorabile storia di Gabriele Panini e Maurizio Amendola, Topolinia by night: Il piano, il presente numero è tutto volto al presente della gestione Bertani, e pone subito in chiaro un concetto: a Paperopoli e Topolinia vige, in maniera ormai conclamata e intenzionale, un’idea di continuity sempre più solida. Giova indagare con una certa attenzione la natura dei collanti che si fanno strada nelle due realtà, e percorrere il numero di questa settimana è un modo perfetto per farlo.

Con Musicalisota, giunto alla sua seconda puntata (Suoni d’altri tempi), il motore dell’azione è la tournée del gruppo musicale di Qua. A differenza che in altre tipologie di storie, qui la trama musicale non è concepita come pretesto o veicolo per avvenimenti divertenti, inquietanti, avventurosi, misteriosi: è posta essa stessa al centro dell’attenzione, e con essa gli umori dei suoi personaggi. L’idea che passa è che la storia sia al servizio dei personaggi, e non viceversa. Emblematico è il momento, che prendiamo in prestito dalla precedente puntata per non svelare troppo della presente, in cui Angelica smette di parlare per molte vignette, in preda a una misteriosa tristezza.

Continuity

Si tratta forse di una svolta imprevista nella trama? Un avvenimento più grave sta per sovrapporsi all’intreccio “quotidiano” di una tournée musicale giovanile? No: Angelica deve solo sbloccarsi, e lo fa grazie a una provvidenziale idea di Qua. Sono questi i “piccoli drammi” della normale quanto speciale vita di un gruppo di ragazzini, vero fulcro della storia di Salati. Se siano sufficienti a dare forza a una storia sta al lettore determinarlo; certamente si tratta di una spinta verso un “realismo quotidiano” non usuale in una tradizione che ci ha abituati spesso e volentieri all’iperbole e alla ricerca della densità o narrativa o umoristica.

Diversa, ad esempio, la scrittura di Marco Nucci in Sfida tra i ghiacci, frutto di un approccio forse più composito a quella che è essenzialmente la stessa materia: le passioni dei tre nipotini e le difficoltà da affrontare per realizzarle ad alto livello. E del resto queste passioni transitano da una storia all’altra, persino tramite degli oggetti concreti, i plettri portafortuna che Qua regala ai fratelli nella storia di Salati, e che ritornano in questa di Nucci. Sempre più spesso quindi capita che il legame tra storie “ordinarie”, ossia non connesse ad alcun evento speciale, sia particolarmente esplicito.

Ma per venire alla storia in questione, Qui e Quo, ormai dalla settimana scorsa, se la stanno vedendo con un ostico campionato di calcio regionale: un modo di omaggiare gli Europei in corso “da casa”, e non – come accaduto in passato – con viaggi e trasferte internazionali condite di immancabili paperizzazioni. Segno questo che nel nuovo Topolino la fiducia nella capacità di Paperopoli e dei suoi personaggi di incarnare la quotidianità dei giovani lettori, anziché semplicemente rimandare ad essa, è alla base del progetto autoriale ed editoriale.

Vizi da mister

A differenza di Salati che ricerca la leggerezza dei toni nel tentativo di mimesi con un linguaggio vagamente scanzonato, Nucci non sa rinunciare a una dose di umorismo diretto e ricercato. Ecco dunque i tormentoni («cedro o amarena?», anche se viene quasi da chiedersi perché non sbizzarrirsi di più), la chimica catastrofica tra Paperino e Paperoga, l’immediata capacità di resa dei caratteri (su tutti il burbero e spavaldo allenatore avversario) e, soprattutto, l’atmosfera intelligente e gentile delle didascalie nucciane: un tratto tipico dell’autore, sempre molto apprezzabile. Da segnalare l’ormai avvenuto rodaggio della coppia Nucci/Intini, forse ormai pronta per guizzi più avventati ed eminentemente umoristici.

La terza storia del numero è Topolino e la vita selvaggia di Giuseppe Zironi. La trama è analoga alle altre del ciclo di Topolino giramondo, e il peso narrativo della storia si articola come sempre su due fattori: la contemplazione della bellezza della natura e la conseguente apertura interiore del protagonista. Anche qui, sta al gusto e all’empatia del lettore determinare l’apprezzamento di questo tipo di atmosfere e la invariabile levità della narrazione, ma una cosa va detta: è probabilmente, questo di Zironi, il Topolino più completo in circolazione, quello dal carattere più sviluppato e meno “scontato”. Ne sia la prova la deliziosa digressione “barbuta” messa in atto nella parte finale della storia.

Fascino e pulizia, l’arte di Zironi

Eccoci infine a Newton e Pico in viaggio nel sapere: Newtonese per tutti, di Danilo Deninotti e Donald Soffritti. È un Soffritti particolarmente ispirato, dal tratto ormai ben ricalibrato rispetto a quello sfoderato nelle strisce umoristiche di qualche anno fa, a mettere in scena la strana (ma ormai abituale) coppia rappresentata da Pico e Newton. Il nipote di Archimede, altro elemento di forte collante del Topolino di oggi: un personaggio nato nel 1965, reincarnatosi più volte (compresa una dall’esito abbastanza buono, nelle storie delle Giovani Marmotte degli anni Novanta) e ripescato per impulso del direttore Bertani.

È – l’intelligenza di Newton – un caso particolare in Disney, trattandosi non di una intelligenza pratica, atta alla soluzione di problemi o enigmi, quella tipica del classico eroe disneyano come Topolino o Qui, Quo e Qua, bensì di una dote più astratta e svagata, sebbene sempre alle prese con problemi vagamente tecnologici. In coppia con Pico, il rischio del sovraccarico di astrazione è dietro l’angolo, e invece la coppia appare funzionare. Merito anche di un Pico gentile e ispiratore, meno pronto del solito a rifugiarsi nella macchietta che enuncia nomi altisonanti di lauree e titoli inventati.

L’eterna domanda

In conclusione, il Topolino che emerge da questo numero è fatto di passioni, sentimenti e affetti, tutti elementari e sinceri, non pensati come veicolo per altri fini (narrativi o umoristici che siano), né d’altra parte quasi mai esasperati come spesso accade in queste situazioni: passione per la musica in Qua, per lo sport in Qui e Quo e per la conoscenza in Newton, sentimento di ammirazione per la natura in Topolino, affetto che lega tutti i personaggi principali delle storie in gesti normali (non solo i nipotini, ma anche la Minni della storia di Zironi, nella sua breve comparsa, appare sincera e credibile come raramente in altre occasioni).

Insomma, i personaggi del Topolino di oggi e le loro azioni stanno guadagnando una nuova credibilità e spontaneità, e la struttura narrativa e grafica (non dimentichiamolo) dà un vigoroso senso di unità. A parere di chi scrive queste righe, quello che è invece rimasto in parte tra parentesi è una certa dose di originalità, di mordente. Non che manchi in assoluto – gli autori bravi ci sono, anche se il quadro attraversa una evidente quanto necessaria fase di ristrutturazione – ma c’è comunque l’impressione che l’aver archiviato (legittimamente) la ricerca della storia d’impatto, della storia da copertina su cui sino a pochi anni fa si reggeva spesso l’intero albo, lasci ancora un qualche senso di vuoto a livello di spunti, di guizzi. Che questo vuoto sia più o meno pronunciato dipende in parte preponderante, riteniamo, dal gusto e dalla formazione di chi legge. Starà in ogni caso alla nuova squadra di autori, crediamo, portare a termine il varo del nuovo progetto editoriale e alzare l’asticella dell’imprevedibilità e dell’originalità a beneficio di un nuovo corso di lettori appassionati.



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Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.