Le Imperdibili 22
13 storie dedicate a Paperino sono il contenuto della ventiduesima uscita delle imperdibili, decisamente sufficiente anche se molto disomogenea nei contenuti. Guest star del numero è “Paperino e la fondazione De’ Paperoni“, certo non rarissima, ma che ci mostra ancora oggi uno dei migliori “Paperoni” italiani. Ed è un peccato che la redazione sbagli incredibilmente i credits attribuendone il testo al Walt Disney Program, mentre è interamente opera di Scarpa. Altra storia di spicco è “Paperino cabalista” di Martina/Chierchini, che aspettava una ristampa dal ’63. Interessante il confronto con la precedente per valutare come i due autori avessero una concezione assolutamente differente della famiglia dei paperi e dei rapporti fra i componenti: intimamente barksiana quella di Scarpa, già con tutte le caratteristiche tensioni e isterie della produzione del professore quella scritta da Martina.
La storia più rara del numero è però “Paperino e il pianeta piatto“, di Barosso/Gatto praticamente mai ristampata se si esclude una pubblicazione destinata come omaggio ai soli abbonati nel 1980. Ricalcata sulle avventure fantascientifiche di quegli anni al cinema (“l’invasione degli ultracorpi” su tutte) è comunque una buona prova degli autori.
Tra le storie degne di nota inserirei anche “Paperino e le manovre navali” scritta con l’abilità di sempre da Dalmasso e disegnata da De Vita sr. e “Paperino e il camaleonte elusivo” prova completa e al solito riuscita di Carlo Gentina. Speriamo solo che, come accadde già per il “Nuovo Almanacco Topolino“, le storie estere non prendano il sopravvento: in questo numero sono tre e tutte irrilevanti compreso un tardo Barks (autore della sola sceneggiatura) del 1971.
Una nota per la redazione: un po’ più di attenzione non guasterebbe. La testata viene presentata come rivolta a collezionisti e appassionati, lo strillo di copertina “le più belle storie di una volta” parla chiaro (che poi lo sia davvero è un altro paio di maniche) e ai collezionisti ed appassionati dà fastidio vedere sbagliare le attribuzioni delle storie. L’errore può ci può sempre scappare, ma tre in una volta sola (e anche clamorosi) sono un po’ troppi.