Topolino 3354

10 MAR 2020
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Topolino 3354

La lettura di Paperina e la selezione scientifica lascia piuttosto perplessi: non è una storia, ma una insieme di scene e personaggi messi insieme senza una logica (il buon René Ferretti avrebbe la definizione giusta): sembra quasi un flusso di (in)coscienza, con una sceneggiatura raffazzonata e dal dubbio senso dell’umorismo. Se non fosse per l’articolo che la segue, non si capirebbe neanche il perché dell’esistenza di una simile bruttura.
Leggendo il suddetto articolo invece, si scopre che il tutto voleva essere un omaggio alle donne che si sono distinte e si distinguono in ambito scientifico omaggiando (e parodizzando) in particolare due ricercatrici. Intento meritorio ma la prossima volta magari evitiamo di disturbare la Arrighini (e anche la Ziche ha disegnato cose molto, ma molto migliori).

Non che questa sia l’unica nota dolente del numero sia chiaro, però ha un difetto aggiuntivo che aggrava oltremodo la situazione: è la storia di apertura dell’albo, quella principale, quella che dovrebbe essere il pezzo forte. Finché si tratta di storielline come I Bassotti senza dimora o Contrabbandieri quasi sorvegliati, avanzi di magazzino dispersi all’interno del fascicolo, si può anche passare oltre e fare finta che non esistano. Ma la storia di apertura no. Una storia così malriuscita in apertura di volume è anzitutto un errore (e poi un orrore).

Paperinikland di Marco Gervasio e Giorgio Cavazzano gioca ancora sul plot twist della prima puntata ma continua a mostrarsi interessante. L’unica cosa che mi preoccupa è che si tratta di un’avventura in 3 puntate e arrivati ai 2/3 ancora non si entra davvero nel vivo, (tra l’altro 2/3 abbastanza esigui, 40 tavole totali). Speriamo che l’ultima puntata sia sufficiente per tirare le fila di tutto e regalare a questa impresa di Paperinik il finale che merita.

Gambadilegno e i colpi di sfortuna fa parte delle dimenticabili del numero. Il vero problema è che è lunga ben 24 pagine. Accorpando queste a quelle di una delle altre inutili del numero si raggiungono facilmente le canoniche 30-35 pagine, ovvero la lunghezza media di tante belle storie del settimanale. Certo, bisognerebbe anche avere chi le sa usare queste pagine…

In questo panorama piuttosto triste, la storia di Pisapia in chiusura di albo ha gioco facile. Zio Paperone e la bufala migratoria, col senno di poi è piuttosto implausibile (non l’idea di base che è, anzi, piuttosto attuale e realistica, ma come viene resa nel complesso), ma l’autore riesce a conferirle un ritmo tale che ci si lascia trasportare dalla lettura fino alla fine, non dando il tempo di fermarsi troppo a riflettere. Divertente e avvincente, Pisapia merita di avere un po’ più di spazio come autore completo.

La parte redazionale del Topolino, oltre all’intervista alle due ricercatrici citate in precedenza, ospita un servizio su un film maker appassionato di lupi e anticipazioni su Cartoomics, superate però dalla cronaca di questi ultimi giorni.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"