Topolino 3359

21 APR 2020
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La storia di una rivista pluridecennale e con periodicità settimanale come Topolino è naturalmente ricca di numeri senza infamia e senza lode, numeri sui quali si potrebbe glissare senza problemi. Anche perchè quando, come in questo caso, nessuna storia colpisce in maniera particolare diventa difficile scrivere qualcosa. Tuttavia è giusto che chi cerca una guida o un parere sull’opportunità di spendere l’iperbolica cifra di 3 euro o semplicemente chi vuole leggere una voce differente per concordare con o dissentire da essa, abbia quel che desidera. Vediamo quindi come descrivere questa 3359-esima uscita della rivista a fumetti per antonomasia (si nota che sto tirando in lungo perché veramente è un numero che non mi ispira affatto?).

Innanzitutto notiamo che ben tre sono storie divise in più parti (questa è diventata una situazione molto ricorrente sotto la nuova gestione), quindi è necessario aspettare che si concludano per dare un giudizio completo. Comunque possiamo dare un’occhiata a quanto finora avvenuto.

Il cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio è l’occasione per celebrarlo sul settimanale con una storia scritta da Bruno Enna e disegnata da Alessandro Perina. Trattandosi della prima puntata non c’è molto da dire: si introduce il tema principale (la ricerca di una particolare pietra), vengono presentati i personaggi coinvolti, ci si riallaccia alla precedente storia “artistica”, Paperino, Qui, Quo, Qua e il grande gioco geniale, sempre dello stesso autore e si rimane in attesa dell’episodio successivo. Nulla che faccia presagire qualcosa di epocale, comunque.

D’altra parte Amelia ha smesso di dire qualcosa nel 1963, ha tentato la carta del rilancio nazional-popolare negli anni ’90 e continua stancamente a vivacchiare da allora, ormai tragica parodia di sé stessa. Aspettarsi qualcosa di memorabile è utopistico, meglio confidare che la bravura di Enna ci regali una storia almeno dignitosa.

Area 15 finora era stata davvero una bella sorpresa: ha saputo raccontare bene e senza particolari sbavature la vita di normali adolescenti, divisa tra famiglia, scuola, amici, sogni e passioni. Una narrazione efficace, a tratti delicata, mai sopra le righe. Improvvisamente Gagnor sente il bisogno di tornare all’antico rispolverando il suo caratteristico umorismo e infilando qualche banalità di troppo senza riuscire ad essere divertente come forse avrebbe voluto. La storia registra così un passaggio a vuoto proprio in corrispondenza dell’ultimo episodio, limitandosi a fare facile “ironia” sulle fiere del fumetto e i suoi frequentatori.

Topolino, le origini sembra una serie inutile, viene portata avanti come una serie inutile ma non lasciatevi ingannare: è veramente una serie inutile. Non serve neanche scomodare Gottfredson perché comunque, in un universo narrativo vasto come quello Disney, ci può essere spazio per tutto, anche per versioni contrastanti o diverse di uno stesso personaggio. Quello che è importante è come vengono raccontate.

Alla fine, per capire cosa non va in questo progetto di Deninotti basta confrontarlo con qualcosa di molto più recente del Topolino anni ’30, ovvero con Paperino Paperotto (di Enna principalmente, ma anche Fasano ed altri). In quel caso gli autori hanno creato ex novo un mondo comunque coerente con quanto già scritto in precedenza, con personaggi nuovi e una nuova ambientazione. Quelle che leggiamo non sono le storie di un piccolo Paperino ma, come è giusto che sia, di un Paperino piccolo.

In questa serie, già l’ambientazione è (forzatamente) monca: ritroviamo Topolino e Pippo appena dopo il college ma nulla sappiamo di loro e delle loro eventuali famiglie, nè dei loro trascorsi. Sono semplicemente gli stessi di oggi ma con qualche anno in meno. Topolino è già lui, con la sua innata propensione alle indagini e lo stesso vale per il suo amico, già alle prese con la soffitta dei bis-bis. Dopo Topolinia 20802 insomma, ancora una serie che cerca vanamente di svecchiare il personaggio simbolo della Disney.

Relativamente a questo episodio poi, bisogna dire che Ottavio Panaro non è certo il disegnatore più adatto per dare credibilità a gangster e fuorilegge, con i suoi personaggi orrendamente “pucciosi” e dall’aspetto bonario.

Paperino e i naufragi a ripetizione è un’insipida storiella danese che vorrebbe farsi forte dei disegni di un Rota che ha però perso (parliamo comunque di una storia del 2007) la freschezza dei suoi anni migliori.

Riguardo Ciccio, Paperinik e le creature della fattoria, l’ho letta ormai due giorni fa e ancora mi sto chiedendo cosa ho letto. Un trip di peperonata di Faraci? Un omaggio, ridicolmente malriuscito, ai B-movie degli anni ’50 (Assalto alla Terra e simili)? Forse persino qualcosa che sfocia nell’avanguardia artistica? Vallo a sapere. Spiace solo vedere coinvolto il nome di Leoni in una simile baracconata.

A completare il volume ci sono una intervista ad Enna e Perina sulla loro ultima storia, una breve presentazione di Raffaello e un articolo dedicato a Nicolò Govoni, un giovane giornalista che si occupa di programmi educativi rivolti a orfani e profughi.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"