Iginio Ugo Tarchetti, "Paolina", 1875.
State alla larga da questa roba! È una storia tristissima, scritta in un Italiano arcaico e vetusto già all'epoca della prima pubblicazione, pesante, noiosa allo stremo, didascalica oltre misura ben al di là dei limiti del fastidio.
In sé la storia è semplice: nella Milano appena entrata nel Regno d'Italia, un marchese si invaghisce di una bella operaia diciassettenne (la Paolina del titolo), e ne vuole fare la sua preda perché è tutta colpa del capitalismo industriale agli albori.
Giuro.
Alla fine il romanzo si compone di 170 pagine in formato mignon (quando la metà sarebbe bastata) di puro tedio, non salvate neppure dal colpo di scena quasi finale, con una narrazione costantemente interrotta da riflessioni inutili e messe al momento sempre sbagliato, da dialoghi assurdi, surreali, sempre sopra le righe, interminabili, insensati e impossibili per gente dell'estrazione sociale dei protagonisti, e infine dal costante, assillante, pluriripetuto (ogni due pagine) attacco frontale al capitalismo del tempo.
Lo stile arcaico ed imutilmente pomposo, nonché smodatamene ripetitivo, come detto, si accompagna ad un uso del tutto casuale della punteggiatura, che rende ancora più difficile la comprensione del testo.
Insomma, un disastro su tutta la linea.