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Che libro c'è sul comodino?

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ZioWalt
Pifferosauro Uranifago
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PolliceSu   (2)
    Re: Che libro c'è sul comodino?
    Risposta #780: Venerdì 12 Apr 2013, 23:23:01
    Attualmente sul mio comodino:

    Hemingway, Hemingway, Hemingway... Con la promozione del mese scorso che offriva un 25% di sconto per tutti i libri Oscar Mondadori ultimamente ho fatto grossa incetta di molte delle opere del suddetto autore ;D

    E ho preso anche Tutti i miei robot (non avendo mai letto nulla di Asimov) e quella piccola grande perla che è Novecento, di Alessandro Baricco!

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    Nebulina
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    PolliceSu   (2)
      Re: Che libro c'è sul comodino?
      Risposta #781: Domenica 21 Apr 2013, 15:30:49
      V. Thomas Pynchon

      Non stupisce che l'opera prima di Thomas Pynchon sia stata un successo di critica e di pubblico nell'ormai lontano 1963; esemplare prodotto della corrente post-moderna, racchiude in se stesso la percezione in toto di un'epoca, in cui confluiscono passato, presente e futuro.

      «[...] Dentro V., dentro lei, c'è molto di più di quanto nessuno abbia mai sospettato.
      Il problema non è tanto sapere "chi" è, ma "che cosa". Che cos'è? Dio non voglia che io sia mai chiamato a fornire questa risposta, né in questa sede, né in qualsiasi rapporto ufficiale.[...] »

      Così come dentro V. c'è qualcosa di più di quel che appare, così dentro al romanzo c'è un mondo di difficile comprensione raccontato con uno stile semplice e immediato, privo di virtuosismi letterari, ma con un lessico ricco e ricercato. I personaggi sono caratterizzati in modo attento e ognuno ha un ruolo fondamentale nella struttura del racconto, la quale può ad una lettura superficiale, apparire confusa e casuale, ma che, al contrario, è precisa e mai ridondate. In sintesi la trama è composta da due fili: il romanzo di Stecil che ricerca V. e il romanzo di Benny che cerca di sopravvivere con stenti e privazioni in un'America ormai priva di una guida e di valori, egli uomo inetto che si troverà a far parte della "banda dei morbosi" in cui ogni individuo vive di espedienti, felice di farlo. I due fili si intrecciano in un modo che appare causale, ma quasi prestabilito da una Storia che si riflette in se stessa ripetendosi in un ciclo infinito e immutabile. I personaggi secondari sono le fondamenta su cui si poggia tutto il romanzo, creano la base forte e resistente che sostiene il peso di concetti inespressi, ma tangibili. Attraverso di essi Pynchon urla a gran voce il suo pensiero, antirazzista contrario ad ogni forma di oppressione, utilizza avvenimenti storici, come la rivolta e lo sterminio degli Herero rappresentandoli come irreali, descrivendo la barbarie e l'inumanità della vicenda, producendo un senso di straniamento nel lettore che non comprende più ciò che è reale e ciò che non lo è, poiché l'autore si diverte con esso, lo confonde, lo pone di fronte alla sua ignoranza.
      Proprio questa impertinenza è la forza del romanzo, perché non si limita a citare, in un nozionismo sterile, spiega, racconta , descrive, arricchendo il lettore, ma confondendolo, poiché se privo della cultura necessaria, dovrà documentarsi per comprendere qual è la verità e quale la finzione.
      Un gioco di specchi in cui ogni personaggio si riflette nell'altro vedendo i propri difetti e rifuggendoli, ma senza riuscire a liberarsi di essi, in cui gli eventi non riescono a riconoscersi e a cambiare, l'olocausto degli Herero richiama quello degli ebrei, la rinoplastica di Ester, giovane  dall'odiato naso adunco, si fa metafora della condizione del popolo ebraico e gli esempi potrebbero continuare senza soluzione di continuo per molto tempo.
      Una bellissima immersione in un mondo fin troppo reale, in cui gli odori si sentono, l'oscurità e lo squallore si vedono, in cui niente è solo ciò che è rappresentato, ma si fa metafora di un concetto universale, in cui ogni tassello serve a comprendere la complessità di V., che è tutto ed è nulla, evanescente ed inutile come solo la vita sa esserlo. Forse alla fine V. non è altro che l'essenza dell'esistenza, quell'inseguire uno scopo che non esiste, quel cercare significati a ciò che significato non ha.
      Opera cardine della corrente post moderna che non può mancare al bagaglio culturale di un lettore, ma che deve seguire, senza ombra di dubbio, un senso cronologico, deve essere posta al suo giusto posto nella disgregazione, tutta novecentesca, del romanzo classico, altrimenti appare vuota e incomprensibile.

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      Nebulina
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        Re: Che libro c'è sul comodino?
        Risposta #782: Lunedì 22 Apr 2013, 13:57:10
        LO HOBBIT Tolkien


        Una fiaba per bambini, dolce e tenera come solo un padre potrebbe ideare ed è proprio Tolkien che utilizza il meraviglioso mondo che ha in mente per addormentare i propri bimbi e popolare i loro sogni con nani, elfi, hobbit e draghi. Lo stile utilizzato è molto semplice e diretto, Tolkien spesso si rivolge al lettore anticipando vicende che avverranno nel futuro e nei momenti più difficili rassicurandolo sulle sorti di Bilbo, il protagonista; è proprio questo fluire di parole che accarezzano e coccolano, che accompagnano e rassicurano in tutte le vicende che il piccolo hobbit in compagnia di alcuni nani affronta, a rendere delizioso il cammino. Si entra in punta di piedi in un mondo fantastico e pieno di esseri fantasiosi, ma non per questo incomprensibili; ci sono momenti in cui tale è l'empatia con Bilbo che i morsi della fame sembra di sentirli e i piedi inziano a far male, così si spera che tutto vada bene, che la dea bendata passi da quelle parti e che con la sua cornucopia sparga un po' di fortuna intorno alla piccola compagnia e spesso questo desiderio si avvera.
        Pur essendo scritto con uno stile così semplice racchiude in sè una potenza che a una lettura superficiale non si coglie, il bene e il male non è rappresentato in maniera manichea, ma vengono raffigurate molte sfumature, che sono umane e che meritano una più approfondita riflessione. Le due anime, quella coraggiosa e quella più paurosa di Bilbo ne sono un esempio, il prevalere dell'una e dell'altra è calibrato in modo perfetto, oscillando da una parte e dall'altra senza che nessuna delle sue sia soffocata, quasi a rappresentare il passaggio da un' infanzia protetta tra le mura domestiche e l'età adulta in cui malgrado tutto prima o poi si dovrà accedere, portandosi dietro tutte le paure di un salto nel buio, ma che alla fine ci renderà diversi e orgogliosi di aver affrontato questa inevitabile prova. Il male è rappresentato da Gollum e da Smog, un essere triste e malinconico il primo, un drago cattivo il secondo, se senza dubbio entrambi sono esseri malvagi, le loro vicende sono narrate in modo così dolce, così soffuso che si prova pena quando la giusta punizione li colpisce; è questo l'aspetto più particolare di tutto il romanzo, la capacità di far emergere il buono che c'è in ogni persona, è impossibile essere felici per la sconfitta di Smog, perché anche nella sua perfidia e avidità quello che traspare è un'infinita solitudine e tutte le sue ricchezze sono l'unica consolazione che ha, gli unici amici di cui godere la compagnia, così come la disperazione di Gollum nell'aver perso il suo anello diviene quasi insopportabile, il suo urlo di dolore lacera il cuore e ci fa empatizzare con quell'essere malvagio che si sente perso senza il suo tesoro e allora quasi speriamo che in qualche modo Bilbo possa restituirglielo. La rappresentazione dicotomica del bene e del male è un elemento tipico delle fiabe, ma qui non è netta, ma sfumata come è davvero nella vita reale, ciò che ad una visione superficiale appare in un modo se posto sotto una luce diversa appare in altro per poi, come in un caleidoscopio, mutare la propria forma in qualcos'altro in un eterno gioco di sfumature. Il lieto fine è obbligatorio, ma una nota di tristezza accompagna il viaggio di ritorno di Bilbo con lo stregone saggio, ma lo hobbit non sarà mai più lo stesso, è diventato adulto e la vita non apparirà più ai suoi occhi come prima ed egli sarà più orgoglioso di se stesso di come non avrebbe mai potuto sognare di essere.
        Una favola da leggere a tutti i bambini, perché possano internalizzare dei concetti che poi da grandi ad una seconda lettura potranno comprendere fino in fondo cogliendo sfumature che avevano solo intuito.

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        Scrooge97
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          Re: Che libro c'è sul comodino?
          Risposta #783: Lunedì 22 Apr 2013, 14:37:19
          sul mio comodino c'è il libro Eugenìe Grandet di Honorè de Balzac...veramente bello, una volta che inizi a leggerlo non smetti più!
          Comunque non è l'unica cosa che leggo infatti contemporaneamente leggo anche alcuni fumetti disney che non avevo ancora letto e che avevo da molto tempo sulla mia libreria...uno di questi è l'Almanacco Topolino n°8 del Dicembre 2000. :)

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          Bacci
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            Re: Che libro c'è sul comodino?
            Risposta #784: Giovedì 25 Apr 2013, 16:48:07
            Colpito dall'incipit molto semplice ma interessante e dall'argomento trattato, oggi in Mondadori ho comprato Ritratti di pittori, di Robert Walser. Dello stesso autore ho preso anche il racconto La passeggiata, e Jakob von Gunten, visto che le tematiche e lo stile di scrittura di questo autore mi piacciono molto.

            Poi oltre a questi ho preso Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, di Robert M. Pirsig, per mio fratello, ma credo che appena riuscirò lo leggerò anche io ;)

            Insomma, come si è capito sto approfittando degli sconti del 25% della Adelphi  :D

            Se qualcuno non ne fosse al corrente, in questo mese anche i libri del Montalbano di Camilleri, insieme alle altre proposte della Sellerio hanno uno sconto del genere ;)

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            Nebulina
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              Re: Che libro c'è sul comodino?
              Risposta #785: Sabato 27 Apr 2013, 09:08:12
              SINDBAD TORNA A CASA di Sandor Márai

              Un tuffo nella malinconia della giovinezza ormai sfumata e con essa tutto quello che la popolava.
              Sandor Márai realizza un romanzo molto particolare per stile e contenuto, riesce ad unire una bella prosa a delle emozioni profonde. Il peregrinare per Pest è di Joyciana memoria, come Ulisse anche Sindbad si trova in un sol giorno a vagare per le vie della città vecchia, ormai solo ombra di ciò che era, solo vuoto guscio di un mondo lontano, quando gli scrittori erano anima e i libri vita, quando Sindbad era giovane e rispettato per quello che scriveva.
              Quanto la trama è semplice e lineare tanto profondi sono i temi toccati e molto attuali, nonostante il romanzo sia stato pubblicato nel 1940, interpretabili a più livelli.
              Il protagonista Sindbad, ovvero Gyula Krúdy, si fa essenza della scrittura stessa, trasmette la passione, l'ansia di esprimere le proprie emozioni, l'amore per la propria patria e la malinconia di qualcosa che finisce in modo definitivo, l'alito della morte che aleggia sulla vita e facendosi soffio porta via tutto quello che è stato. Ciò che rende questo piccolo libro speciale si trova nella parte centrale, dove l'autore, mentre Sindbad pranza, sopraffatto dai ricordi, ci ricorda perché egli scrive e sono pagine di una intensità profonda che l'allievo dedica al proprio mentore, in cui lo eleva a musa e guida, ad impersonificazione dell'ispirazione e di quella forza che si impadronisce di un uomo e lo trasforma in artista. Ogni aspetto della vita diviene spinta propulsiva a scrivere per lasciare testimonianza di quell'attimo, di quella sensazione irripetibile e determinante.
              Quel ripercorrere le tappe dei caffè letterari e trovare desolazione e superficialità nei giovani scrittori orfani della passione e della capacità di provare emozioni, di quel riuscire a trasmetterle solo con la penna, è un elevare la propria arte, ma soprattutto la propria giovinezza, quando non esisteva una casa, perché questa erano i profumi del bagno dove a settanta gradi si discuteva con gli altri intellettuali dei fatti del mondo per renderli arte oppure il gusto del caffè unica e vera bevanda dello scrittore.
              Il ritorno a casa è struggente e foriero di nuovi pensieri e della presa di coscienza di un'epoca andata, finita, dissolta, ma anche della certezza rinnovata che il proprio passaggio nel mondo non è stato vano, un'infinitesima traccia è stata lasciata e questo basta per dare un senso alla vita, quasi a descrivere il destino di ogni scrittore la cui opera sopravviverà in eterno.
              Tutti questi fili sono tenuti insieme da una scrittura fluida, scorrevole in cui Márai sostiene Sindbad e lo caratterizza in modo preciso, non nascondendone i molti difetti, ma mettendoli al servizio del suo genio. I personaggi secondari sono appena accennati e tutto il viaggio è pervaso di citazioni di scrittori vissuti in Ungheria all'epoca di Krúdy, che rendono ancora più struggente questo viaggio di Sindbad in una costosa carrozza.
              Scritto come omaggio al proprio maestro, utile a tutti quelli scrittori che hanno smarrito la passione e la ragione per rendere vive le pagine su cui scrivono.

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                Re: Che libro c'è sul comodino?
                Risposta #786: Sabato 27 Apr 2013, 22:59:11
                Ho letto L'automa, di John Dickson Carr. Come sa chi si approccia a romanzi del genere lo stile è quello classicissimo del poliziesco, la prosa è asciutta e finalizzata agli intrighi della trama ma anche questa volta lo scrittore riesce a creare una particolare atmosfera, in cui in una sequenza particolare -più che negli altri suoi libri che ho letto - la tensione si fa molto alta. Come da tradizione l'omicidio è veramente particolare nel contesto e nei modi in cui si attua, e la soluzione trovata dall'esimio criminologo Gideon Fell svela un piano di una fantasia ai limiti del credibile, tanto che ogni singola volta rimango sorpreso. Da questo punto di vista le opere di questo scrittore mi pare sviluppino trame più contorte ed elaborate, con eccezioni, di quelli di agatha christie e di ellery queen, gli altri giallisti che amo e conosco meglio. Consigliato ai puristi!


                So che un certo Cappellaio Matto di Carr sembrerebbe aver lontanamente ispirato un Doppio Segreto disneyano...
                Comunque volevo segnalarti di Carr, abbastanza famoso, il romanzo La corte delle streghe, famoso perché sembra essere l'unico in cui nel finale sembra profilarsi una motivazione soprannaturale degli eventi, in un finale che a dirla lunga resta appositamente aperto.


                Nel mio comodino ci sono 2 volumi di 2000 pagine totali contenenti la Storia della mia vita di Giacomo Casanova. Ripercorrono la storia di Venezia alle soglie della sua decadenza da repubblica indipendente. Ma presenta anche una varietà di situazioni che coprono l'arco di 40 anni, e che si susseguono in maniera tale che dopo 10 pagine quasi dimentichi cos'è successo 10 pagine prima, tante sono le cose che avvengono. Le vicende di Casanova sono puntualmente inframmezzate dai momenti galanti (caratterizzati da una spregiudicatezza sorprendente nella descrizione dei rapporti sessuali). E' un personaggio che nei suoi continui viaggi si scontra con pregiudizi di ogni tipo e non esita a sfruttare la credulità altrui.
                C'è spazio anche per l'emozionante descrizione della sua evasione dalle prigioni di Venezia, un must nella storia della letteratura (detenzione ed evasati narrati più nel dettaglio in un altro romanzo, Storia della mia fuga dai Piombi). Non meno interessanti i suoi incontri col papa e con personaggi di spicco del Settecento, come letterati tra cui Voltaire.
                Disney Comic Guide - La guida ai fumetti Disney: https://disneycomicguide.wordpress.com/


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                  Re: Che libro c'è sul comodino?
                  Risposta #787: Domenica 28 Apr 2013, 02:50:23


                  So che un certo Cappellaio Matto di Carr sembrerebbe aver lontanamente ispirato un Doppio Segreto disneyano...
                  Comunque volevo segnalarti di Carr, abbastanza famoso, il romanzo La corte delle streghe, famoso perché sembra essere l'unico in cui nel finale sembra profilarsi una motivazione soprannaturale degli eventi, in un finale che a dirla lunga resta appositamente aperto.

                  Ti ringrazio per il consiglio, davvero apprezzatissimo, nonostante conosca già di fama il libro. Pensa che cerco La corte delle streghe da un paio d'anni, ma in tutti i mercatini che frequento abitualmente non è mai saltato fuori... Mah!

                  *

                  Bacci
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                    Re: Che libro c'è sul comodino?
                    Risposta #788: Lunedì 29 Apr 2013, 04:34:37
                    La Passeggiata è un racconto veramente sorprendente di Robert Walser, lungo nemmeno 100 pagine, in cui l’autore ci fa immergere in un mondo magico e incantato, quello della sua mente solitaria. All’inizio pare di assistere ad un semplice elenco di ciò che il protagonista incontra durante il suo cammino, ma poi si rimane estasiati dallo stile usato e dalle immagini vive che lo scrittore riesce a creare, dalla sua sottile ironia e dal suo grido disperato e allo stesso tempo gioioso e malinconico, quello di una persona che tenta di trovare il suo posto nel mondo, cercando di  trarre l'essenza di tutto ciò che lo circonda, con una incredibile sensibilità, che lo vede però sempre e solo come consapevole spettatore esterno, un escluso.  La bellezza delle cose, delle persone e luoghi in cui si imbatte durante la passeggiata sono per lui fonte di incanto continuo, sembra che il protagonista scopra tutto ciò che lo circonda come se lo vedesse per la prima volta, in un’allegoria della vita veramente efficace, in cui non mancano i momenti meno entusiasmanti delle difficoltà di tutti i giorni. Si passa da attimi di vero entusiasmo ed euforia ad altri depressivi, e seguendo l’armonia del linguaggio ricercato si arriva fino al calare della sera e al finale che ho trovato davvero commovente nella sua semplicità. Due articoli per approfondire le tematiche e la vita di questo scrittore (il secondo è veramente splendido). Credo che cercherò di leggere ancora molti dei suoi libri…

                    *

                    Eruyomè
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                      Re: Che libro c'è sul comodino?
                      Risposta #789: Lunedì 29 Apr 2013, 17:05:51
                      Bacci, non osare mai più dire che non ti senti in grado di esprimere bene in scrittura ciò che pensi...Una recensioncina coi fiocchi e controfiocchi! Breve, concisa, e dannatamente evocativa! giuro mi hai fatto venir voglia di andare a cercarmi sto libro! :D come se non ne avessi già abbastanza per casa e sulla lista dei "prossimamente" :)



                      comunque..io sul comodino attualmente ho "Mattatoio n.5" Appena iniziato...di Vonnegut...E' il primo che leggo di questo scrittore..e devo ancora capire bene cosa ho davanti :) un libro particolare, strano. Ma mi incuriosisce parecchio!
                      « Ultima modifica: Lunedì 29 Apr 2013, 17:12:59 da Manu »
                      «Éala éarendel engla beorhtast
                       ofer middangeard monnum sended.  Aiya Eärendil Elenion Ancalima!»

                      *

                      Bacci
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                        Re: Che libro c'è sul comodino?
                        Risposta #790: Lunedì 29 Apr 2013, 18:54:35
                        Accidenti ti ringrazio davvero!!
                        E tu ricordati di venire qui a scrivere che ne pensi di Vonnegut, che non conosco questo autore e mi incuriosisce ;)
                        Io ora sto leggendo il secondo libro di Walser che ho comprato: Ritratti di pittori. Spero sia bello come il primo che ho letto...

                        *

                        Bacci
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                          Re: Che libro c'è sul comodino?
                          Risposta #791: Domenica 5 Mag 2013, 21:30:09
                          Ho letto Un amore di Buzzati. Ha detto bene chi ha scritto che è un libro doloroso. E anche per questo non è per nulla facile da commentare.
                          Tutti conosciamo la differenza che passa tra un semplice restarci male e un soffrire intensamente. Ognuno di noi credo abbia provato almeno una volta nella vita cosa significa sentirsi escluso dall'esistenza di una persona amata o almeno il non appartenerle del tutto.
                          Credo sia un modo molto terra-terra per commentare questa esperienza di lettura, ma forse allo stesso tempo anche la più profonda perché è la più sincera e immediata, aldilà delle altre numerose interpretazioni che si possono trovare. Può capitare a volte di venire a sapere che persone a cui teniamo o a cui crediamo di tenere, si incontrino in quel dato momento senza di noi, e noi non siamo stati invitati. Magari sul momento ci rimaniamo male, non è nulla di drammatico, certo, ma possiamo addirittura soffrirne per un po'. Eppure ci rendiamo conto subito dopo che il disagio passa, la delusione non è così grande da farci star male, e tutto sfuma lentamente e dopo un certo periodo di tempo si pensa ad altro. Quando questo capita per la persona amata, la situazione è ben diversa. Il dolore non passa più tanto facilmente, i pensieri si fanno costanti e per tutto il giorno non si pensa ad altro, sembra di non riuscire ad avere altro scopo nella vita che quello di essere laggiù con chi ci manca e di pensare e fantasticare su quello che sta accadendo in nostra assenza. Non è certo così per tutti, ovvio, dipende da persona a persona, ma a lungo andare i pensieri possono farsi morbosi, e la situazione sfociare in una ossessione, soprattutto se tutti i tentativi di riconciliazione con l'altra persona, visti dal suo punto di vista, paiono solo minacciosi attentati alla libertà personale. Nel libro accade questo, tra le parole dei flussi di coscienza stilisticamente perfetti di Buzzati emergono queste difficoltà, questi fraintendimenti, questi pensieri ossessivi che distolgono l'attenzione del protagonista, Dorigo, dai fatti del mondo, sia che possano essere cose banali come la routine lavorativa, sia meno, come l'angoscia per la paura della morte, che più o meno inconsciamente tutti ci portiamo dentro. E' un libro amaro, aperto, sincero... anche quando l'onestà del protagonista lo porta sovente a mentire a se stesso, per continuare il suo sogno d'amore nonostante l'evidenza dei fatti. Quello di cui parla questo libro non è Un amore, bello, radioso, idealizzato. Ma è Un amore passivo, che non lascia scelta al protagonista, che lo chiude in sé stesso, lo rende disperato, gli lascia pochi attimi di respiro in una corsa frenetica che lo porta a perdere il controllo della sua vita abitudinaria fondendosi spesso la realtà con l’immaginazione e l'idealizzazione della sua donna, senza però, come sa chi ha letto il libro, andare oltre i confini imposti dalle convenzioni sociali, almeno per quanto riguarda la durata dell'ossessione del protagonista. Il finale, appunto, lascia un po’ di amaro in bocca per tutte le umiliazioni fin lì subite da Dorigo, ma capiamo anche in quel momento di leggere parole importantissime per raggiungere il senso di tutti gli eventi, quando nelle ultime pagine il libro vira dalla prosa asciutta dei capitoli precedenti verso temi più enigmatici e anche più misteriosi e simbolici. Visto il doloroso argomento trattato, il libro richiede una grande attenzione nella lettura ma certamente riesce nonostante la voluta ossessiva ripetizione dei temi a incollare alle pagine ed analizzare in modo incredibile un certo tipo di sentimento condannando allo stesso tempo le ipocrisie in cui vivono tutti i personaggi del libro (e quindi quelle della vita reale, la milano del libro è veramente quella reale), ed esprimendo nonostante tutto il reale bisogno di vivere per i propri sogni, nonostante il finale che ci aspetta tutti indifferentemente. E' scritto divinamente, e nel suo mettere completamente a nudo un certo tipo di amore e le psicologie dei personaggi sicuramente rende impossibile il rimanere giorni e giorni senza ripensarci.
                          « Ultima modifica: Domenica 5 Mag 2013, 22:36:12 da bacci88 »

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                          Nebulina
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                          PolliceSu   (1)
                            Re: Che libro c'è sul comodino?
                            Risposta #792: Lunedì 13 Mag 2013, 10:16:04
                            LA VITA ISTRUZIONI PER L'USO Georges Perec


                            Non si può non rimanere affascinati da un'opera come questa, per la complessità della struttura, per la ricchezza del lessico e per la magnifica profondità del contenuto. Lo stile scelto è semplice e lineare, ma è l'architettura che lo sostiene ad essere molto elaborata e contorta. Membro dell'OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle, ovvero "officina di letteratura potenziale"), Perec utilizza tutti i mezzi a sua disposizione per limitare e circoscrivere la propria libertà di espressione, utilizzando schemi di narrazione e vincoli che sono decisi a priori; per fare un esempio: ci sono nel romanzo quarantadue liste di dieci oggetti ciascuna, riunite in dieci gruppi di quattro elementi e due gruppi contenenti liste di "coppie". La vicenda si svolge in un condominio di dieci piani, in ognuno dei quali sono presenti dieci stanze, Perec immagina di poter togliere la facciata e di poter vedere la stanza che si affaccia sulla strada. L'idea è semplice e geniale, partendo da un elemento della vita di tutti i giorni, presente nell'esperienza di chiunque, si snoda un dedalo di storie, ramificate e intrecciate che dal milleottocentotrentatre arriva sino al millenovecentosettantacinque, più di un secolo di storia racchiuso in quelle quattro mura. Quello che si potrebbe pensare è che costretto da tali rigide regole l'essenza del romanzo ne risenta, ma non è così, come i poeti riuscivano a creare opere d'arte nonostante la metrica, così Perec riesce a generare un poetico insieme di esistenze fatte di vite normali, vite straordinarie, vite inutili. Se nella storia principale, quella di Bartlebooth, si condensa tutto il significato della Vita nella sua vacuità, nelle altre si possono scorgere elementi di ordinarietà, fatti di tanti piccoli gesti, tante piccole manie che non possono non commuovere. Così tante sono le storie raccontate e le vite passate in rassegna che diviene difficile farne una cernita, ma la chiave di lettura sta nel titolo: La vita istruzioni per l'uso. L'autore ci dà la possibilità di capire, di penetrare in quella che è la domanda che tutti si pongono: qual è il senso della vita? Quando si arriva all'ultima pagina, all'ultima lettera, per una frazione di secondo si ha l'impressione di averlo colto, di stringerlo nel pugno chiuso, quasi a proteggerlo, quasi impauriti di questo grande privilegio, ma è un attimo appunto, quando la mano si schiude non rimane niente a testimoniare quello che è stato, solo quella sensazione del risveglio dopo un sogno, la stessa frustrante impossibilità di ricordare e a niente servirà rileggere quelle pagine, proprio come la madeleine di Proust non riuscirà mai più nel miracolo della rievocazione del tempo perduto, così dovremo tenerci stretta quella sensazione, quell'unico istante in cui il senso della vita appare chiaro nella nostra mente per perdersi ancora e per sempre nei suoi meandri oscuri. Un capolavoro del novecento, che si rende indispensabile nella comprensione di un secolo così importante e così drammatico, così ricco di idee e di voglia di rompere gli schemi in tutti i settori, quasi a voler distruggere per poi ricostruire; come fu per gli altri autori anche in quest'opera la quantità di informazioni è incredibile, la cultura di Perec è enciclopedica, ma non è ostentata, va a imbibire le pagine ed è impossibile non rimanere affascinati da un sapere che sembra oltrepassare le porte dello scibile.

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                              Re: Che libro c'è sul comodino?
                              Risposta #793: Lunedì 13 Mag 2013, 17:32:17
                              Ma complimenti nubulina,le tue recensioni e quelle di Bacci sono stupende [smiley=commosso.gif]

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                                Re: Che libro c'è sul comodino?
                                Risposta #794: Lunedì 13 Mag 2013, 17:45:13
                                Sul comodino ora c'è un'antologia di scritti di Gramsci, "Nel mondo grande e terribile", dal '14 al '35. Veramente un personaggio non comune in Italia :)

                                 

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