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Che libro c'è sul comodino?

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pkthebest
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PolliceSu   (1)

PolliceSu   (1)
    Re: Che libro c'è sul comodino?
    Risposta #825: Venerdì 7 Giu 2013, 15:15:40
    Non prendetela come una battuta: segnalo un saggio scritto davvero bene, almeno nelle prime 200 pagine.

    Paolo Castagno (ed.): Topolino Tremila - premio Papersera 2013. Un gruppo di grandi fan internauti si è dato ottimamente da fare, creando un distillato critico di più di 700 pagine sui primi tremila numeri della testata regina del fumetto Disney.

    Non si tratta di un coacervo infinito di complimenti: scrittori più o meno improvvisati di ogni età e parte d'Italia si sono uniti per scrivere un omaggio dove vengono messe in luce le ragioni di un successo editoriale, ne vengono segnalate anche le poche ombre, ma soprattutto ci viene dimostrato come il fumetto abbia ancora tanti seguaci che, senza essere necessariamente nerd, lo sanno criticare in modo stimolante perché al tempo stesso la storia di questi tremila diventi un punto di riferimento per tutti i numeri successivi.

    La partecipazione a vari articoli di numerosi autori del settimanale dona ancora più valore a questo gioiello!

    So che può sembrare autocelebrazione per il forum, ma io credo che questo volume sia davvero un grande saggio fumettistico, che non stonerebbe pure nelle librerie degli appassionati del genere che non sono iscritti al Papersera!

    Un vero e proprio libro di pari dignità di tutti gli altri, ecco, che non deve vedersi sminuito nella nostra concezione, solo perché l'abbiamo scritto noi!
    « Ultima modifica: Venerdì 7 Giu 2013, 15:17:54 da pkthebest »

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      Re: Che libro c'è sul comodino?
      Risposta #826: Lunedì 10 Giu 2013, 22:23:49
      Letto di recente un "volumetto" imperdibile, se si è appassionati del genere come me. Dico "volumetto" tra virgolette perché mi devono ancora spiegare come fanno a definire tascabile un mattone di 1020 pagine, ma... Ad'ogni modo, Storie di Vampiri, edito dalla Newton Editori.
      Ottimo sotto molti punti di vista: la quantità di storie, la loro qualità, il fatto che dia un'interessante panoramica sull'evoluzione del genere da quel dì in cui venne pubblicato il Vampiro di Polidori fino ai lavori odierni e, ultimo ma non per importanza, il fatto che il prezzo è davvero conveniente :P
      Anche un piacevole apparato di approfondimenti a fine libro sul folklore e la saggistica che trattò di risurgenti nei secoli corsi, quand'anche un'illuminista come Voltaire scriveva di questa piaga e di quali potessero esserne le cause, e un bell'elenco di testi a riguardo (che avevo già quasi tutti)
      A parte i racconti che già avevo, come il già citato di Polidori e l'immortale e bellissimo Carmilla, ho trovato piacevoli sorprese, come la piccola e bellissima perla horror "I Vurdalak", nientemeno che di Tolstoj o racconti che riuscivano invece ad'essere vera e pura comicità, come "Quel Vampiro di Lovecraft" di Bloch. Scandalizzato, invece,da come la narrativa contemporanea abbia perso totalmente l'idea del genere, fra vampiri che combattono o sono alieni, o antiche divinità... non mi meraviglia che poi sia uscito fuori qualcosa come "Twilight"

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      ML-IHJCM
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        Re: Che libro c'è sul comodino?
        Risposta #827: Martedì 11 Giu 2013, 10:21:32
        "I Vurdalak", nientemeno che di Tolstoj
        Tolstoj? Certi nomi richiedono specificazioni.

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          Re: Che libro c'è sul comodino?
          Risposta #828: Martedì 11 Giu 2013, 17:17:40
          Tolstoj? Certi nomi richiedono specificazioni.
          :-? Si , di quel Tolstoj lì, perchè? Io che ho detto?

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            Re: Che libro c'è sul comodino?
            Risposta #829: Martedì 11 Giu 2013, 17:47:21
            Beh, di solito se uno dice Tolstoj intende questo qui. Soprattutto quando si parla di uno scrittore.
            « Ultima modifica: Martedì 11 Giu 2013, 17:48:24 da ML-IHJCM »

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              Re: Che libro c'è sul comodino?
              Risposta #830: Martedì 11 Giu 2013, 20:04:05
              Ah, giusto! Me l'ero dimenticato ;D Sai com'è... lui non l'ho mai letto... :P Si me ne vergogno.

                Re: Che libro c'è sul comodino?
                Risposta #831: Mercoledì 12 Giu 2013, 02:02:29
                Sono da un po' assente.. così ho pensato di inserire in un unico post i libri che ho letto in questi giorni:

                Le notti bianche – Dostoevskij

                “Le notti bianche” è un'opera giovanile di Dostoevskij che a soli ventisette anni ha già in potenza tutto il talento che lo renderà immortale.
                Difficile per un animo solitario e riservato non immedesimarsi nel protagonista, il quale viene tratteggiato in modo così dolce e preciso da rendercelo vivo ed è così reale seguirlo nelle sue passeggiate, incrociare le strade, le case a cui si rivolge, umanizzandole; troppo distante da lui è l'umanità, troppo distante la società, troppo vivi i suoi sogni, troppo fervida la sua immaginazione.
                L'autore ce lo presenta come un uomo avulso dalla realtà, così timido da parlare solo con le strade, le case, le finestre; aspetto, questo, che già da solo basterebbe per comprenderne l'essenza delicata di un animo sensibile.
                La protagonista è viva e passionale, emana un entusiasmo contagioso, a tatti incredula e impaurita, a tratti civetta, rapisce quell'animo e lo strappa al sogno, lo irradia con la sua solare realtà, quasi con un tocco gli trasferisce la vita che non ha mai vissuto, la speranza che non ha mai coltivato, l'amore che non ha mai realizzato.
                Se si pensa all'argomento trattato, così vasto, così profondo e intimo, stupisce come possa essere stato sintetizzato in poche pagine, in così poco tempo, ma Dostoevskij ci riesce e rende quell'incontro così particolare e unico, paradigma dei rapporti d'amore tra ragazzi, delle difficoltà che essi si trovano ad affrontare, degli inganni, delle omissioni che creano quegli equilibri instabili tipici dell'adolescenza.
                Lo stile  è di una modernità disarmante, i dialoghi sono verosimili, il lessico, ricco e adatto alla situazione, sembra accompagnare, attraverso le variazioni di ritmo, l'uso più frequente delle subordinate,l'incedere veloce dell'aggettivazione, i pensieri del protagonista e le sue speranze, come per trasmettere quell'illusoria forza che permette di far sì che il sogno si faccia realtà e che il tempo trascorso nelle elucubrazioni non sia vano, non sia perso.
                La particolarità stilistica sta nell'aver scelto un registro ironico, che alleggerisce tutta la vicenda, che fa intuire ciò che avverrà, creando un'atmosfera così magica da rendere quell'angolo di paradiso il pizzico di realtà che per sempre accompagnerà il mondo onirico del protagonista, la polvere magica che perpetuerà la felicità vissuta.
                Quando le poche pagine che lo compongono si concludono e l'avventura si conclude ci si rende conto che quei due ragazzi imbacuccati, accarezzati dal gelido freddo russo appartenenti ad un tempo lontano, a due secoli fa, potrebbero essere due adolescenti attuali, che mutatis mutandis, nella stessa situazione sarebbero attanagliati dai medesimi dubbi, dalle stesse paure e finirebbero, forse, date le premesse, per compiere identiche azioni.
                La potenza di un classico, anche se giovanile, sta nell'essere universale, nel riuscire a non perdere smalto nel tempo, ad adattarsi a ogni epoca, perché capace di cogliere l'essenza di un animo, a descriverne i tratti e a trasmettere le emozioni che rendono le parole vive e capaci di riempire quei vuoti esistenziali che spesso albergano nei cuori di molti di noi.
                Un libro da leggere e da rileggere poiché non in tutte le fasi della vita può essere compreso e ad ogni età avrà qualcosa di diverso da dire sull'animo umano.

                Il medico di campagna – Honorè de Balzac

                Un incipit bucolico ci accompagna con dolcezza in un piccolo paese di compagna attraverso gli occhi del capitano Genestas. Fin dalle prime parole sembra che tutto intorno si componga, la vallata che galoppando viene attraversata, il lento scorrere del fiume e il cinguettare degli uccelli;la Francia del 1829 doveva essere davvero adorabile.
                La trama di questo romanzo è ridotta ai minimi termini, di fatto non accade niente, quello che conta oltre allo stile limpido e semplice che sembra essere tutt'uno con l'umiltà dei contadini che popolano al valle, è il contenuto; infatti Balzac crea dei personaggi che sono degli oratori, che attraverso i propri lunghi monologhi esprimono le proprie idee e attraverso queste la propria anima.
                Il protagonista è delineato in modo esauriente fin dalle prime pagine per bocca dei suoi compaesani, egli oltre ad essere il medico è anche il sindaco che ha restituito lustro e benessere al villaggio attraverso le proprie opere, ma soprattutto attraverso il proprio esempio.
                I lunghi dialoghi o meglio dire monologhi lo rendono a tratti così perfetto da risultare irritante, ma è quasi impossibile dare voce a questo pensiero perché Balzac ci ricorda e sottolinea che questo benefattore non è supponente, non fa pesare ciò che fa, ma sembra che tutto gli venga naturale e non può non conquistare.
                I piani di lettura che si possono trovare, sono molteplici; quello narrativo, come detto prima, è lineare e quasi irrilevante, ma rispecchia la semplicità delle persone che lo popolano, anche se il finale in cui impariamo a conoscere la vita del medico rendono comprensibile tutte le sue azioni; quello sociologico è forse quello più interessante, viene analizzata e fatta comprendere la società dell'epoca, le speranze dei contadini, i loro pensieri, i loro bisogni. Balzac ci fa vivere tutto questo, rappresentandolo con semplicità e con realismo, senza cadere nello scontato e nel banale, senza tacere nessun lato e confrontando le varie personalità che la compongono; poi c'è il piano storico che è senza dubbio quello che più suscita l'interesse del lettore e forse anche dell'autore; vi è infatti narrata tutta la vita di Napoleone, dalla nascita alla caduta, per bocca dei soldati che lo hanno seguito e adorato, di coloro che erano al suo fianco e che non lo hanno tradito e viene fatto con tale ardore e con tale passione che non può lasciare indifferenti; infine, ma non certo per importanza c'è il piano economico-politico, che tanto ha affascinato Engels portandolo a dire “ho imparato di più che da tutti gli storici dichiarati, gli economisti e gli studiosi di statistica di quel periodo messi insieme”, infatti è attraverso i suoi personaggi che Balzac esprime le proprie idee e lo fa in modo così genuino e così particolareggiato da convincere il lettore.
                Più di un romanzo un'occasione di riflessione e di accrescimento culturale, un momento per assaporare la forza patriottica e l'orgoglio di una Francia orfana del suo imperatore.

                Maigret e le persone per bene – Simenon

                Per avventurarsi nel mondo dei gialli da profani e coglierne tutti i lati positivi Simenon è un buon inizio. Il suo stile così asciutto e descrittivo al punto giusto ipnotizza e incolla alle pagine, non lasciando scampo; così veloce e accattivante, il ritmo, da far trascorrere il tempo in modo veloce e sereno; la scoperta dell'assassino è un finale, come potrebbero essercene tanti altri: è un giallo e questo è il suo scopo.
                Ciò che rende questo autore così gradevole è la capacità innata di riuscire a conciliare il mero delitto alla descrizione di un'atmosfera, di un mondo.
                Nel caso specifico sono delle persone per bene ad essere colpiti dalla disgrazia e il mondo borghese è evocato in modo reale e il lettore, insieme a Maigret, si identifica in quelle persone a tal punto da rifiutare che possa essere accaduto loro una tragedia così grande come un omicidio, perché se così fosse potrebbe accadere a chiunque e questo è un pensiero che non deve mettere radici.
                Se l'inizio del racconto, attraverso uno stile minimalista, che mette in luce il lato borghese di Maigret, è pervaso di un' ovatta che attutisce i suoni e i rumori generando un'ansia tipica di quando si empatizza con qualcuno.
                La rassicurante penna di Simenon, però, riesce piano piano a scardinare questo scrigno protettivo disintegrando quell'aura di perfezione così irritante; la cosa particolare è che non lo fa con eventi straordinari, ma con schegge impazzite che possono esistere, ma che sfuggono al controllo.
                Il giallo in sé è atipico, non ci sono elementi nascosti che posso far intuire il colpevole, è la forza della disperazione di Maigret che lo fa seguire anche le piste più improbabili, in un estenuante ricerca di indizi che alla fine, ma solo alla fine porterà i suoi frutti.
                Infine i personaggi, sono caratterizzati così bene che sembra di vederli, sia i principali che i secondari, con pochi tratti se ne comprende la psicologia e l'emotività.
                Un buon giallo per trascorre qualche ora in piacevole compagnia.

                Ho cominciato "Assassinio sull'Orient Express".... spero di finirlo a breve :-) così vi faccio sapere che ne penso! Ehehe siete stati così cari tutti a consigliarmi i gialli...

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                PolliceSu   (2)
                  Re: Che libro c'è sul comodino?
                  Risposta #832: Mercoledì 12 Giu 2013, 11:41:10
                  Sto leggendo il Bel Ami di Maupassant, un libro fantastico, incredibile e apprezzabile da tanti punti di vista differenti, nonostante l'apparente semplicità e fluidità di narrazione, che scorre via semplice come bere un sorso d'acqua. Un minuscolo esempio, forse molto ingenuo e che forse non rende nemmeno la portata di quest'opera... Il protagonista ad un certo punto della narrazione fa riferimento alle stampe giapponesi, che usa per abbellire il suo umile appartamento in occasione della visita dell'amante. Chi ha un po' di dimestichezza con la storia dell'arte di quel periodo da una semplice informazione come questa può ricavare un piccolo mondo nel mondo, e vedere un semplice riferimento come questo in un'ottica tutta diversa, che va ad accrescere tutta l'atmosfera del libro. Senza dilungarsi troppo, quelle stampe infatti vennero prese come riferimento e oggetto di studio da i maggiori pittori dell'epoca, e i risultati di questi studi sono visibili in tanti celebri capolavori dell'arte come anche nella vita di tutti i giorni di quel periodo storico, perché occuparono un posto di rilievo nelle sperimentazioni di questi artisti e nei loro dibattiti. Tutte queste informazioni e semplici riferimenti creano un fascino ancora più grande alle azioni narrate da Maupassant, che di tutto questo era certamente consapevole, e contribuiscono a dare uno spessore incredibile al libro, come se i personaggi della narrazione fossero reali e calati in un mondo più ampio e variegato, esistente tra le righe e nei sottintesi, che va molto al di là di quello che viene narrato nelle pagine, e brulica di vita in profondità, anche al di fuori delle pagine scritte. Come sarebbe bello trovare il tempo per approfondire qualunque argomento e cogliere più in profondità tante altre cose che invece purtroppo ad una lettura più superficiale, è proprio il caso di dirlo, mi entrano da un orecchio e escono dall'altro
                  « Ultima modifica: Mercoledì 12 Giu 2013, 15:33:24 da bacci88 »

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                  Nebulina
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                    Re: Che libro c'è sul comodino?
                    Risposta #833: Sabato 15 Giu 2013, 10:35:01
                    Infine l'ho letto:

                    Assassinio sull'Orient-Express – Aghata Christie

                    La conoscenza del giallo deve passare da questo titolo, poiché nel tempo è diventato paradigma di ogni altro, il Giallo per antonomasia e una volta giunti alla risoluzione del mistero il motivo è ben chiaro nella mente del lettore.
                    L'enigma è dei più classici: il delitto in una stanza chiusa; i personaggi appartenenti a tutti i generi e a tutte le classi sociali; la soluzione inspiegabile, dodici pugnalate sferzate con rabbia, un uomo ucciso, un investigatore  privato di ogni possibile aiuto tecnico obbligato a utilizzare solo la forza della propria intelligenza.
                    Lo stile è asciutto e incalzante, il ritmo veloce e accattivante, la trama priva di qualsiasi falla narrativa, ogni indizio, ogni particolare è inserito ad arte per far correre i sospetti da un passeggero all'altro, per creare un'idea e subito distruggerla giungendo al finale che dà una spiegazione a ogni dubbio, che fa divenire l'impossibile possibile e spiegabile. Il lessico è molto ricco e adatto al personaggio che viene delineato, la quantità di dialoghi serrati, quasi senza soluzione di continuo, rubano qualcosa alle descrizioni dei luoghi, delle atmosfere, ma creano quel ritmo che obbliga a continuare.
                    I personaggi sono caratterizzati quanto basta per essere funzionali alla risoluzione del caso, vengono descritte e studiate le reazioni più che le emozioni, le espressioni più che la psicologia, ponendoci nella stessa situazione di monsieur Poirot, affannati a cercare di capire con le nostre sole capacità intellettive chi sia l'assassino; avremmo fatto le stesse domande? Avremmo tratto le stesse conclusioni? Avremmo compiuto le stesse azioni? Tutto questo crea un gioco divertente che ci traghetta fino all'inevitabile finale che rimane l'unica spiegazione possibile.
                    Se Poirot è, come è logico, caratterizzato molto bene, non è da meno il suo amico monsier Bouc, che la Christie pone come l'alter ego del lettore: sicuro della propria intelligenza si colloca in un primo tempo sullo stesso piano di Poirot per poi capitolare di fronte alla sua superiore forza deduttiva e, perché no, intuitiva; monsier Bouc è forse il personaggio che alla fine del libro rimane più simpatico, più comprensibile.
                    La Christie decide di utilizzare le deposizioni per farci conoscere le ultime ore di ogni passeggero e attraverso quelle ogni elemento viene svelato, nascosto tra le pieghe del racconto, ma presente, quasi evidente, deposizioni che hanno la capacità di apparire criptiche, ma che lasciano intravedere tutta la potenza svelatrice che posseggono.
                    Alcuni indizi sono forzati soprattutto il più importante che dà inizio a tutta la vicenda, un espediente che seppur necessario appare quanto meno poco probabile, altri di una delicatezza e verosomiglianza incredibile, così celati da non essere notati, così mimetizzati nella trama da sembrare inutili puntualizzazioni, altri ancora geniali.
                    Ciò che rimane alla fine della lettura è una riflessione importante, sulla necessità di svelare la verità, anche se questo porterebbe delle conseguenze ancor peggiori del delitto in sé, monsieur Poirot è un privato cittadino e come tale può esimersi dallo scegliere, ma per il lettore qual'è la decisione più giusta, quale prenderebbe nella medesima situazione?
                    Molti sono gli spunti di riflessione che si creano durante la lettura, ma forse la più grande perplessità che può rimanere sta proprio nella soluzione, che per quanto perfetta, appare macchinosa e  artificiosa, al di sopra del bene e del male, quasi a giustificare il gesto, comunque ignobile, che viene compiuto. Questo aspetto disturba alla fine, non si rimane del tutto persuasi dal movente, ma resta comunque il fatto che se un giallo riesce a generare così tanti pensieri oltre a divertire non può che aver raggiunto il suo scopo.

                    Da un punto di vista del tutto personale, ma che mi sento di voler esprimere e che esula del tutto dall'oggettiva valutazione del libro, non mi ha convinto del tutto, mi sono mancate molto le descrizioni dei luoghi, della stazione, dei singoli vagoni, delle cuccette, ma soprattutto del vagone-ristorante, insomma quella sensazione di essere lì, magari nascosta dietro il bancone a godermi tutte le deposizioni. Consigliato in ogni caso, sia che si ami il genere sia che lo si odi, poiché è un tassello che non può mancare.
                    « Ultima modifica: Sabato 15 Giu 2013, 10:43:13 da Nebulina »

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                      Re: Che libro c'è sul comodino?
                      Risposta #834: Lunedì 17 Giu 2013, 00:16:23
                      Poi mi prendo una pausa da gialli e affini....mi sto gustando ogni singola parola di Lolita...

                      Un covo di vipere – Andrea Camilleri

                      Non è lo stile particolare e fresco a farla da padrone in questa indagine del commissario Montalbano, ma il tema affrontato, crudo e aspro come un limone acerbo, addolcito dalla penna ironica e mai eccessiva di Camilleri.
                      Attraverso un sogno si ha una prima e immediata caratterizzazione del protagonista, che ci appare in una solitudine determinata colmata, in parte, da sporadiche visite della fidanzata lontana, anch'essa ritratta con poche pennellate che ne esaltano le caratteristiche peculiari.
                      Se il lettore si avvicina a questo titolo senza conoscere gli altri episodi non ha quel senso di smarrimento che si potrebbe aspettare; si trova a Vigata, ne impara a conoscerne la terra e il mare che immenso, è l'orizzonte in cui si esaltano tutte le emozioni: la rabbia, la vergogna, il rancore, ma anche l'amore, la serenità, la pace.
                      L'indagine in se stessa è semplice, lineare; la soluzione evidente, quasi fin dalla prima pagina, fin dai primi interrogatori, ma la mente la rifugge, mentre l'istinto l'insegue, in un frenetico balletto che pagina dopo pagina non permette di prendere respiro.
                      I personaggi secondari sono delineati nei loro tratti caratteristici in modo naturale, presentandoli in tutta la loro personalità a chi non li conosce, ma non appesantendo la lettura a coloro per i quali, ormai, sono vecchi amici.
                      La personalità degli indiziati è analizzata a fondo, ogni azione fa seguito ad una sfaccettatura del carattere, la loro psicologia è delineata e precisa; per la vittima non c'è pietà, si cerca giustizia, ma non gli è perdonato niente della sua torbida vita; non vi è empatia, non vi è giustificazione né catarsi, ma solo una vertigine che risucchia in un gorgo sempre più profondo.
                      Lo stile di Camilleri risulta di difficile comprensione se si è neofiti del dialetto siciliano, ma come per incanto, dopo un'iniziale fatica tutto appare leggero e semplice, quasi abituale; solo una grandissima conoscenza della lingua italiana e delle sue regole grammaticali e sintattiche può riuscire in un compito così arduo, conoscenza che l'autore dimostra di padroneggiare senza problemi, permettendosi virtuosismi stilistici poco frequenti in un poliziesco.
                      Nel finale, ancora una volta, il commissario si trova a risolvere il caso, grazie ad espedienti che appaiono un po' forzati, inverosimili, ma sospesi in una dimensione dove tutto può succedere, dove aleggia un velo di irrealtà che tutto avvolge e Montalbano si trova a dover scegliere se squarciarlo, macchiando di reale qualcosa che il mondo non può accettare o lasciare all'irreale la verità, dove essa può esistere.
                      Più che per l'indubbio valore stilistico merita la lettura per il contenuto e per come questo è trattato, con grazia e leggerezza che lascia storditi e attoniti, poche ore per un libro che porterà molti giorni di riflessione.

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                      PolliceSu
                        Re: Che libro c'è sul comodino?
                        Risposta #835: Giovedì 20 Giu 2013, 15:29:32
                        Ho letto Trilogia di New York di Paul Auster e sto studiando un pochettino per capire meglio certi risvolti di quest'opera affascinante, mentre tra poco inizierò Storia di Gordon Pym di Edgar Allan Poe :)

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                        PolliceSu
                          Re: Che libro c'è sul comodino?
                          Risposta #836: Domenica 23 Giu 2013, 23:10:39
                          Appena finito "Romeo e Giulietta"... non ha bisogno di presentazioni :D
                          In realtà lo avevo iniziato per accompagnare la lunga marcia verso il lavoro... e domani cosa leggo? :-/

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                            Re: Che libro c'è sul comodino?
                            Risposta #837: Domenica 23 Giu 2013, 23:20:39
                            Lolita - Nobokov

                            “Lolita, light of my life, fire of my loins. My sin, my soul. Lo-lee-ta: the tip of the tongue taking a trip of three steps down the palate to tap, at three, on the teeth. Lo. Lee. Ta.
                            She was Lo, plain Lo, in the morning, standing four feet ten in one sock. She was Lola in slacks. She was Dolly at school. She was Dolores on the dotted line. But in my arms she was always Lolita.”

                            Non è necessario aggiungere altro alla potenza esasperante di questo incipit per sintetizzare ciò che “Lolita” è: un capolavoro di stile, una sinfonia che si insinua dei meandri della mente e tocca corde sconosciute, fa vibrare nervi nascosti, suscita emozioni dimenticate. L'autore, russo di origine, americano d'adozione, è costretto alla lingua inglese abbandonando l'amata dolce melodia dell'idioma nativo; ma il talento che pervade la penna di Nobokov non si lascia imprigionare, sgorga impetuoso riuscendo a generare la perfezione di un testo che emana emozioni non si limita a raccontarle.
                            La traduzione italiana, almeno nel suo incipit, non gli rende giustizia, ma mantiene, a dimostrazione dell'universalità della buona scrittura, l'essenza che si irradia intorno al lettore, trasportandolo negli anni quaranta, facendogli respirare quegli odori e quelle atmosfere, quella strana allegria così lontana dalla realtà europea di allora.
                            Questo stile estatico si mette al servizio di un contenuto difficile, proibito; il lettore si trova a conoscere il protagonista, attraverso il suo stesso racconto, il suo stesso dolore, il suo stesso tomento, assoggettato a una pulsione che affonda le proprie radici in un atavico dolore, in una insuperabile perdita, origine e morte, eterna ricerca di ciò che non potrà mai più esistere; in nessun momento è giustificato, né giudicato, ma solo compreso e compatito. Lolita, è caratterizzata così bene da sembrare viva, quell'età così misteriosa, così piena degli infantili gesti, inizia a macularsi di malizia; la capacità di sedurre, anche se non compresa a fondo, diviene un'arma micidiale che le permette di ottenere ciò che vuole, barattandola, però, con la sua infanzia.
                            Molti sono i piani di lettura che si possono scorgere tra le righe, quello narrativo è solo il più superficiale, il più banale, il più accessibile; echi dostoievskijani permano le pagine fin dall'insuperabile incipit, il fato sembra giocare una macabra partita a scacchi, sembra spianare la strada per poi erigere un muro e come un alito di vento proustiano aleggia alla ricerca di quel tempo che fu, alla ricerca, prima, di un giovanile amore perduto a tredici anni nella vecchia Europa strappato alla vita dal tifo, alla ricerca, poi, tra le urla gioiose dei bambini di quella piccola Lolita che non esisterà più, ormai cadavere in quel corpo di diciassettenne; Humbert è un uomo solo, che vive di ricordi, di rimpianti, di rimorsi; quei viaggi, lunghi, pericolosi, fatti per assaporare ogni minuto, ogni secondo di quegli anni fuggevoli e lievi non sono che un tentativo, vano e malato di perpetuare un'illusione, di rendere eterno ciò che è mutevole per natura, in una vertigine di follia e di morbosità che finirà per distruggere con la sua impetuosità tutto ciò che gravita intorno, per rivelare che nessuno degli attori di questo dramma è del tutto innocente: non Humbert, non Lolita, non sua madre; l'altro piano di lettura che richiama alla mente Flaubert per le descrizioni puntuali e precise, è quello sociologico, di cui la bigotta società americana dell'epoca si fa protagonista, ogni personaggio secondario è caratterizzato con pochi tratti, ma sufficienti a creare un'idea viva e nitida di ciò che era quel periodo, quell'America allegra e spensierata che ballava mentre l'Europa rinasceva dalle macerie.
                            Non è solo questo Lolita, Nobokov nasconde tra le parole, tra i baci non detti, tra le malelingue non ascoltate, come nel più classico dei gialli, indizi e prove che sfuggono all'occhio del lettore, creando un racconto nel racconto, inserendo un mistero su cui Humbert indagherà e solo alla fine, come in un flashback ogni tassello tornerà al proprio posto e tutto avrà un senso. Il finale sarà un gioco di specchi in cui il lettore si perderà e non sarà più in grado di comprendere, di giudicare, ma solo di ascoltare una storia.
                            Un capolavoro, una di quelle opere che insinuate nella mente non la lasceranno mai.

                            E ora " il mastino di Baskerville"

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                              Re: Che libro c'è sul comodino?
                              Risposta #838: Lunedì 24 Giu 2013, 09:09:12
                              Finito di leggere Il nome della Rosa di Eco: stupendo e avvincente, ironico e, nonostante le troppe parti in latino, che non leggo proprio benissimo, leggibile e godibile come pochi.
                              Iniziato, subito dopo, Il pendolo di Foucault dello stesso: riservo, ovviamente, il giudizio per quando l'avrò finito, ma intanto chiedo... ma doveva per forza metterci i brani in ebraico in mezzo????

                                Re: Che libro c'è sul comodino?
                                Risposta #839: Lunedì 24 Giu 2013, 09:57:47
                                "Il nome della rosa" è inarrivabile, ma anche "Il pendolo" è davvero bello, molto ironico, divertente e piacevole.

                                 

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