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Che libro c'è sul comodino?

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Chen Dai-Lem
Cugino di Alf
PolliceSu   (1)

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    Re: Che libro c'è sul comodino?
    Risposta #960: Lunedì 4 Nov 2013, 14:10:52
    Ho finito di leggere Le tre bare di John Dickson Carr..beh che dire..ringrazio Bacci x averne parlato e avermi portato a leggerlo..bellissimo..coinvol gente..stupendo..c'erano dei momenti in cui non riuscivo a chiuderlo..e momenti in cui avevo paura di uscire di casa temendo di trovarci fuori il fratello Henri..chi ama i gialli e non'ha ancora letto deve farlo assolutamente :)
    Ora mi prendo una piccola pausa x leggere Viola giramondo dei Turconi :)
    "Un libro es un espejo y solo podemos encontrar en él lo que ya llevamos dentro"
    - Carlos Ruiz Zafón -

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    PolliceSu
      Re: Che libro c'è sul comodino?
      Risposta #961: Lunedì 4 Nov 2013, 16:11:57
      Ho finito di leggere Le tre bare di John Dickson Carr..beh che dire..ringrazio Bacci x averne parlato e avermi portato a leggerlo..bellissimo..coinvol gente..stupendo..c'erano dei momenti in cui non riuscivo a chiuderlo..e momenti in cui avevo paura di uscire di casa temendo di trovarci fuori il fratello Henri..chi ama i gialli e non'ha ancora letto deve farlo assolutamente :)
      Ora mi prendo una piccola pausa x leggere Viola giramondo dei Turconi :)

      Sono contento che ti sia piaciuto ;) Forse la soluzione finale è un po' astratta e troppo teorica, per questo alcuni gialli di JD Carr negli ultimi tempi sono stati valutati superiori anche a questo, ma questo libro rimane senza dubbio una lettura da fare per gli amanti del giallo classico e degli enigmi della camera chiusa ;)

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      Nebulina
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        Re: Che libro c'è sul comodino?
        Risposta #962: Venerdì 8 Nov 2013, 12:28:22
        Dieci Piccoli indiani – Agatha Chrisite

        Sin dalle prime pagine l'atmosfera è cupa e la sensazione di un destino inesorabile si affaccia subito al lettore.
        Un treno che percorre un dolce paesaggio inglese, qualcuno sta tessendo una trama complicata e cervellotica che come una calamita tratterrà il lettore alle pagine nella vana speranza di dare un senso a degli avvenimenti che senso non hanno.
        Questo della Christie è forse il più famoso giallo e il più citato negli anni e non a torto rimane e rimarrà nei classici della letteratura di genere, anche se è senza alcun dubbio qualcosa di più.
        A differenza di altre opere in questa i personaggi sono caratterizzati molto bene, si può imputare loro il difetto di essere stereotipati, ma è forse proprio in questo la loro forza, ognuno di essi ha una personalità, ha un carattere e proprio per questo le loro azioni non sono solo funzionali alla storia, ma sono pezzi di storia a sé che raccontano il proprio rapporto con la colpa.
        I dieci protagonisti divengono rappresentazione di ogni categoria di persona, ognuno leggendo non può provare nello stesso istante antipatia e compassione, per il tentativo inutile di giustificare le proprie azioni, che divengono, agli occhi del lettore inutili e infantili scuse atte a mistificare la realtà delle cose. Scandagliando queste dieci anime non si può non cercare un piano di lettura più profondo, no si può non porci delle domande sul nostro rapporto con la colpa; proprio per questo motivo questo romanzo ha una marcia in più.
        Da un punto di vista narrativo è perfetto, una serie di ingranaggi che danno vita ad un meccanismo dinamico e divertente, indizi, mezze parole, pensieri che se letti con attenzione e con logicità portano a comprendere l'identità dell'assassino che non può che essere una gratificazione per il lettore più attento.
        Il lessico è quello che caratterizza la Christie, semplice, ma non banale, capace di essere compreso da tutti anche a distanza di anni non ha perso la vivacità e la sottile ironia dissacrante, i dialoghi sono credibili e mai ridondanti un climax di terrore e angoscia che percorre tutto il libro fino alla sua conclusione.
        Difficile poter analizzare più in profondità i vari aspetti del libro senza svelarne niente, ma posso consigliarlo a tutti senza alcun dubbio, poiché sarà un'ottima lettura sia per chi ama i gialli sia per chi invece li trova una lettura più leggera.

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        Minhaj
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          Re: Che libro c'è sul comodino?
          Risposta #963: Venerdì 8 Nov 2013, 14:34:38
          Sto leggendo "Il piccolo principe" di Antoine de Saint-Exupéry!

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          Juro
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            Re: Che libro c'è sul comodino?
            Risposta #964: Venerdì 8 Nov 2013, 15:02:57
            Nubu, le tue recensioni sono sempre impeccabili. Dieci piccoli indiani!, ricordo la sera in cui lo acquistai. Lo vidi sullo scaffale della libreria e, senza averlo mai sentito prima, lo presi: a mezzanotte lo avevo finito, ero rimasto in piedi per leggerlo, senza riuscire a staccarmene un attimo :D
            Alla seconda rilettura, invece, ricordo appunto di come mi misi a leggerlo con occhio da detective, soppesando le parole di tutti i personaggi, i pensieri, e l'aria scioccata che mi si stampò in volto quando mi accorsi che l'autore del crimine, lo sconosciuto U.N.Owen, era lì in bella mostra già da molto prima del finale, visibile a chi avesse letto nel modo giusto l'opera. Senza dubbio L'immancabile capolavoro del giallo, per chiunque ne sia appassionato, ma anche per chiunque ami la lettura in ogni suo genere.

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            ML-IHJCM
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              Re: Che libro c'è sul comodino?
              Risposta #965: Venerdì 8 Nov 2013, 18:36:00
              Sto leggendo Tutte le commedie - Shakespeare!
               
              Una raccomandazione: leggile (o rileggile) in lingua originale. La differenza e' enorme. E non e' cosi' difficile; anche perche' si trovano facilmente - e a poco prezzo - edizioni colme di note esplicative (cosi' come le edizioni italiane della Comedia in genere sono piene di note per aiutare il lettore).
              Adoro le commedie scespiriane; se dovessi definire con un esempio la parola civilta', prenderei "As you like it" (but what'e'er you are, that in this desert inaccessible, under the shade of melancholy boughs, lose and neglect the creeping hours of time ...  - nota l'insinuante, dolcissima musicalita' dei versi, che immagino nessun traduttore abbia saputo conservare). E dopo aver letto i dialoghi di quelle commedie, mi sono convinto che ogni altro cultore dell'arte della conversazione non sia mai andato oltre il livello di principiante.

              Su Dieci piccoli indiani: ma sono l'unico a trovarlo interessante sopratutto per l'aspetto teologico? (Mi riferisco a quel senso di colpa universale, che mi sembra sia la maggior forza del romanzo.)

                Re: Che libro c'è sul comodino?
                Risposta #966: Venerdì 8 Nov 2013, 18:47:13
                Ho cercato in qualche modo di sottolineare il fatto senza svelare troppo, ma credo che sia quella marcia in più di cui parlavo!

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                Juro
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                  Re: Che libro c'è sul comodino?
                  Risposta #967: Venerdì 8 Nov 2013, 20:13:12
                  Una raccomandazione: leggile (o rileggile) in lingua originale. La differenza e' enorme. E non e' cosi' difficile; anche perche' si trovano facilmente - e a poco prezzo - edizioni colme di note esplicative (cosi' come le edizioni italiane della Comedia in genere sono piene di note per aiutare il lettore).
                  Adoro le commedie scespiriane; se dovessi definire con un esempio la parola civilta', prenderei "As you like it" (but what'e'er you are, that in this desert inaccessible, under the shade of melancholy boughs, lose and neglect the creeping hours of time ...  - nota l'insinuante, dolcissima musicalita' dei versi, che immagino nessun traduttore abbia saputo conservare). E dopo aver letto i dialoghi di quelle commedie, mi sono convinto che ogni altro cultore dell'arte della conversazione non sia mai andato oltre il livello di principiante.
                   
                  Guarda, io sono un fautore dell'idea che un'opera vada letta nella lingua in cui è stata composta. Le traduzioni, per quanto fedeli, non potranno mai riprendere, come tu stesso fai notare, la musicalità con cui fu concepito il brano originale. Il problema di questa tesi, però, è che a volerla seguire in pieno, mi sarei privato di Verne, Hugo, Dumas e Moupassant, dato che non capisco nulla di francese :P per non parlare, poi, di testi cinesi, giapponesi, tedeschi ecc. ecc...
                  Per l'inglese, ogni qual volta m'è possibile, mi procuro invece i testi in lingua madre, e la storia è tutta un'altra cosa.
                  « Ultima modifica: Venerdì 8 Nov 2013, 20:14:32 da Scroogie »

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                    Re: Che libro c'è sul comodino?
                    Risposta #968: Sabato 9 Nov 2013, 15:05:00
                    Ho cercato in qualche modo di sottolineare il fatto senza svelare troppo, ma credo che sia quella marcia in più di cui parlavo!
                    In effetti rivedendo il tuo intervento (cui, ammetto, avevo dato una scorsa un po’ troppo rapida) noto che ci avevi accennato.

                    ...
                    Avevo raccomandato l'inglese per Shakespeare perche' ormai un'infarinatura di questa lingua ce l'hanno tutti (e tu avevi detto esplicitamente che stai leggendo traduzioni). Sul francese non sono molto ferrato, ma la mia esperienza e' che studiandolo seriamente per un mese o due (in modo da impratichirsi di forme verbali, farsi un'idea della grammatica e di come in genere i termini italiani sono modificati in francese, ed imparare quel centinaio di parole molto frequenti e assai diverse dall'italiano) si puo' cominciare a leggere; poi, man mano che si va avanti, sara' piu' facile. Se poi ti interessa la poesia, aggiungo che la trovo una delle cose piu' raccomandabili per  i principianti, in quanto presenta due grossi vantaggi rispetto alla narrativa: sono testi generalmente brevi (quindi anche se devi ricorrere spesso al vocabolario, nel giro di qualche ora sei riuscito a leggere un testo completo, evitando le frustrazioni di procedere ad una pagina al giorno con un romanzo) e facilmente memorizzabili (un vantaggio evidente quando stai cercando di imparare la lingua).
                      Nel caso del francese, poi, la mia impressione (ma, ripeto, son tutt'altro che competente) e' che le traduzioni buone di testi poetici siano molto piu' difficili: francese ed italiano sono lingue molto simili (e questo tende a rispecchiarsi nelle traduzioni, che spesso non si discostano molto dall'originale in fatto di vocaboli), ma differiscono soprattutto in questioni di pronuncia, dunque di accenti, ritmo e musicalita': credo che quel che suona ottimamente in una di queste lingue diventi atroce nell'altra e viceversa.

                    *

                    Juro
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                      Re: Che libro c'è sul comodino?
                      Risposta #969: Sabato 9 Nov 2013, 20:11:16
                      ....
                      Fortunatamente, l'inglese lo leggo molto bene (peccato non lo ascolti allo stesso modo...) e sia diverse poesie, sia libri in prosa in madrelingua li ho già gustati. Il francese... sai che in effetti potrebbe essere la scusa e il modo per iniziare a studiarsi una nuova lingua? Male non fa di certo :)


                      Credo, intanto, di aver preso una piccola pausa dalle commedie, e mi sembra di essermi dedicato a un libro di De Crescenzo, mi pare si chiami il Dubbio, e mi pare di averlo divorato in meno di un ora. Non credo però di essermi lasciato persuadere dalle idee esposte, non ne sono tanto convinto, m'hanno lasciato un po' in Dubbio :P :P

                      *

                      Juro
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                        Re: Che libro c'è sul comodino?
                        Risposta #970: Martedì 12 Nov 2013, 19:07:42
                        Probabilmente molti di voi immagineranno che io abbia già letto questo titolo da chissà quanto, ma invece no! Trovato oggi e comprato, Il libro del Tè di Okakura Kakuzo, sulla storia, la filosofia e il modo di preparare, servire e gustare un tè. Poteva forse mancarmi :P?

                        *

                        Nebulina
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                          Re: Che libro c'è sul comodino?
                          Risposta #971: Venerdì 15 Nov 2013, 00:09:16
                          Il Ventre di Napoli- Matilde Serao

                          Matilde estasia, Matilde commuove, Matilde stupisce ed ammalia.
                          Un nome che evoca ricordi lontani, piccole righe in antologie liceali, sulla carta quasi scolorite, nella memoria, al massimo, il nome di una strada o di una scuola.
                          Può capitare di imbattersi in un volume, per caso, di Matilde Serao, aprirlo e scoprire un mondo, lontano, ma attuale; scomparso, ma ancora possibile.
                          “Il ventre di Napoli” nasce come un reportage giornalistico a puntate e si prefigge l'ambizioso obiettivo di descrivere la realtà del popolo napoletano di fine ottocento.
                          In questo modo, con un attacco diretto all'allora Presidente del Consiglio Italiano, inizia questo straziante viaggio nei vicoli, nelle strade, nelle botteghe e nelle case di una Napoli oscura, nera, ombrosa e sporca; così la troviamo nel 1884, pressoché identica nel 1904 dopo vent'anni.
                          Un inno all'ipocrisia della politica urlato e mostrato senza veli, con la forza incredibile di una donna del secolo scorso, che non indugia di fronte all'improbo compito di difendere i più deboli, di essere la voce di un popolo muto, la penna di un popolo analfabeta.
                          L'ipocrita immagine patinata da cartolina di Napoli viene disintegrata e sporcata dalle luride acque che allagano i piccoli vicoli dove il popolo sopravvive, nello squallore dell'abbandono, nella tristezza di case troppo piccole per quel mare di persone che si arrangia come può, per le quali il pasto quotidiano è l'obiettivo.
                          La penna della Serao si fa efficace e diretta, con uno stile semplice, non certo elegante, di sicuro non edulcorato, riesce nello stesso tempo a descrivere lo squallore inenarrabile dei luoghi e la vitalità e la forza delle persone, che cercano nel gioco del Lotto la speranza, che vivono per il sogno che il Lotto regala loro, sicuri che la ruota prima o poi girerà per loro.
                          Esponente del verismo Matilde Serao riesce a trasmettere al lettore tutto quello che è necessario, generando gli odori nauseanti che appestano le strade, i colori scuri e fumosi che vi aleggiano e i rumori, il ciacaleccio delle voci, la confusione dei mercati, il vociare dalle finestre; riesce in tutto questo penetrando nel profondo e depositando un seme che solo nei cuori più aridi non potrà germogliare.
                          Nel leggere queste pagine ci si sente quasi marchiati da un peccato originale, quasi responsabili per quelle sventure, per quell'abbandono che non avrà mai fine, né allora, né dopo vent'anni, né ahimè, ai giorni nostri.
                          Una lettura consigliata, per troppo tempo dimenticata, un'autrice che non si limita a scrivere un libro, denuncia una situazione scandalosa e lo fa dalle prime pagine di un giornale, senza paura, senza peli sulla lingua, ma con la genuina schiettezza del popolo napoletano; il suo popolo e non solo esso le sarà per sempre grato.

                          *

                          Chen Dai-Lem
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                            Re: Che libro c'è sul comodino?
                            Risposta #972: Sabato 23 Nov 2013, 12:34:56
                            Ho finito di leggere da poco Conversazione con Carlo Chendi. Da Pepito alla Disney e oltre: cinquant'anni di fumetto vissuti da protagonista di Sergio Badino.
                            Questo libro mi è piaciuto molto e i complimenti vanno divisi in due: a Carlo Chendi, per l'uomo che è..è veramente sempre un piacere ascoltare i suoi innumerevoli aneddoti e questo libro era proprio come una conversazione con lui. E' come un nonno che racconta ai nipoti la sua vita, e lo fa senza essere mai noioso. E a Sergio Badino perchè è riuscito a registrare tutti gli infiniti aneddoti che Carlo Chendi gli raccontava senza essere invadente e ponendo solo qualche domanda qui e lì per reindirizzare la conversazione. Credo che uno scrittore, in casi come questo,  sia tanto più bravo quanto più riesce a essere invisibile agli occhi del lettore.
                            E via che il libro comincia con Carlo che racconta di quando era piccolo e scambiava i libri e i fumetti con gli altri bambini perchè non tutti riuscivano ad avere le ultime novità a causa ovviamente della crisi economica del periodo..ma i fumetti e i libri circolavano lo stesso perchè venivano scambiati..e questo mi sembra molto bello. E i film che erano di prima, seconda, terza e quarta visione e che arrivavano alla quarta visione con le pellicole talmente usurate e rattoppate che perdevano i pezzi..così un film che in prima visione durava più di un'ora arrivava a durare in quarta visione 40 minuti..
                            E poi i viaggi "avventurosi" in treno che doveva fare per mostrare i suoi disegni agli editori partendo da Rapallo alle 4.30 della mattina e arrivando a Milano alle 9!!! Come è cambiato il senso delle distanze!!!
                            E il racconto della sua amicizia con Giorgio Cavazzano, Hugo Pratt, Carl Barks, con il quale si sono scambiati molte lettere, Massimo de Vita.. Mi ha fatto molta tenerezza quando ha raccontato che quando ha incontrato Carl Barks in Italia, al momento di salutarsi Barks aveva gli occhi lucidi perchè sapeva che non si sarebbero più rivisti..l'ho trovato triste e bello allo stesso tempo.
                            E poi un milione di aneddoti su tutta la sua vita e sulla sua infinita produzione (Carlo si è dedicato perfino ai fotoromanzi!!!).
                            Mi ha fatto vivere l'Italia di quel tempo..e come dice Sergio Badino alla fine del secondo capitolo, mi sono lasciata affascinare da questo mondo color seppia cercando di immaginare persone e luoghi aiutandomi con vecchi film..
                            E' un libro stupendo..che consiglio assolutamente.. A completamento ho letto anche "Cartoonist celebration" che è un volumetto sempre curato da Carlo che parla della Mostra Internazionale dei Cartoonist a Rapallo..del ristorante "U Giancu" (posto secondo me eccezionale x come è descritto)..del carnevale dei piccoli, manifestazione organizzata dai comuni di Rapallo e di Santa Margherita alla quale partecipava, fornendo i disegni per i carri, anche lo studio Bierreci (Bottaro, Rebuffi, Chendi)..e tanto altro ancora..
                            Sono contenta di aver letto questo volumetto e lo consiglio a tutti :)
                            "Un libro es un espejo y solo podemos encontrar en él lo que ya llevamos dentro"
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                              Re: Che libro c'è sul comodino?
                              Risposta #973: Lunedì 2 Dic 2013, 14:28:50
                              La filosofia di Topolino
                              Saggio del filosofo della scienza e "scientista" Giulio Giorello, dove alcune storie di topolino vengono analizzate filosoficamente.Mi ha lasciato alquanto perplesso l'operazione,perche mi è sembrata piuttosto forzata la cosa e servita solo a dimostrare  le sue  tesi.

                                Re: Che libro c'è sul comodino?
                                Risposta #974: Mercoledì 11 Dic 2013, 22:25:30
                                I Racconti di Matilde Serao

                                Mentre si scorrono le pagine de “Il ventre di Napoli” la sensazione è quella di volteggiare nel cielo e con un binocolo guardare il mare, i viali, le vie; scorgere le persone che in questi vicoli camminano, sopravvivono, amano.
                                Matilde Serao non si limita però, nella sua sconfinata produzione letteraria, ad una visione d'insieme, attraverso i racconti ci porta a conoscerle quelle persone, quei bambini, quei giocatori di lotto, quelle piccole anime smarrite, sconvolte, ma così vere così profonde.
                                Proprio a causa della grande quantità di racconti scritti mi soffermo su alcuni che sono paradigmatici.
                                Primo fra tutti “Una fioraia”, struggente quanto breve racconto fatto di disperazione mista a speranza, ciò che più colpisce nello stile così asciutto ed essenziale è la forza del messaggio, la capacità di far emergere dalla fantasia quei corpi, quegli odori e di generare nel lettore un'empatia così forte così profonda da lasciare senza fiato alla conclusione, con il volto rigato di quelle lacrime inutili, ma foriere di un peccato originale, perché troppo attuale è la situazione raccontata, troppo vivido il sentimento generato. Così come in “Canituccia” attraverso un lessico essenziale, ma adatto al racconto si riesce a scorgere quell'anima nascosta, quel sentimento così puro dei bambini, così ricco di buoni propositi, che non ha conosciuto ancora compromessi; non si può non soffrire, non sentire ciò che sente il personaggio, quasi come se la vicenda stesse accadendo al lettore; ma non solo di bimbi si occupa la Serao; in “O Giovannino o la morte” si affronta più o meno lo stesso tema, quello della purezza di un animo, della purezza delle proprie idee; è forse questo il racconto  più crudele, quello che più fa riflettere.  Nelle poche pagine che lo compongono la protagonista vive emozioni forti, contrastanti; il punto di vista è quello di lei, il lettore vede con i suoi occhi e intuisce, ma non scaccia l'ipotesi, spera fino alla fine, con lei. Tutto è perfetto, i tempi narrativi, scandiscono tutta la vicenda, svelando a poco a poco elementi che conducono alla soluzione, unica e inesorabile; pur girando intorno a tre personaggi, sono indispensabili e ben caratterizzati tutta una serie di vicini di casa, che rappresentano le varie tipologie di persone che si erano incontrati ne “Il ventre di Napoli”, ma si dà loro, qui, un nome e una vita, dei sentimenti.
                                Incredibile la capacità di plasmare con così poche parole, un dialogo, una battuta oppure un gesto la  personalità di un uomo o di una donna, quasi come a sintetizzare un'esistenza in una paradigmatica stigmate.
                                In “Terno secco” si fondono più fattori, l'eterna ricerca della fortuna, la speranza del lotto e le credenze popolari riguardo ai numeri da giocare e la struggente dignità di una madre, la disperata miseria che conduce a scelte scellerate col senno di poi. Sembra quasi che la Serao giochi col fato, che ponga le condizioni iniziali e poi lasci al destino il compito della prima mossa che  pregiudicherà tutta la partita. Niente avviene per caso e spesso nello spazio bianco tra una parola e l'altra si respira la vita della scrittrice, si percepisce il suo vissuto, si vede con i suoi occhi; le immagini che si figurano davanti a noi sono quelle viste da lei, sono quelle bimbe ch'ella ha guardato senza forse riuscire ad aiutare, sono quelle donne che si appostavano davanti ai banchi di pietà, sono quelle giovinette piene di speranze per il proprio avvenire roseo e facile con al fianco la vita che va avanti e mostra tutta la sua disperazione nella vicina di casa con cinque figli e uno in arrivo, tutti affamati, tutti sporchi, tutti senza un avvenire, ma comunque pronti, sempre, ad andare avanti.
                                Non solo di tinte così cupe si compongono i racconti di Matilde e un esempio ne è “La virtù di Cecchina” in cui si racconta l'avventura di una piccola borghese, moglie di un medico tirchio e ormai privo di interesse verso di lei. Un nobile la vuole come amante e il lettore vive tutti i dubbi, tutte le sensazioni che questa prova. Ciò che rende il racconto molto interessante non è la trama, che è divertente e veloce, ma il punto di vista, ciò che a Cecchina interessa è quel mondo, quegli argenti, quei merletti; insomma tutto quello di cui il marito la priva, ma senza avidità, solo una grande curiosità; non una parola dell'uomo che la desidera così tanto, non si parla di amore, ma si respira l'ansia che la pervade, la voglia di apparire all'altezza e la tensione sale fino ad un finale che non può che lasciare a bocca aperta.

                                Matilde Serao trova nel racconto una forma narrativa che le si confà, poiché è nella sintesi che riesce a dare il meglio, nel disegnare con poche pennellate personaggi di spessore, con l'assoluta laconicità delle frasi, l'essenzialità delle descrizioni, ma la grandissima forza evocativa del lessico scarno, ma efficace.
                                Questi cinque racconti sono un paradigma, ma molti altri possono suscitare interesse e far conoscere questa autrice straordinaria che racconta un pezzo della storia della nostra Italia.


                                 

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