In attesa, eventualmente, di quella ufficiale, voglio proporvi la mia recensione di questo splendido numero:
Proseguendo senza errori la politica di ripubblicazione dei "classici moderni" dei tardi anni Novanta, il numero si apre con un originale
Zironi autore completo, che fa rivivere a Topolino un'avventura come direttore di un varietà, con le consuete e ben dosate sfumature oniriche cui l'artista ci ha abituati; da notare la presenza di Orazio al fianco di Topolino. Si entra decisamente nel vivo con un
Rodolfo Cimino e un Romano Scarpa entrambi in stato di grazia, con i classici "tocchi d'autore" fra gag sopraffine, battute ciminiane al 100% e l'insuperabile dinamismo dello Scarpa dei primi '70.
Sorvolando sulle
patetiche avances di Maga Magò ad un tozzo e cartoonesco Macchia Nera, arriviamo ad un altro dei piatti forti del numero:
Paperino e l'oro del treno, che a Wagner fa riferimento solo nell'incipit, prima di mettere in campo degli spietatissimi Bassotti, una tribù di agguerriti (e un po' creduloni) indiani e la solita grinta delle avventure martiniane "di frontiera", dove Paperino e Paperone trovano i guai che meritano e i nipotini tentano di trarli fuori, il tutto condito con i ben noti "volti imbronciati" del primissimo Carpi. Sempre in tema ferroviario la
seconda Superstar (un piccolo giallo western di produzione USA che al netto di un buffo ranchero con la barba di Merlino non riserva sorprese) e così pure la terza,
Paperino e il conte di Montecristo, uno dei capolavori assoluti dell'arte di Martina, dove la consueta violenza dei rapporti fra i personaggi acquisisce un contesto morale davvero di grande spessore, tutt'altro che buonista, che si scioglie in una delle conclusioni più classiche e al contempo profonde di tutto il fumetto Disney; il tutto immerso in una originale e sorprendente rivisitazione dell'opera di Dumas, resa con i tratti decisi ed espressivi del primo Bottaro.
Gradevole l'ultima Superstar,
Paperino e la ferrovia dimenticata, con un Tony Strobl una volta tanto decentemente inchiostrato e una pacifica e originale trama di Fallberg.
La terza ed ultima parte del numero si apre ancora con Martina, stavolta però ben più in là con gli anni e coadiuvato da Guido Scala. Storia che sfugge alle classificazioni,
Le fantastiche imprese di Topolino-Blitz, e che lascia perplessi per alcuni passaggi mancanti, ma rientra appieno nell'ultimo, sintetico, surrealismo martiniano, in cui la trama è puro pretesto per l'incredibile.
Si prosegue con un ritorno, lieta sorpresa per chi ha seguito gli ultimi numeri della testata, di Ok Quack in
Zio Paperone mecenate per forza: la storia, perfettamente calibrata, presenta la consueta atmosfera ariosa e un Bogarto particolarmente in forma, supportati da un Cavazzano semplicemente divino.
Infine, dopo un dimenticabile
Super Pippo e le medaglie satelliti, si chiude con una
storia di autore ignoto, molto probabilmente dei fratelli Barosso, che rappresenta una piccola perla: ritmo serrato, situazioni comiche perfette, personaggi decisi e trama originale: tutto quello che vorremmo da una storia di 29 pagine.
In conclusione, uno splendido numero, anche per una testata di garanzia come questa, e che lascia tanto più perplessi di fronte a scelte come certe riempitive che potrebbero essere facilmente evitate attingendo da brevi di qualità superiore come la recente (benché ibrida) riproposizione di Taliaferro.