Salve, sono nuova.
Chissà se si capisce, sono una folle ammiratrice di PKNA: non conosco così tanto la Disney e relativi autori, di norma ho interessi diversi dal seguire le loro produzioni, eppure di quel non-troppo-ma-neanche-poco che ho conosciuto di essa, posso dire con certezza una sola cosa: PKNA è meraviglioso.
Un'esperienza ancora irripetuta nel campo fumettistico, un amore sconfinato fra un autore e la sua storia, che in molti casi mi è sembrato così scandalosamente evidente da indurre anche me a parteciparne.
Volevo complimentarmi per le bellissime recensioni proposte in questo topic, anche se in realtà, per ora, ho letto solo quelle delle mie storie preferite.
Avete già portato alla luce di tutto, anche ciò che non è stato detto; avete dato voce alle pagine del fumetto, un po' come gli autori di PKNA hanno sfaccettato PK ed il personaggio di Paperino in generale, e tanto lui quanto gli affascinanti personaggi che l'hanno accompagnato nel corso della storia.
Nonostante tutto ciò, non potevo non dire la mia sul fumetto che ho amato più di tutti e che mi ha lasciato dentro un segno decisamente fra i più indelebili (chissà se si capisce, invece, di quale numero sto parlando stavolta XD).
Sono solita apprezzare qualunque forma d'arte, dalla più sciocca alla più riflessiva, dalla più volgare (non inteso in senso dispreggiativo, sia chiaro) alla più aulica, ma riconosco sempre le punte di eccellenza in ogni "casta": ed in questo caso riconosco l'eccellenza di Bruno Enna, i cui numeri sono assolutamente fra i miei preferiti, ed in particolare riconosco l'eccellenza di Frammenti D'Autunno, uno dei più bei fumetti che abbia mai letto ed a mio parere la miglior storia Disney che
io (specifico, dato che magari di belle come e più di essa ce ne sono tantissime, ed io non le conosco) abbia mai letto. Disegni ottimi ed ottima trama, ma soprattutto ottime tematiche ed ottimo modo di svilupparle.
Se il concentrato allegorico del Paperinik bastardo e vendicatore della primissima storia di Martina era di per sé un capolavoro, questa storia va a mio parere oltre di essa, grazie al suo target ed alla sua aura profonda e poetica in grado di coinvolgere il lettore, in certi casi, anche fino alle lacrime.
Si tratta di un gioco di contrasti regolato ad arte, fra politica e progresso; apparenza e realtà; essere sintetico ed essere biologico; scienza e filosofia; passato e futuro, una carrellata di binomi che accompagnano lo svolgimento di questo capolavoro in piena licenza poetica, sviluppato sotto forma di trama-interessante.
Si parla di un vecchio scienziato, stipato in una serra piena di piante e libri, libri e piante (vita e conoscenza, conoscenza e vita), che da un lato crea l'immagine del futuro, dall'altro volge lo sguardo al passato ed a ciò che non ha. Non si cura né della politica, né del progresso, per quanto entrambe le cose abbiano a che fare con lui, poiché tutto ciò che desidera è amare ed essere amato dalla Perfezione, l'ossessione della vita di chi tende a creare, piuttosto che ad ammirare passivamente le creazioni degli altri. Tutto ciò che sembra svolgersi accanto ad una tematica costituita dal puro intrigo politico è in realtà scaturito da un'impeto d'amore e pazzia, qualcosa di profondamente distante da quel tipo di problemi pratici, qualcosa che si riconferma acronico, anche dopo altri tre secoli di progresso umano e scientifico.
Si parla inoltre di uno dei temi più tipici della fantascienza, l'umanità di ciò che appare disumano e fuori dal comune quotidiano, di ciò che dovrebbe essere e di ciò che in realtà è.
Se tutto questo non è poesia, allora non so proprio cosa sia.