Devo ammettere che questa notizia della crisi del 2017 mi ha fatto tremare i polsi. A questo punto, che piaccia o meno l'operato di Bertani, bisognerebbe fargli un monumento.
Concordo. Non molto tempo fa, con un po' di facezia, scrivevo come, ripensando a quanto si diceva in occasione di Topolino 3000 su crisi e non crisi, ci fossimo sbagliati perché 500 numeri dopo siamo ancora qui a parlare, cosa che avevo interpretato come un segno di costante tenuta del giornale, seppur in un momento di difficoltà per tutta l'editoria.
Invece, a quanto pare, stavamo davvero sull'orlo del baratro.
La parte più sconcertante delle affermazioni dell'attuale direttore, comunque, per me sta proprio laddove dice che il Topo di quindici anni fa è stato quello dove è partita un'emorragia costante. Se ci fate caso e ne tirate le conseguenze, ha sostanzialmente detto che tutta la gestione De Poli è andata in un calando continuo e totale.
Non ci volevo credere. Ho sempre pensato ad un Topo più o meno stabile, con un relativo calo nell'ultimo periodo, che ha giustificato l'allontanamento della De Poli. Pensavo. Ma, a sentire Bertani, è stato un flusso continuo, non un calo finale.
Io, sinceramente, non mi ero reso conto di stare suonando nell'orchestra del Titanic a questi livelli. Lo ammetto candidamente. Un applauso a Bertani per essere stato con noi schietto ed averci rivelato una cosa che non dev'essere stato certo facile ammettere.
E un monumento perché, nel bene e nel male, con scelte più o meno discutibili, attirandosi critiche più o meno giustificate, ma con una buona ed innegabile dose di coraggio ai confini con la pura follia, grazie a lui non siamo qui a rimpiangere il 2018, ed abbiamo ancora un settimanale da leggere e da commentare.