Sempre da La tana del sollazzo, mi è capitato di interrompere momentaneamente l'ordine ritroso dei classici disney per recensire i sequel di Aladdin.
E' il 1994 e la Disney consacra con Il Ritorno di Jafar la sua politica già da tempo incline alla realizzazione di "opere minori".
A cavallo tra gli 80' e i 90'infatti erano state realizzate le prime serie televisive, e un paio di esse (Duck Takes e Ecco Pippo) avevano preso la strada del cinema, con due lungometraggi realizzati dalla Movietoons, studio Disney francese adibito alla realizzazione di film economici. Questo studio aveva quindi realizzato - neanche troppo economicamente - Zio Paperone alla Ricerca della Lampada Perduta e In Viaggio con Pippo. In seguito all'alta qualità di quest'ultimo, però, la Disney Movietoons era stata assimilata dalla Feature Animation (e vedendo alcune sequenze di In Viaggio con Pippo, si capisce anche perchè), acquistando così definitivamente una propria dignità artistica. Contemporaneamente Michael Eisner aveva dato il via alla tradizione dei "cheapquels" facendo realizzare dalla grossolana Disney Television, una specie di puntatone pilota della serie televisiva di Aladdin allora in lavorazione. Una puntatona che sarebbe stata quindi distribuita SOLO in videocassetta, senza passare per il cinema.
Il Ritorno di Jafar fu realizzato quindi da una sottosezione della Television, che da quel momento in poi sarebbe stata adibita esclusivamente alla realizzazione dei lungometraggi e avrebbe formato il germe dei futuri Toon Studios.
Ma nel 1994 eravamo ancora lontani dai budget de Il Re Leone 3 o di Lilo & Stitch 2, e questo è graficamente evidentissimo. Animazioni semplicistiche, disegni in moltissimi punti assai scadenti, per non parlare dei colori, tinte unite tendenti al rosso o al violaceo che donano alla seconda parte del film un'atmosfera "febbricitante".
Nei momenti migliori i personaggi acquistano uno stile gommoso, non sgradevole a vedersi ma indice di una stilizzazione facilona del tutto fuori luogo e comoda da realizzare.
Il film, firmato da Tad Stones, veterano delle serie tv, ne reca l'inconfondibile impronta "avventurosa". Stones infatti ha uno stile narrativo piuttosto disincantato e poco "classico" che ben si adatta a un film che ha al proprio centro il ritorno del cattivo. E' Jafar infatti a reggere le fila del film, liberatosi dalla lampada grazie al ladruncolo Abis Mal, nuovo personaggio, "necessario" anche se poco simpatico e molto buffonesco. Un punto a favore del film, oltre ad avere una sceneggiatura ricca di pathos, è la redenzione di Jago, condotta in modo graduale e assai credibile. E' Jago infatti coi suoi ripensamenti, i rimorsi e la strafottente personalità ad essere la seconda colonna portante del film. La vicenda si cuce tutta intorno a lui, nobilitandone il personaggio.
Un peccato invece che il Genio cambi caratterizzazione. Sebbene Gigi Proietti faccia del suo meglio per far tornare il personaggio quello di sempre, si nota troppo che gli animatori non avevano voglia di creare la magia del primo film. Il Genio è infatti doppiato in originale da Dan Castellaneta, che rimpiazza Robin Williams nella serie tv con una recitazione più composta e meno intensa. Forse allora non è un caso che il colore della sua pelle tenda al biancastro e non sia blu come al solito, come a voler simboleggiare lo scolorimento del personaggio.
Le canzoni non sono niente affatto male, per essere un sequel. Si inizia con un reprise di Arabian Nights, che diverrà poi la sigla ufficiale della serie televisiva per procedere con I'm looking out of me e Nothing like a frinde, cantate rispettivamente da Jago e dal Genio. E' assai gradevole Forget about love, il tema d'amore, cinico e leggero, mentre è pura dinamite You're only Second rate, umiliazione del Genio by Jafar, originale quanto graficamente uno degli spettacoli più obbrobriosi dei 66 minuti di durata del film. La qualità infatti va scadendo quanto più Jafar prende il sopravvento su Agrabah, fino a raggiungere picchi di orrore durante la battaglia finale, che sembra colorata a pennarello.
Questo fu anche il primo film disney ad adottare l'espediente della gag a fine titoli di coda, che avrebbe avuto largo seguito negli anni 90.
Il Ritorno di Jafar apre quindi la strada alla lunga serie dei lungometraggi disney direct-to-video: già dai due successivi film, Aladdin e il Re dei Ladri e Winnie the Pooh alla Ricerca di Christpher Robin si sarebbe intravisto un grosso miglioramento. Solo sette anni dopo nel sequel del Gobbo di Notre Dame si sarebbe rivista una così bassa qualità, tuttavia non si può colpevolizzare più di tanto un film che nel suo piccolo (budget) seppe offrire una storia quantomeno intrigante.
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