Sarà difficile tener traccia delle citazioni dei vari messaggi, siate clementi...
Il legame causa/effetto non è sicuramente dimostrato, ma perché vuoi condizionare il fatto che fossero giapponesi i cartoni di quegli anni? Ritieni che se ci fossero stati quelli, che so, di Braccio di Ferro, Tom & Jerry, Silvestro o... Disney sarebbero stati snobbati? Di certo l'offerta aumentò in maniera sostanziale e lo fu indipendentemente dai cartoni giapponesi.
Dici? Forse è irrilevante il fatto che fossero giapponesi, ma che furono loro a rivoluzionare il mercato non solo televisivo è un fatto innegabile: Tom & Jerry, Braccio di Ferro e tutti gli altri messi insieme non hanno mai creato un fenomeno di costume diffuso e improvviso come l'arrivo di Goldrake & Co.
E ti dirò di più, da leggersi proprio nell'ottica dell'analisi delle reazioni del mercato alla segmentazione del pubblico: il successo fu così grande anche perché ci furono cartoni dedicati alle bambine, cartoni dedicati ai bambini, cartoni per i più piccoli e per i più grandicelli, cartoni che riempivano un "buco" di offerta rappresentato da quei bambini che volevano vedere un po' di azione un po' più "drammatica" dei cazzotti di Popeye o delle martellate di Jerry.
E non solo: quei cartoni a differenza degli altri avevano un concetto di continuity (e quindi di fidelizzazione dell'utenza) praticamente inedito: aveva un senso l'ordine di visione dei diversi episodi, non come T&J che quale vedi, vedi.
mi ricordo benissimo di come Goldrake fosse l'unico soggetto che riuscisse a svuotare i cortili di gioco
Allora la presenza di Goldrake non ha interferito con la lettura, ma con i giochi fuori casa... (però ricordo che, almeno in prima visione, veniva trasmesso prima del telegiornale della sera)
E' quello che ti dicevo: la competizione non è Goldrake vs. I Classici o Gioco in cortile vs. Topolino; la lotta è per accaparrarsi fette sempre più grandi del tempo libero, e
i cartoni hanno stravinto.
Perché? Si va ancor di più fuori tema, ma immagino siano stati determinanti fattori quali la più facile fruibilità, la novità, l'atteggiamento più favorevole dei genitori che forse preferivano tenere i figli in casa invece che in cortile visto l'andazzo delle droghe negli anni settanta col picco dell'uso di eroina (con buona pace della nostalgia dei favolosi anni Settanta...)
E' innegabile che con il passare degli anni le alternative di svago siano aumentate, ma a me sembra che tutti questi "impegni" siano più una necessità dei genitori che dei ragazzi.
Irrilevante. Il mandante del consumo del tempo non conta, così come non conta che sia "svago" o impegno.
Ci sono almeno altri due casi, però, che vanno considerati come causa d'acquisto diversi dalla lettura: il puro e semplice collezionismo "da accumulo" o - più diffusamente - la presenza di un gadget allegato alla rivista
Se ci stiamo riferendo ai "bambini" ho qualche dubbio che siano già presi dall'accumulo, magari dal gadget sì, ma... i genitori? Ora che ne esce praticamente uno alla settimana quanti ne venderanno?
No, non mi riferivo solo ai bambini, ma alla platea di acquirenti del Topo, indicando come sia formata anche da due tipi di acquirenti per i quali la lettura come causa di acquisto non è importante. Immagino sia una percentuale bassa, ma non bassissima.
(tipicamente a prezzo ridotto rispetto ai giocattoli standard potendo contare su un'aliquota IVA al 4% come allegato stampa anziché 22%!)
Qui ci sarebbe da fare un altro discorso, perché a me non sembra che il prezzo finale sia così vantaggioso... come, d'altronde, gli audiovisivi allegati ad altre riviste che costano tanto quanto li si può trovare altrove (se non a meno).
Insisto con il marketing
: il prezzo del giocattolo legato al settimanale viene
percepito come più conveniente, vista la "rateizzazione" in più numeri e la tipologia di acquisto di impulso (più facile del dover organizzare una "spedizione" al negozio di giocattoli).
Oggi quanti bambini vorranno farsi comprare il Topolino con il drone non per leggere le avventure di Paperino & Co. ma solo per far svolazzare il quadricottero?
Se fosse veramente così, allora farebbero meglio a chiudere, perché se confidano esclusivamente nel gadget anche questi non avranno più alcuna presa passato il momento di curiosità.
Mai negato che quella dell'abbinamento fascicolo/gadget sia una politica di breve/medio periodo... pensa a Paperino & Co. ed alla sua breve vita nonostante il mare di storie che avrebbe patuto ancora somministrarci a prezzi relativamente bassi... O anche (sebbene in un mercato profondamente diverso) il settimanale tedesco Micky Maus, da anni sempre accoppiato ad un gadget, e che ormai non è più la testata ammiraglia del parco Egmont... ma - ripeto - questo è un caso molto diverso dal nostro...non tenerne conto.
quasi tutte queste iniziative erano anche finalizzate a fare pubblicità più o meno occulta a giocattoli
Infatti è proprio quello che vado sostenendo: in Topolino non trovavo solo le storie, ma anche altri motivi di interesse!
Tutte cose che devi saper organizzare, gestire, sincronizzare e collegare con altre imprese. Fossimo negli anni Ottanta userei la parola sinergie, e la Mondadori - da 20 anni prima della Fininvest - era maestra in queste cose.
Oggi la Panini non mi sembra avere capacità, relazioni e situazioni di mercato paragonabili a quelle di allora (ancora, è cambiato il mercato).
Oggi - ahimè - l'attualità sulla carta stampata è morta.
L'approfondimento non è gradito (siamo un popolo di lettori di titoli), quindi cosa resta?
Niente.
Qua dovremmo intenderci, perché mi sembra che tu dica che gli articoli non sono approfonditi mancando i lettori, mentre io penso che i lettori siano stufi di leggere articoli sul nulla...
Hai colto il mio punto: inutile scrivere articoli approfonditi e competenti se poi vengono letti da quattro gatti e - soprattutto - non portano nuove vendite/lettori. Oggi gli articoli possono essere generici o di approfondimento. I primi - seppur ben fatti - raramente riescono a far breccia in un pubblico sempre più "specializzato" e focalizzato sempre nella sua bolla o ambito di interesse; i secondi probabilmente sono troppo di nicchia per un settimanale generalista e poco incline a "spendere" per avere tematiche importanti: quanto costerebbe un'intervista in esclusiva con Messi o chi per lui? Prima - con un mercato indifferenziato e più ampio - non solo era possibile, ma c'era anche la possibilità di chiedere foto autografata alla celebrità della settimana: attività o costosa o possibile se concertata in sinergia (cfr. paragrafo precedente) con uffici stampa di compagnie cinematografiche, società sportive, ecc.
Niente sul mercato "generalista", ovvio: approfondimenti di nicchia restano sempre attivi (tenetelo presente per comprendere meglio alcuni punti successivi del mio sproloquio).
Scusa, ma che intendi per "generalista"? A me sembra che le pubblicazioni siano sempre state "specifiche" per un certo interesse, mica lo sono solo ora.
Non sono d'accordo, secondo me la "segmentazione" è una delle massime differenze tra i due periodi in esame
relativamente al Topolino e alle testate Disney in generale. Chiaro che anche allora ci fossero riviste dedicate ad un pubblico determinato: lavoro a maglia, Guerin Sportivo, ecc. ma molto meno importanti nel bilancio totale delle vendite, se confrontate con periodici come Gente.
Soprattutto l'uscita dei film Disney
Ora tale canale sembrerebbe essere non solo chiuso, ma addirittura inibito dalle politiche della casa madre
Oddio... e da quando? E, comunque, se anche fosse, lo sarebbe "ora", nel 2021, mentre qui stiamo parlando di una "lamentazione" che va avanti da decenni
OK, ma il trend è iniziato ben prima di oggi. Quando usciva (o ri-usciva) un cartone Disney al cinema partiva il
battage pubblicitario: gadget, fascicoli dedicati, articoli di presentazione, giochi da tavola (o videogiochi), che vedeva coinvolto in prima linea il Topo settimanale forte di
sponsorizzazioni esterne e risorse interne (Mondadori pubblicava anche albi cartonati). Oggi non solo non si dedicano le copertine al film del momento, ma non si pubblicano le versioni a fumetti, non se ne fa cenno in nessun campo, ecc.
Era anche però un periodo di poche scelte: pochi canali TV, i libri erano comunque mediamente più costosi di oggi, al cinema c'erano film che duravano più tempo, anche le radio, fonte di notizie e di indirizzo culturale pop, erano poche.
Scusa, ma ho qualche perplessità. Certo la programmazione televisiva era inferiore a quella di oggi, ma all'epoca si guardava tutto, indipendentemente, e così la radio, saranno state in numero inferiore, ma mica ne puoi seguire più di una contemporaneamente e al cinema -soprattutto quando non c'era la TV- credo che si andasse piuttosto spesso.
Si "guardava tutto" o si "subiva pigramente" tutto in mancanza di alternative? Al cinema la "vita media" di un film era molto più lunga, elemento che comunque aveva come conseguenza l'esistenza di momenti dove si erano già visti i film che interessavano. Quindi c'era tempo per annoiarsi, e quindi sfogliare un Topolino.
Quindi il pubblico era formato da una massa molto poco distinta, alla quale erano rivolti spot indifferenziati per una fruizione passiva.
Spot indifferenziati? Fruizione passiva? Mi puoi fare un esempio di spot indifferenziato? Forse giusto le caramelle , ma per il resto? E se era fruizione passiva quella di prima quella di oggi cos'è? Ma probabilmente non ho colto il senso di ciò che vuoi dire.
Pensa a Carosello: Cimabue, un cartone animato che attira l'attenzione dei bambini per vendere un amaro; o per restare in ambito del Topolino, le pubblicità delle autovetture...
Per fruizione passiva intendo il poco o nullo coinvolgimento del destinatario del messaggio. Ricordo distintamente (anche se ora non riesco a trovarla) una pubblicità sul Topolino anni Settanta non di un prodotto, ma di un'agenzia pubblicitaria che recitava più o meno così (vado a memoria, l'ho cercata anche su google ma non riesco a ritrovarla):
"
Potete parlare di schiuma da barba ai bambini, figurine alle signore e gioielli agli uomini, oppure - grazie a noi - di figurine ai bambini, schiuma da barba agli uomini e gioielli alle signore" con le immagini in sovrapposizione dell'abbinamento sbagliato e quello giusto. Una pubblicità davvero paradigmatica, ed in anticipo sui tempi che sottolineava la necessità di mirare gli spot al pubblico giusto, in modo da coinvolgerli maggiormente (fruizione non più passiva). Va' da sé che all'epoca non la capii.
ora mi è chiaro il tuo -commerciale- punto di vista. Su questo non posso proprio darti torto, perché sono convinto che la colpa di tanto disastro sia proprio il "marketing" il cui unico interesse è fare soldi lasciandosi terra bruciata dietro.
Si chiama "massimizzazione del profitto", e sono d'accordo con te che sia un orrore dannoso sotto molti punti di vista, ma è l'unico sistema che attualmente conosciamo (o che siamo in grado di implementare/imporre) che consenta un equilibrio dinamico dei mercati.
Chi non si è adeguato è sparito, in tutti i campi: dalle automobili ai liquori, dall'abbigliamento ai fumetti.
E niente, non capisco... a cosa ci si doveva adeguare?
Alle mutate condizioni del mercato, sia dal punto di vista della domanda (concorrenza sul tempo libero ad esempio) sia dal punto di vista della conoscenza, vicinanza ed empatia verso il target (hai presente le librerie generaliste? Sparite! Hai presente le librerie di nicchia? Sopravvissute!).
Per estremizzare: se continui a vendere biada per cavalli invece di benzina quando c'è il boom delle automobili non avrai vita lunga....
Siamo proprio antitetici, per te, l'aumento delle testate ha favorito la Mondadori, per me è stato il primo passo verso la disgregazione.
No, ho detto che per (sua) fortuna la Mondadori è stata in grado, tramite l'aumento delle testate, di adeguarsi alle mutate condizioni del mercato (che si subiscono, non si determinano) e quindi di sopravvivere.
Abbiamo proprio una "educazione" diversa, sarà che ho dei grossi pregiudizi su tutto ciò che è ricollegabile al "mercato".
Volenti o nolenti ci viviamo immersi dentro e non possiamo farci nulla, non credere neanche alle storie del "potere del consumatore" scegliendo di acquistare/boicottare un prodotto... Sta a noi adattarci per sopravvivere (=vivere al meglio delle nostre ambizioni/desideri).
Allora... gli editori (Feltrinelli, Mondadori, ecc.) inondano il mercato con una mole di inutili titoli che, ovviamente, una normale libreria non potrà mai offrire contemporaneamente con lo scopo di affossarle e per te la loro crisi dipende dalle necessità del lettore?
Non ho detto questo, la crisi delle librerie dipende soprattutto dal calo delle vendite, che ha assottigliato i margini di guadagno al punto che una libreria "a conduzione familiare" non può sopportare impegni di spesa, rischi e fluttuazioni del gusto del pubblico, e quindi deve barricarsi all'interno della sua nicchia ecologica per sopravvivere. Chi ha più capacità di investimento (Feltrinelli, Mondadori, ecc.) può avere un comportamento diverso, pesca a strascico accaparrandosi soprattutto i lettori casuali, quelli che entrano in libreria solo a natale per i regali e chi acquista i libri di barzellette di totti.
Oggi nell'ambito del nostro interesse, per riuscire in edicola hai due alternative:
- un pubblico di riferimento ben identificato (collezionisti, ragazze, pre school, pkers, ecc.) e un "curatore" appassionato e competente, lo vedete dal successo del Papersera (che ancora vive oltre le 4 uscite iniziali previste), dell'Almanacco (che apparentemente è stato accolto benissimo), dei GCD, ecc.
- il prodotto di massa, non differenziato, curato un tanto al chilo, che ristampa storie per fare "conto paro" con il numero di pagine a disposizione, e che comunque incontra un segmento a questo interessato.
Per me, invece, l'unica ripartizione si può fare tra i prodotti destinati all'approfondimento ed al recupero storico (ma non inflazionandolo come ora) e quelli generalisti, ma curati e che abbiano sostanza (come le Giovani Marmotte o il Papersera, appunto, perché non so come o cosa, ma si percepisce quando un prodotto viene realizzato avendo qualcosa da dire) e non solo per vendere.
Già la tua chiosa invalida il ragionamento complessivo: "
non solo per vendere". Ahimè, tutte le attività sono fatte *per vendere* se un responsabile di testata vende meno ha fallito, se vende di più viene premiato.
Indipendentemente dalla qualità proposta al mercato: prima si identifica il mercato di riferimento, poi si produce per soddisfarne i bisogni (latenti o espliciti) e poi si valutano gli esiti. Se il bisogno è di "qualità" (servirebbero peraltro poi altre 10 discussioni come questa per definire il concetto di qualità...) si produce qualità... ammesso di riuscirci, immagino che la collana "Tesori" (quella che iniziò con Reginella per capirci) avesse come obiettivo clienti disposti a spendere per avere prodotti di qualità, ma gli esiti sono stati infausti, sia come prodotto sia come vendite vista la chiusura della testata.
(c'è qualcuno che pensa che un bambino/ragazzo di oggi possa essere soddisfatto nei suoi bisogni ludici/di svago dal Topolino settimanale???)
Ma, fammi capire, da bambino passavi tutto il giorno sempre e solo a leggere Topolino? Non facevi altro?
Certo: il tempo libero lo suddividevo tra 3 o 4 "pretendenti", oggi va diviso tra 7 / 8, e non è detto che il valore al numeratore (la quantità totale di tempo libero) sia aumentata, anzi!
Attendo con ansia le tue contro-contro-controdeduzioni!
-Paolo