Recensione Topolino 3461La bella copertina di Corrado Mastantuono
Neanche leggerlo sull’editoriale di Alex Bertani riesce ancora a farmi accettare o comprendere pienamente l’enormità di quanto accaduto al mio, anzi, al nostro amico
Francesco Gerbaldo, e parlare di questo numero di
Topolino, causa di una rotazione imprevista tra noi recensori, lo vedo come un segno del destino (o di qualunque nome voi diate all’imponderabile presa in giro della vita) per ricordarmi sì il dolore della sua perdita, ma anche la fortuna di averlo conosciuto e le chiacchierate fatte sulle nostre passioni comuni. Ed è giusto che Francesco ci “saluti” da un numero di
Topolino decisamente “di serie A”, per fare una metafora calcistica, sport che detestava!
Le prime tre storie del fascicolo sono infatti
tre ottime opere, che coinvolgono e conquistano il lettore, anzi i lettori, tanto sono variegate nell’uso di personaggi, situazioni ed interpretazioni, da riuscire a dare a
Topolino quel fattore di essere adatto ad una lettura trasversale che, nell’opinione di chi scrive (cioè la mia), è fondamentale.
La storia di apertura
Topolino e il mistero del museo degli orrori sembra a tutti gli effetti solo la prima di una nuova serie,
Lord Hatequack presenta: L’ora del terrore. Grazie alla
passione dello sceneggiatore per l’opera del “maestro del brivido”, non vi sono difficoltà nel riconoscere nella struttura di questa vicenda quella di un episodio della serie TV
Alfred Hitchcock presenta (ma anche come
The Twilight Zone o le introduzioni di Zio Tibia per rimanere nell’ambito del fumetto), che potrebbe precludere ad un arrivo in pianta stabile sulla pagine del settimanale di un filone dedicato alle storie “horror” (virgolette d’obbligo), tematica che da sempre ha appassionato lettori di tutte le età, da Scooby-Doo ai fratelli Grimm, dalla collana dei
Piccoli Brividi alla
Bibbia (
si parva licet componere magnis).
La storia di
Marco Nucci è caratterizzata – come detto – dalla presenza di
un narratore capace di trascinare il lettore nella narrazione nonostante repentini sbalzi nello svolgimento della trama con un’alternanza tra “reale” ed “onirico” lasciata all’interpretazione di chi legge.
Ignobile gioco di parole! (cit. da Topolino e l’inventore degli alberi)
Colpo di classe quello di ambientare la storia in
un museo delle cere, luogo inquietante dove i personaggi che lo compongono sono dei simulacri dell’umanità, per definizione senza un’anima e senza una “guida morale” alle loro azioni, ripetute indefinitamente e senza conseguenze in attesa della notte successiva, congelate nei loro ruoli per sempre… un po’ come ci si aspetta che possa essere l’Inferno.
O almeno l’Inferno per Topolino, condannato a rivivere quella situazione per l’eternità (o giù di lì…).
Si tratta di una trama innovativa, cosa decisamente non scontata dopo migliaia e migliaia di pagine pubblicate sul settimanale.
Anche l’aspetto grafico raggiunge pienamente l’obiettivo: le espressioni, ora decise e terrorizzanti, ora vacue e stranianti, che
Casty riesce a donare a tutti i protagonisti della storia sono un valore aggiunto determinante, arricchito dalla credibilità che l’autore sa infondere alle sue opere, sia per la conclamata competenza filologica della materia, sia per la passione che mette nel suo lavoro.
E non solo nei personaggi: anche le ambientazioni e il “movimento” della telecamera (passatemi la semplificazione) contribuiscono a rendere
Il mistero del museo degli orrori qualcosa che verrà ricordato dai lettori più giovani così come quelli più “esperti” ricordano – ognuno per gradi diversi – storie come
Topolino e la sindrome visionaria,
Minni e le mummie del pianeta Rhubarhape,
Topolino e la collana Chirikawa,
Topolino e la villa dei misteri, e così via…
Dopo la storia di apertura, si chiude l’avventura da
prison movie di Paperinik con alcune ottime trovate.
Questa seconda parte de I giorni del disonore riesce a “mettere a posto” quelle che furbescamente sembravano incoerenze o facilonerie della prima: la maschera lasciata sul volto di Paperinik, la facilità dell’evasione, e altre che per non esagerare con gli
spoiler non citerò. Ho definito quello scritto da
Marco Gervasio un
prison movie, sebbene tale definizione sia adatta solo per il primo episodio: nel secondo infatti si possono trovare ispirazioni – meno esplicite ma comunque gradevoli – dal primo film di
Rambo durante le scene dell’inseguimento nella giungla, o da
Il cavaliere oscuro – Il ritorno per la scena dell’uscita dal pozzo in cui Paperinik è caduto (sebbene la scena pecchi un po’ di retorica a buon mercato). Oltre a queste va segnalato l’omaggio alla
Bella Addormentata con Zio Paperone raffigurato nella stessa posa della storia del 1972.
Vignette a confronto Baccinelli, sebbene io l’abbia visto/immaginato sempre come un disegnatore solare, dal tratto chiaro e pulito,
riesce a fare un ottimo lavoro anche durante le scene notturne, più “sporche” e dinamiche, mettendo su carta una notevole dose di pathos e azione che impreziosiscono il suo lavoro e rendono il risultato finale davvero molto buono.
Chiude il trio di apertura la storia di
Carlo Panaro Zio Paperone e il genio personale, divertente per le consuete trovate di Archimede. Pur rientrando in quel filone di celebrazione di amicizia e buoni sentimenti, scorre in maniera molto piacevole e presenta un finale non scontato. Quello che colpisce sono soprattutto
i disegni di Francesco Guerrini, un florilegio di personaggi, dettagli, espressioni e ambientazioni. L’impressione è che Guerrini si sia divertito molto a disegnarla, dando libero sfogo al suo personalissimo stile con l’aggiunta di elementi decorativi inconsueti e – caratteristica che io adoro – la rappresentazione di vari personaggi non raffigurati come anonimi “cagnoloni”, ma attingendo ad
un campionario di fauna di tutto rispetto: giraffe, volpi, scimmie, ippopotami… anche uno gnu!
Il variegato mondo di Francesco Guerrini La storia di
Valentini e
Franzò,
Gastone e il magazzino vittorie, poco aggiunge alla corrente impostazione del personaggio, anch’egli “preda” di sentimenti di solidarietà e vicinanza con il cugino…
resta il dubbio di dove possa portare questa evoluzione di Gastone, che trova ragione delle sue origini nella necessità, percepita da Barks, di fornire a Paperino un antagonista che potesse essere “inviso” al lettore nonostante le nefandezze, le sciocchezze e i piani autolesionistici che avrebbe tentato di compiere il cugino ai suoi danni.
Sopravvivi con Indiana: Nelle regioni polari merita forse un piccolo approfondimento: pur ispirandosi alla geniale serie di cartoni di Pippo
How to… e pur essendo infarcita di gag non riesce ad essere divertente e dissacrante come i suoi ispiratori cinematografici. Probabilmente è il
medium fumetto a non essere adatto ad accogliere questo tipo di approccio alla narrazione, dove molto dell’effetto comico viene
garantito dalla voce narrante fuori campo impostata e serissima di John McLeish (Manlio De Angelis nella versione italiana), e così l’effetto finale – in mancanza del contrasto tra ciò che viene raccontato in modo serio e quello che invece viene mostrato – non è quello sperato.
Infine,
I Bassotti e la guida sicura, storia di
Marco Bosco e
Giampaolo Soldati che ha per argomento le vetture a guida autonoma, riesce a dare una godevole veste fumettistica ad argomenti come il
machine learning, l’apprendimento automatico e le reti neurali, tematiche che saranno rilevanti nei prossimi anni non solo per la guida delle vetture ma in moltissimi aspetti della nostra quotidianità. Il fatto che molti giovani lettori possano trovare questa terminologia in un fumetto è un aspetto molto positivo, che credo potrà favorire il loro “vero” primo incontro con queste materie.
Per concludere, un numero che mi ha pienamente soddisfatto, da acquistare e tenere tra quelli “da conservare”.
Voto del recensore:
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