Recensione Topolino 3535Da qualche anno,
il tempo interno del mondo Disney è scandito da eventi annuali che coinvolgono l’intero cast di personaggi. Una tradizione ripresa recentemente che solidifica in maniera ottimale il
worldbuilding condiviso tra Paperi e Topi e che riporta idealmente al primordiale concetto di un unico universo.
Dai tempi del
Mistero dei cappotti e di
Topolino giornalista sono passati oltre ottant’anni e, per gran parte di questi, le due città principali del Calisota hanno ridotto gli scambi ai minimi termini. Che fosse
un importante programma televisivo,
un globale evento sportivo o
una caccia all’oggetto di natura mistica,
l’incontro tra Paperino e Topolino diviene centro dell’attenzione di turno, perché da Gottfredson a Marconi, la natura di questi
rendez-vous è profondamente cambiata.
Nelle strisce dell’età dell’oro, i due condividevano la città, i luoghi, le avventure su
una base quotidiana. Erano l’un l’altro quello che oggi sono Topolino e Pippo, Paperino e Paperoga. Ma col passare dei decenni, la nascita di città separate, di cast di contorno esclusivi e il conseguente rarefarsi delle occasioni d’incontro, i tratti di queste avventure comuni diventano sempre più quelli di
eventi importanti. I due ricordano
un indefinito passato in comune in cui hanno costruito un legame solido che perdura ancora oggi, come due amici d’infanzia che occasionalmente si rincontrano ed è come se il tempo non fosse mai passato.
Ultimo stadio di questa evoluzione narrativa è quello raggiunto negli ultimi anni. In occasione del
più grande piano criminale di Macchia Nera degli ultimi anni, capace addirittura di influenzare il tempo atmosferico, in alcune storie ambientate a Paperopoli uscite sugli stessi albi, la città subisce, ignara, le conseguenze delle macchinazione della macchia fantasma.
L’anno successivo, in occasione di
una minaccia di portata globale, Paperi e Topi subiscono, dapprima separatamente, e reagiscono, congiuntamente, in maniera del tutto naturale.
L’incontro non è più il fulcro dell’evento, ma una naturale situazione conseguenziale agli atti. L’universo condiviso di Gottfredson, trasformato poi in due mondi a malapena tangenti su base straordinaria, torna ad essere uno.
Ed è in questo clima nuovo clima che vanno ad inserirsi
numerose storie successive, dove Paperi e Topi si incontrano sistematicamente come due vicini di città che inevitabilmente condividono una realtà.
Operazione Zeus, dopo
un primo episodio ambientato a Topolinia, sposta i propri riflettori su protagonisti beccuti in
Zio Paperone e l’oro di Drake, dove
Marco Gervasio e
Emanuele Baccinelli mettono Paperina e lo Zione sulle tracce di un fantomatico tesoro che affonda le proprie radici nelle origini del Calisota stesso, frutto delle numerose incursioni pirate del corsaro Francis Drake.
Sì, Paperone: Paperina sta spoilerando la trama[/size][/i]
La storia si evolve
senza particolari guizzi narrativi, fondamentalmente poco distinguibile da una qualsiasi caccia al tesoro di Paperone se non per la presenza di Paperina, ma si chiude ricollegandosi allo stesso Zeus nemesi di un ciclo di quattro puntate.
Suona un po’ blando il ripetersi speculare dei tradimenti storici, col discendente di Drake che ancora una volta viene tradito dal un Doughty, così come suona buffa l’attenzione sulla impavida natura di Paperina che si infrange contro l’apparentemente inevitabile intervento di Paperinik.
Sarebbe interessante vedere, nei prossimi episodi, Paperina riprendere le redini della situazione, magari nelle vesti di
Paperinika. Gervasio riesce comunque a
solidificare per bene le radici di questa trama nella lore disneyana, rivelando ancora una volta una particolare inclinazione verso il
worldbuilding. Un’ultima nota positiva va al
Capitano, che sembra avere la stoffa per diventare un personaggio minore ricorrente, almeno nel microcosmo dell’autore.
Non dissimile è l’inclinazione di
Marco Nucci, particolarmente evidente nel ciclo di
Lord Hatequack presenta… L’ora del terrore!. L’esoterico scrittore del titolo è diventato uno dei più prominenti
trait-d’union tra Paperi e Topi
sin dall’inizio di questo ciclo. In
Topolino, Macchia Nera e la modalità random, su disegni di
Stefano Intini, il buon Hatequack/Nucci ci racconta, infatti, di vicende legate a Topolinia e alla macchina del tempo di Zapotec e Marlin, che oggi scopriamo essere dotata di una funzione di dislocazione temporale randomica, probabilmente utile nella manutenzione della macchina.
Il nome di questa pianta non mi è nuovo, ma
non ricordo…Per una serie di circostanze Topolino, Pippo, Basettoni e Macchia Nera vengono coinvolti dall’attivazione del processo e vengono spediti in
varie epoche del passato, fino a tornare al punto di partenza, in un loop apparentemente senza fine e che costituisce il fulcro inquietante della trama. Alla base di tutto bisogna solo accettare
il compromesso per cui Zapotec e Marlin, dopo decenni di ossessiva protezione, decidano di rivelare uno dei più importanti segreti del mondo Disney al loro scrittore preferito.
Zio Paperone e l’esperienza che fa la differenza affronta l’inaspettato sviluppo del curriculum professionale di
Miss Paperett. Qui nella sua attempata versione originale, seppur ringiovanita dallo splendido tratto di
Francisco Rodriguez Peinado, sciorina un’infinita serie di skill che la pone addirittura un palmo al di sopra del suo datore di lavoro.
Un Paperone che
Gaute Moe scrive richiamando
tratti e vezzi barksiani come il facile vacillamento del coraggio di fronte ad un pericolo reale: una caratteristica che serviva a raffigurare la dubbia natura delle tante vanterie del vecchio papero. Il netto contrasto tra le pavide ed esasperate reazioni dello Zione e l’ascetica fermezza di Miss Paperett è poi coronato dal finale, dove è la segretaria a diventare il centro delle attenzione dei personaggi, sostituendo in toto il ruolo patriarcale nella famiglia dei Paperi.
Ciccio in: incontro nel verde riprende, invece,
un topos tipico dei primi anni Duemila, ovvero l’evolversi delle vicende nate dall’incontro fortuito tra due personaggi altrimenti destinati a non incontrarsi mai. A questo giro
Tito Faraci e
Paolo De Lorenzi fanno incontrare Ciccio e Bertie McGoose, il Gran Mogol nato graficamente
sulle pagine di Minni & Company e che assume una propria identità distinta attraverso il trattamento sulle pagine di
GM – Giovani Marmotte dove detiene la posizione di supporto principale del cast.
Le gag giocano dunque attorno al contrasto tra il militaresco entusiasmo atletico del generale e l’inguaribile oziosità del campagnolo. Da segnalare che la settimana prossima
Bertie addirittura debutterà nel ruolo di titolare di una storia su testi di Aicardi, che
già in precedenza gli aveva dedicato il titolo, ma che non vi aveva mai esplicitato il nome.
Allo stesso genere appartiene
Gambadilegno e il colpo archeologico, che mette in relazione
il buon vecchio Pietro e Kranz, due tipi di furfanti diametralmente opposti: mano e cervello. A complicare la situazione interviene anche
Sgrinfia, che gioca l’inedito ruolo di partner geloso e che con le sue azioni muoverà la storia verso la sua conclusione.
Massimiliano Valentini e
Lucio Leoni mettono in piedi
una storia semplice ma funzionale, ravvivata dagli ilari interventi dello smilzo complice e dalla presenza-assenza di Indiana Pipps.
Sgrinfia perfettamente calzante nel ruolo di partner geloso[/size][/i]
Voto del recensore:
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