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Topolino 3489 - Recensione di Matteo Gumiero

Correva l’anno 2012 quando, dopo alcune avventure preparatorie, usciva la prima storia della serie Le strabilianti imprese di Fantomius, ladro gentiluomo: nemmeno il suo autore Marco Gervasio si sarebbe aspettato che quasi dieci anni dopo saremmo stati ancora qui a parlare del “suo” personaggio. Virgolette d’obbligo poiché pur essendo il personaggio nato dalla fantasia di Guido Martina e graficamente dall’abilità di Romano Scarpa, in origine non era mai comparso “in becco e piume” ma solo come modello per la nascita di Paperinik, attraverso il suo diario, o come costume carnevalizio indossato da Gastone. Quindi possiamo considerare come la sua caratterizzazione sia stata tutta farina del sacco di Gervasio, che è stato in grado di assicurargli un successo tale da essere ancora sulla breccia dopo circa due lustri. Con una intuizione dello stesso Gervasio di oramai tre anni fa, poi, si è dato vita anche uno spin-off della serie principale in cui l’autore è andato gli anni della scuola del giovane Lord, e le varie vicissitudini che hanno portato John Quackett a diventare l’adulto che abbiamo imparato a conoscere nelle avventure della serie regolare. È nato così Paperbridge (un ponte di carta), dimostrandosi subito un grande successo per il settimanale: la struttura in cinque episodi che sembravano essere parte di una “prima stagione” a modello delle serie TV che oggigiorno godono di grande successo, ha contribuito a consegnargli i favori del pubblico. Non solo, anche la commistione tra mistero e dramma adolescenziale ha provveduto a far sì che gli utenti del Papersera la valutassero “miglior storia di Paperi” del 2020 e consegnassero così al suo autore il primo TopoOscar della sua carriera. Per certi versi, la struttura sembrava ripercorrere quella dei romanzi di Harry Potter, in cui il protagonista e i suoi amici procedono verso un percorso di crescita personale ma allo stesso tempo si trovano ad avere a che fare con misteri e pericoli che per ogni libro (o “stagione”) hanno circa la durata di un anno scolastico. La seconda stagione, che ha visto l’ingresso nel cast di un Cuordipietra Famedoro un po’ fuori ruolo, era stata in generale meno apprezzata rispetto alla prima, con un finale che era apparso lievemente affrettato (sole tre puntate, invece di cinque) e in un primo momento si era paventato che potesse essere la “stagione di chiusura” della serie, che però, utilizzando un gergo prettamente televisivo, è stata rinnovata per una terza stagione. L’originalità del non lieto fine Terza stagione che abbiamo potuto leggere interamente su questo numero del settimanale, essendo stata compressa in due soli episodi. I testi e i disegni sono dello stesso Gervasio che ha optato per dare un titolo diverso, o per meglio dire un “sottotitolo” a ciascuna delle due parti: La notte del vandalo e Il sogno di Beth. Lo scopo evidente di questa terza stagione è sembrato quello di mettere da parte complotti e misteri più accattivanti per concentrarsi maggiormente sullo sviluppo dei vari personaggi: era necessario districare quel “triangolo amoroso” venutosi a creare nella stagione precedente, tra Quackett, un altro giovane “nobilpapero” e la risoluta Beth. La soluzione ideata dall’autore consiste nel togliere di mezzo entrambi i comprimari dalla scena: il primo in quanto colpevole di un efferato crimine (vabbè, si fa per dire), la seconda in procinto di trasferirsi per coronare il suo sogno di divenire pittrice di successo. D’altronde, Gervasio sapeva bene di dover fare in modo che Quackett rimanesse solo in futuro per poi legarsi a quella che diventerà la sua partner in crime, Dolly Paprika. La storia si dipana con uno sviluppo lineare e coerente e il finale in stile “non vissero felici e contenti” è senz’altro originale e inusuale nella tradizione del fumetto Disney. D’altra parte chi scrive questa recensione non ha mai nascosto, e di persona nemmeno allo stesso Gervasio, di non apprezzare particolarmente lo stile un po’ retorico e didascalico che in questo episodio di Paperbridge è sicuramente grande protagonista. In più, il mistero sul quale è basata la stagione non è risultato essere particolarmente coinvolgente: è passato sicuramente in secondo piano rispetto alle varie implicazioni che avrebbe potuto avere nei confronti dei vari personaggi (l’espulsione di Tommy e tutto ciò che poteva conseguirne). Continua poi ad essere un fil rouge di tutta l’epopea quackettiana una fin troppo marcata retorica anti-ricchi e anti-nobiltà che inizia un po’ a segnare il passo. Zooooooooooooommmmmm Sul lato visivo lo stile di Gervasio è sempre il medesimo: semplice, decifrabile, ricco di particolari e povero di orpelli e decorazioni non necessarie. Il lavoro eseguito sui disegni è quindi coerente con le ben note capacità grafiche dell’autore romano pur presentando talvolta delle perplessità. Una punta di delusione, in questo senso, è stata generata nello scrivente dalla quadrupla che rappresenta forse il fulcro della narrazione e della vicenda. In questa, Quackett spiega finalmente al fratello le conclusioni e i cambiamenti che l’amore per Beth, l’amicizia per Tommy e in generale l’esperienza a Paperbridge hanno suscitato nel suo animo. La soluzione stilistica adottata, tuttavia, non sembra essere andata di pari passo con l’importanza del racconto e la presenza di una semplice visuale zoomata dei personaggi, senza guizzi grafici di sorta, manca di arricchire quella che poteva essere a tutti gli effetti una scena cardine della mitologia di Fantomius. Rimane il fatto che schiere di lettori di Topolino sono entusiaste di leggere queste storie ed è giusto che il settimanale e Gervasio continuino a riproporle secondo taluni canoni che hanno già portato l’autore a numerosi riconoscimenti e a un inequivocabile successo editoriale. Nota di colore: il cameo della Bella addormentata nell’aula di pittura. Ormai non c’è storia di Gervasio in cui il dipinto non sia presente, a questo punto riteniamo sia una operazione di scaramanzia. Il numero prosegue con la terza puntata di Scacco matto a Topolino (Di Gregorio e O. Panaro): in attesa della conclusione della prossima settimana la sfida scacchistica continua ma non coinvolge. Il tratto del buon Ottavio Panaro non sembra essere poi adatto a questo tipo di narrazione: al di là delle considerazioni stilistiche sembra mancare completamente quel plus di pathos che sarebbe necessario in una storia del genere. Una strana accoppiata troviamo all’opera su Pioggia, pioggia che cadi: Enrico Faccini scrive il soggetto e lo disegna, Gaja Arrighini gli dà una mano in fase di sceneggiatura. La storia non fa gridare al miracolo, ma se nei disegni e nello svolgimento, classico, ha un suo perché, le didascalie con la poesiola non aggiungono nulla e anzi l’impressione è che tolgano (più di) qualcosa al risultato complessivo. Troppe didascalie, ce n’era bisogno? Ad esclusione della didascalia presente in ultima pagina, che fornisce una chiosa necessaria, avrebbe probabilmente giovato alla storia se, come spesso accade con Faccini, si fosse lasciato l’intento descrittivo e poetico alla sensibilità dei disegni. Chiude il numero la seconda ed ultima puntata di Viaggio nella Luna: Bruno Enna e il più giovane dei fratelli Pastrovicchio portano a compimento l’adattamento di ciò che a tutti gli effetti è considerato il primo film di fantascienza della storia. L’artista parigino Georges Méliès, il cui lavoro mi sono convinto a recuperare leggendo questa storia, è considerato l’inventore degli effetti speciali cinematografici e ne fa grande uso nel “film” (che dura circa 15 minuti) da lui diretto e interpretato. Nella pellicola abbondano stramberie varie (si pensi alla faccia della luna, agli abitanti della stessa, all’ignorare ogni singola legge della fisica e le nozioni di astronomia allora note) ma nel complesso il risultato è incredibilmente intrattenente, per un prodotto cinematografico che risale a 120 anni fa e agli albori del cinema. La soluzione adottata da Enna e Pastrovicchio consiste nel cercare di “razionalizzare” tutte le assurdità e i “buchi di trama”, se così vogliamo definirli, del film naïf di Méliès. Zio Paperone sulla Luna Così facendo la storia torna maggiormente su canoni di disneyanità, e dubito in effetti che Zio Paperone (al modo del protagonista del film) avrebbe potuto decimare metà della popolazione lunare a colpi di ombrello, ma perde parte di quella stralunata stravaganza che rende così peculiare la pellicola. Ne consegue una storia paradossale ma non troppo che vuole stupire e allo stesso tempo prendersi sul serio. Si perde dunque un poco di quella trasognata assurdità che ben era presente nella prima puntata. Qualche critica va mossa al personaggio di Brigitta che forse monopolizza troppo la seconda parte di questo ultimo episodio. Nel complesso comunque un buon lavoro, che ha il merito di far riscoprire un gioiello che ha fatto la storia della cinematografia. Alessandro Pastrovicchio si supera nelle ambientazioni fantascientifiche e nella rappresentazione di personaggi vivaci e vitali. In conclusione un numero che vorrebbe essere ottimo ma che per un motivo o per l’altro non raggiunge mai quel livello, andandosi a posizionare nella media.

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Topolino 3490

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Anapisa
Diabolico Vendicatore
PolliceSu   (2)

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    Re:Topolino 3490
    Risposta #15: Venerdì 14 Ott 2022, 22:26:20
    Il pezzo forte del numero potrebbe esser stato il Topoprincipe,una dolce e poetica lettura,per me soffre particolarmente la divisione in due tempi.Come lo scorso numero sono stata soddisfatta nel poter leggere una prima e seconda parte di Paperbridge nello stesso numero,che ha reso la storia completa e memorabile,qui la magia del racconto si perde e si spegne in quel "fine del primo episodio".
    Sono rimasta particolarmente colpita dall'utilizzo fatto su Paperetta Yeye e sulla tecnologia,incarna quello che avviene ai nostri giovani quando vengono "rapiti" da telefoni tablet social..avrei pensato ad un azzardo,inserire un cellulare in una storia che riprende un romanzo del 1943,invece è stato sapientemente utilizzato e anzi potrebbe fare riflettere chi è assorbito da questi oggetti tecnologici.Ho faticato a riuscire ad inquadrare Topolino versione bambino, a mio avviso non era l'attore adatto a quel ruolo,anche se il più famoso.Nonkstante questi appunti, la storia l'ho parecchio apprezzata, anche grazie ale meravigliose illustrazioni che rendono tutto ancora più magico.
    Gli allegri mestieri di Topolino, una nuova serie che mi ispira parecchio,questo primo episodio è riuscito a strapparmi qualche risata.Storia leggera e scorrevole, come la temibile Paperoga e il diabolico dottor puff puff, che ci regala tavole ad effetto, create ad hoc per far salire la tensione.
    Zio Paperone e il pioniere del risparmio, interessante sfida fra miliardari, che nonostante il ruolo che ricoprono,siano limitati dalle basse vedute, più in gamba ad appropriarsi di un'idea di altri piuttosto che investire applicandosi.
    Della scacchistica temo di non aver capito molto,c'erano dei punti in sospeso che non mi pare siano stati spiegati.

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    Samu
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    PolliceSu
      Re:Topolino 3490
      Risposta #16: Sabato 15 Ott 2022, 18:52:14
      Nessuno si è accorto della svista presente nell'editoriale del numero?
      Al riguardo della nuova storia del ciclo economico-finanziario, Bertani la annuncia infatti come "Zio Paperone e la circolarità anticipata" mentre il titolo della vicenda presente sul numero è "Zio Paperone e il pioniere del risparmio".

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      Bunz
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        Re:Topolino 3490
        Risposta #17: Sabato 15 Ott 2022, 19:02:42
        Bertani la annuncia infatti come "Zio Paperone e la circolarità anticipata" mentre il titolo della vicenda presente sul numero è "Zio Paperone e il pioniere del risparmio".
        Forse il titolo è cambiato all'ultimo momento prima di andare in stampa... o forse era il titolo provvisorio, diciamo il working title...

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        Bunz
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          Re:Topolino 3490
          Risposta #18: Sabato 15 Ott 2022, 19:06:09
          Non conoscendo l'opera originale (addirittura la più tradotta dopo la Bibbia!)
          Beh, visto che l'opera in questione si legge in una mezz'ora scarsa e che ogni libreria ce l'ha a pochi euro, non capisco il problema...

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          PolliceSu
            Topolino 3490
            Risposta #19: Lunedì 17 Ott 2022, 10:21:42
            Recensione Topolino 3490


             Il numero di Topolino in edicola questa settimana presenta una particolarità. La storia evento, come definita dal direttore nell’editoriale, che apre il numero e a cui è dedicata la copertina, Topo Principe, non è infatti una storia inedita, essendo già uscita l’anno scorso in un volume edito da Giunti. Si tratta quindi di un’occasione per riscoprirla per tutti quelli, come lo scrivente, che l’avessero persa nella sua prima pubblicazione.

             La differenza stilistica con quello a cui ci ha abituato il settimanale è evidente sia nella sceneggiatura che, in particolare, nel reparto grafico. I disegni di Giada Perissinotto sono ottimi e ispirati, a tratti paiono provenire da un libro illustrato, anche complice un uso molto libero e sfumato della gabbia e l’ottima colorazione, che contribuisce a dare un tono più onirico e poetico alla narrazione. Sono senza dubbio il punto di forza della storia, permettendole di spiccare in modo particolare rispetto alla tipica produzione di Topolino.

             Mi trovo invece personalmente ad avere qualche riserva maggiore sulla sceneggiatura. Come facilmente intuibile dal titolo, la storia è una parodia, o forse dovremmo dire rivisitazione, de Il Piccolo Principe, celebre racconto di Antoine de Saint-Exupéry. Devo ammettere di non conoscere l’opera originale, cosa che senza dubbio costituisce un limite che potrebbe portarmi ad apprezzare meno la lettura, ma Topo Principe non è riuscito a coinvolgermi.

             In primo luogo la scelta di tagliare il racconto in due parti risulta più penalizzante del solito quando applicato, come in questo caso, a una storia che non era pensata per questo formato, e si arriva alla fine dell’episodio con un profondo senso di incompiutezza. Alcune scelte degli interpreti dei vari ruoli sembrano inoltre poco azzeccate: Topolino come poetico bambino sognatore sembra rubare un ruolo cucito alla perfezione su Pippo, ed è quasi disorientante trovare invece quest’ultimo a essere la parte razionale del duo.

             
            Topolino e Pippo un po’ out of character

             Infine, la storia vorrebbe essere poetica, ma sembra quasi più di vedere una serie di aforismi concatenati, con anche l’immancabile presenza dell’uso eccessivo della tecnologia da parte dei giovani, che finisce per dare un tono un po’ pretenzioso all’opera. La storia risuonerà probabilmente maggiormente con il suo vero target, ovvero i fan de Il Piccolo Principe. Non è invece per ora riuscita a convincere un neofita come me: attenderò la sua conclusione la prossima settimana per formarmi un’opinione compiuta.

             Per una “storia evento” che parte, un’altra giunge a conclusione. In chiusura del numero abbiamo infatti l’ultimo episodio di Scacco matto a Topolino, la storia che promuove la scacchiera allegata alla rivista nelle ultime settimane.

             Lo spunto iniziale, la partita a scacchi con un criminale che ad ogni pedina mangiata fa corrispondere un colpo in città, era interessante, ma lo sviluppo ha lasciato a desiderare sia nel corso della storia che nel suo epilogo. La risoluzione finale della vicenda, infatti, ha ben poco collegamento con il tema portante scacchistico del resto della storia, risultando piuttosto simile a molti dei classici gialli senza troppi guizzi a cui ci ha abituato il settimanale negli scorsi decenni e facendo apparire il gadget allegato come un mero pretesto non ben integrato nella trama.

             Anche i disegni di Ottavio Panaro non riescono a veicolare efficacemente l’atmosfera che ci si aspetterebbe da un giallo. Alcuni punti non sono poi particolarmente chiariti: anche accettando i deboli collegamenti che avrebbero portato Topolino all’intuizione di come fermare lo scacchista al suo ultimo colpo, è difficile immaginare come la strategia di gioco “confusa” di Pippo avrebbe potuto rallentare, piuttosto che accelerare, il piano del criminale. Nel complesso quindi, una storia che non riesce a rispecchiare le aspettative e che forse accusa un po’ l’eccessiva lunghezza e un tema che appare imposto sulla trama.

             Le migliori sorprese nel numero arrivano invece dalle “riempitive”. Troviamo infatti un doppio Faccini alle matite, a illustrare prima una sceneggiatura di Tito Faraci, Corri, corriere…, e poi una di Marco Nucci, Paperoga e il diabolico Dottor Puff Puff.

             Corri, corriere… vuole essere la prima storia di un nuovo ciclo, Gli allegri mestieri di Paperino, in cui si rivitalizza il topos barksiano di Paperino alle prese con svariati lavori temporanei, un tempo molto presente anche sulle pagine di Topolino ma che è andato sempre più a sparire nel corso degli anni. Si tratta di un pretesto, in questo caso, di una serie di gag e sventure ai danni di Paperino, neo-fattorino presso la PdP Express.

             
            Paperoga è facilmente suggestionabile…

             La storia di Nucci è invece una muta con Paperoga protagonista, che vaga spaventato per Paperopoli autosuggestionato da un film appena visto al cinema, con alcuni spunti inquietanti che paiono riprendere il ciclo di Hatequack. Faccini è particolarmente a suo agio in entrambe le circostanze: umorismo e atmosfere surreali e inquietanti sono del resto gli ambiti in cui l’artista ligure riesce a dare il suo meglio. Le storie non saranno indimenticabili, ma servono perfettamente il loro scopo di essere una lettura rilassante, che possa divertire nel loro limitato numero di pagine a disposizione.

             Alessandro Sisti e Vitale Mangiatordi ci propongono infine un nuovo episodio di Zio Paperone e l’alta finanza, la serie che cerca di trasmettere insegnamenti finanziari all’interno di una tipica storia con protagonisti i miliardari di Paperopoli. Zio Paperone e il pioniere del risparmio si colloca in maniera un po’ bizzarra in questo contesto: sembra più un racconto della Premiata ditta, in cui seguiamo Filo Sganga in uno dei suoi strani e inventivi progetti, e la lezione contro il consumismo sfrenato sembra essere più un consiglio per i consumatori che uno spaccato del mondo economico.

             Topolino 3490 non spicca particolarmente tra gli ultimi numeri. Le grandi storie a puntate faticano a coinvolgere, mentre colgono nel segno le brevi, anche se rappresentando più uno semplice standard. Sul prossimo numero, oltre alla conclusione di Topo Principe, ci sarà il ritorno di Francesco Artibani con una storia archeologica scritta in collaborazione con l’Università del Salento e un nuovo episodio della saga calcistica di Marco Nucci.



            Voto del recensore: 2.5/5
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            https://www.papersera.net/wp/2022/10/17/topolino-3490/


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